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AL LETTORE

Presentando timidamente al pubblico questo saggio de' miei studi, io mi sento obbligato ad avvertire alcune cose, che alla retta intelligenza della modesta opera mia reputo necessarie. Giacchè molte volte accade che ad un lavoro, specialmente critico, si dia una importanza che non ha, ovvero una importanza diversa da quella che ha, e quindi si giudichi di ciò che l'autore ha fatto o non ha fatto a seconda di un preconcetto, e non a seconda delle intenzioni, qualunque esse siano, dello scrittore medesimo.

Fermamente credo che l'indirizzo assunto dalli studi storici letterarî a' nostri giorni, in Italia e fuori, sia l'indirizzo vero, l'unico indirizzo che possa approdare col tempo alla tanto sospirata ricostruzione della nostra storia letteraria. Alle vacue ammirazioni rettoriche ed alli apprezzamenti subbiettivi si è voluto sostituire l'analisi storica: e sta bene.

L'analisi storica, intesa nella sua più ampia e scientifica forma, può fare moltissimo; ma, mi si permetta il dirlo, non mi sembra che la sola e nuda analisi storica possa far tutto. Bisogna accoppiarla ad un'altra maniera di analisi, che si riconnette da una parte alle scienze filosofiche e dall'altra alle scienze estetiche positive, intendo dire l'analisi psicologica. Quali relazioni abbia questa psicologia con le manifestazioni dell'arte, quanto di obbiettivo vi possa essere in un giudizio, che pur di sghembo tocchi l'apprezzamento estetico, come e quando debba chiamarsi scienza la critica del bello, è questione ardua a risolvere, alla quale per ora io non mi attento di perigliarmi.

Ciò per altro che mi sembra indiscutibile, è che l'esame psicologico di certi sentimenti, estrinsecatisi variamente nell'arte, abbia nella storia letteraria una importanza singolarissima, e che tale esame di necessità debba muovere, se non vuole smarrirsi nelle quisquiglie del gusto e del sentimento individuale, dalla accurata disamina dei fatti storici e letterarî. Si avrà per tal modo una psicologia positiva, vale a dire una psicologia scientifica: non si otterranno forse sempre grandi conclusioni, nè molte, ma quelle poche dovranno essere accolte da tutti.

Con tale idea fissa in mente io mi rivolsi alle opere di Dante e del Boccaccio, le studiai con amore, cercai d'intenderle nelle loro relazioni, e scrissi questo

saggio. Il quale, si badi bene, ha carattere unicamente psicológico, e non la pretende mai a lavoro di erudizione. Io ho, se non altro, la fortuna di conoscere che cosa si richieda per fare uno studio erudito, e quali opere meritino in verità questo nome. Dichiaro quindi, e vorrei che di questa dichiarazione tenesse conto il lettore, che le cognizioni storiche e bibliografiche, qua e là disseminate nel mio scritto, servono unicamente a lumeggiare e talvolta a dimostrare la tesi. Parecchi libri ho voluto, moltissimi ho dovuto trascurare; e però i miei ragguagli, segnatamente quelli delle note, sono spesse volte incompleti. Ben volontieri avrei fatto altrimenti, se la mia scarsissima dottrina e la povertà dei materiali che avevo disponibili me lo avessero permesso. Pur troppo i sussidi delle nostre biblioteche non bastano neppure ad una monografia particolare su due massimi autori della letteratura italiana. Io ebbi a sperimentare più volte la verità di quanto scrive il Guerrini nella introduzione ad un suo dotto volume: « Ho avuto agio « di conoscere per prova come agli studiosi di qualunque materia manchino, appunto nelle biblioteche, « i libri necessari agli studi di una certa profondità. « I governi passati non amavano la scienza, il pre« sente non ha i mezzi per renderla, non solo com« pleta, ma profittevole. Dal principio del secolo a « quest'oggi, le biblioteche italiane, meno una o due, << non hanno comprato libri moderni, prima perchè

« non lo vollero, ora perchè non lo possono » (1). È confessione dura, ma vera: chiunque sappia che cosa sia lo studio, non potrà certo smentirla.

Nell'esame psicologico ho cercato con ogni maggior cura di spogliarmi da ogni pregiudizio leggermente foggiato e di esaurire il tema. Quindi ho stimato indispensabile di premettere alle osservazioni sull'amore di Dante un sommario riepilogo del configurarsi del sentimento amatorio italiano nel primo secolo. Volli solo darne i tratti principalissimi, e nonpertanto trovo che questa introduzione mi è riuscita abbastanza lunga. Tuttavia la credo tutt'altro che inutile al mio soggetto; come non credo inutili quelle note, che senza accennare direttamente all'amore, servono a dare in breve una idea del carattere, della vita e delli studi de' miei autori e dei loro tempi. I fatti psichici vanno studiati comparativamente, giacchè li uomini in genere, e particolarmente poi certi uomini, con cui mi son trovato ad aver da che fare, sono nei loro sentimenti sovranamente complessi. Nulla avviene di isolato in questo nostro mirabile organismo intellettuale e morale; nulla quindi è senza una ragione di essere, senza una adeguata corrispondenza interiore ed esterna.

(1) Guerrini, La vita e le opere di G. C. Croce, p. X.

Ciò premesso, abbandono al pubblico le mie osservazioni. Nelle quali ho fede, perchè sento di non averle create io con un elaborato arzigogolo d'immaginazione, ma di averle ricavate, con un po' di fatica, nol nego, dalla realità delle cose.

Torino, febbraio 1879.

R. RENIER.

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