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GIORNALE STORICO

DEGLI

ARCHIVI TOSCANI

CHE SI PUEBLICA

DALLA SOPRINTENDENZA GENERALE

AGLI ARCHIVI DEL GRANDUCATO

VOLUME 1.

FIRENZE

PRESSO L'EDITORE G. P. VIEUSSEUX

Coi tipi di M. Cellini e C, alla Galileiana

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A' LETTORI

Quando il Governo di Toscana istituiva una Direzione Centrale degli Archivi, che in progresso di tempo si trasformò in generale Soprintendenza, fece una di quelle opere a cui può ripromettersi vita durevole, essendo che non le mancasse veruna di quelle tre condizioni che sono come il fondamento di ogni opera pubblica : l'opportunità, vogliamo dire, il consenso universale, e la saviezza degli ordini. Ora, che questa istituzione fosse opportuna, lo prova il miserevole stato in cui giacevano poc'anzi gli Archivi nostri, abbandonati, espilati e, quasi inutile ingombro, cacciati per una gran parte in luoghi nè sani nè sicuri: che fosse consentita da tutti, n'è argomento il plauso che si levò da ogni ordine di cittadini, e a cui i dotti stranieri fecero eco, non appena comparvero i primi decreti del Principe. Dell'ordinamento nuovo, a tutt'altri che a noi starebbe il parlare, se ormai non se ne fosse recato un imparziale giudizio da uomini competentissimi, e se il pubblico non ne avesse una sufficiente notizia.

Alieni dall'usurparci quel merito che devesi in gran parte attribuire a chi decretò e favorì quest'opera, e in parte alla nativa coltura di questa terra, dove le opere belle germogliano quasi spon

Citiamo, per tacer d'altri, gli articoli che comparvero nella Gazzella di Augusta, e specialmente quello che fu riportato nel Monitore Toscano de' 27 ottobre 1853.

2 Vedasi l'Appendice all'Archivio Storico Italiano, tomo 1x, pag. 239 c segg ; e la Nuova Serie dell'Archivio suddetto, tomo II, disp. seconda, pag. 63 e segg.

tanee; sentiamo come sia tutto nostro il dovere di conservare questa istituzione, somigliante all'albero, che dopo di aver messe salde e profonde radici, vuole spandersi in rami ed in foglie, e produr fiori che promettano frutti.

I frutti della nostra istituzione saranno quei lavori di molta lena, e a cui la vita nostra sarà appena bastevole, che renderanno palesi i tesori nascosti, e agevoleranno agli egregi ingegni la via ardua dell'istoria; la quale tutti sappiamo come non stia nei pochi fatti splendidi e rumorosi, ma si nei minuti particolari, che rivelano l'intima vita d'un popolo, e servono al filosofo per le ultime deduzioni della scienza, che sono la scoperta del vero. Inventari, indici e regesti: ecco l'opera quotidiana dell'uomo che la natura e lo studio hanno chiamato a vivere negli archivi; ecco l'opera che ha molte spine e poche rose, e da cui i più, spaventati, abborriscono. Imperocchè negl'ingegni a ciò destinati vuolsi quel difficile accordo di sapere e di modestia, di passione e di temperanza, che il mondo vide un giorno nei Padri Maurini, perchè s'eran fatti di tali studi una parte della loro professione religiosa. Il che bene intese Napoleone, quando rivolto un pensiero alle biblioteche e agli archivi, domandava alla Francia de' Maurini Civili ', poichè i Santi Maurini gli avea dispersi la rivoluzione e lui stesso.

Questi i frutti. Ma i frutti maturano adagio; e non di rado è destinata a coglierli quella generazione che vien dopo noi. Non disdirà dunque a noi raunare poche fronde, e formare dei primi fiori una modesta ghirlanda. Usciamo di metafora. Mentre gl'inventari, gl'indici e i regesti si stanno compilando; mentre vanno a ritrovare la propria lor sede tante carte, ed altri documenti si scuoprono ed altri s'illustrano; mentre la storia, per così dire, si svolge sotto le mani del paziente archivista; spesso avviene, che egli provi il bisogno d'anticipare ai dotti il beneficio d'una scoperta, e di gustare egli stesso una dolce sodisfazione.

La pubblicazione de' documenti può dunque andare di pari passo con l'ordinamento degli Archivi; quando, contenuta fra certi limiti, serva come a dare un saggio dei riposti tesori, e non ad esaurirli. Può talora aiutare l'ordinamento medesimo; quando le

È da consultarsi il discorso detto dal Letronne, direttore della Scuola delle Carte, il 5 maggio 1847. Vedasi la Bibliothèque de l'école des Charles, seconda serie, tomo II, pag. 450.

origini e le vicende di una istituzione, di una magistratura siano (come spesso avviene) ravvolte nelle incertezze di una semplice tradizione: poichè gli Archivi non s'ordinano senza conoscere la materia che contengono, e solo con lo studiarvi se n'intende l'ordinamento. Può anche la pubblicazione dei documenti servire a dar sentore di vita (giacchè il mondo non guarda che all'apparenze); e può finalmente tornare proficua come palestra aperta ai giovani volenterosi, che solo facendo imparano a fare. Che se una scuola, per quanto con modeste intenzioni, deve essere aperta presso la Soprintendenza, ha questa bisogno di mettere i suoi alunni ad un pubblico cimento; essendo meno dannoso che gl' ingegni producano troppo presto che troppo tardi. Noi in questo ci accostiamo volentieri all'opinione del Redi e del Mabillon, della quale Antommaria Salvini ci ha serbato memoria. « Francesco « Redi (così dice il Salvini) con ottimo accorgimento esortava gli <«< studiosi giovani a stampare qualche primizia de' loro ingegni, << per avvezzarli a gustare intanto quella prima piccola gloria, e farli star sulla lena dello studio: chè, come mi diceva il << buono e dotto Padre Mabillon, bisogua cominciare a stampare da giovane, che uno non ha tanti riflessi; perciocchè l'adulto, « avendo tra' suoi fatto qualche capitale di credito e di riputa«zione, non vuole così avventurarla; e però l'affare dello stam« pare, tanto utile al mondo, si difficulta

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Vorrete dunque dare alla Toscana una Scuola delle Carte? vorrete imitare col vostro Giornale la sua Biblioteca? A chi ci facesse queste interrogazioni risponderemmo francamente, che Toscana non è Francia, e che, per conseguenza, sarebbe un mal agguagliare. Noi siamo persuasi di non potere quello che altri può, come siamo convinti di poter qualcosa, senza farci imitatori d'alcuno. Che se dovessimo guardare agli esempi, la dotta Germania ce ne potrebbe offrire de'molto splendidi; e dalla Germania confessiamo d'avere avuto il primo eccitamento. Quando la istituzione di cui ora gode la Toscana era un semplice desiderio, e noi vivevamo pieni nondimeno di una fiducia che il tempo ha giustificata, conferimmo col dotto Böhmer più volte, e ne traemmo delle utili cognizioni. E fra i suggerimenti del Böhmer era pur quello di un Giornale. Le journal historique pour la Toscane (così egli ci

1 1 A. M. Salvini, nelle annotazioni alla Fiera del Buonarroti, pag. 468.

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