Sayfadaki görseller
PDF
ePub

corruzione universale degli uomini punita da Dio col Diluvio, dal quale il solo Noè colla sua famiglia viene salvato nell'arca, della divisione delle terre e delle lingue, e finalmente della vita dei Patriarchi da Abramo sino a Giuseppe. Mosè, il più antico di tutti gli storici, ci esibisce una serie di tutti quei secoli, circa i quali gli scrittori profani della più rimota antichità non hanno potuto trasmetterci altro se non che pure favole, come osserveremo nel seguente § 3, oppure tradizioni alterate dal vero, o perfettamente confuse, per le quali trovare non si potrà giammai la verità. Nell' Esodo si espongono le leggi ed i morali precetti, non che le cerimonie legali, colle quali gli uomini dovevano regolarsi verso Dio, verso il prossimo e verso sè stessi. Nel Levitico si additano le persone e le forme alle sacre cerimonie elette e destinate. Nei Numeri, con aritmetica disposizione, si conoscono i misteri delle quantità, qualità, personalità e delle mansioni del popolo eletto; e nel Deuteronomio quasi una seconda legge si presenta, ovvero una ripetizione della legge data da Dio sul Sinai, e la relazione della vecchia colla nuova, dell' Evangelo in quella prefigurato; per cui l'Apostolo scriveva a quei di Corinto, che voleva parlar loro con cinque detti: e giustamente s. Ireneo affermò che ogni lettera di Mosè è parola di Cristo: Littera Moysis verba sunt Christi.

I libri dei Giudici e dei Re ci annunciano i politici reggimenti del popolo; le imprese descrivonsi dei re di Giuda; le azioni di Jeroboam e de' di lui posteri, i quali dopo la separazione delle dieci tribù regnarono in Israele sino ad Osea ultimo di questi re. Ma nei libri dei Re si ha particolar relazione a Davide e alla di lui stirpe: quello perchè figura di Cristo, questa perchè da lei doveva nascere Cristo stesso; ed in quello dei dodici Profeti, un maraviglioso, ma nitido e chiaro antivedimento, una predizione delle cose che preparavano la nuova legge del vangelo. I Paralippomeni contengono gli annali di quanto era avvenuto, ordinati con certa quale concatenazione, onde meglio le antiche storie si avessero a comprendere. Allo scopo medesimo tendono i libri di Esdra, per quanto è

della storia in genere; ed alla speciale voglionsi riferire quelli di Giosuè, di Tobia, di Giuditta, di Ester e di Giobbe. Alla medesima storia del popolo eletto appartengono il primo e secondo libro dei Macabei; i quali in gran parte pure coincidono coi fasti più strepitosi del secolo che succedette all' impero del grande Alessandro.

Finalmente ad inspirare e far conoscere nell' animo dei popoli i sentimenti di pietà, di religione, di amor di Dio e del prossimo mirano gli affettuosi salmi di Davide, ed i morali mistici scritti di Salomone nei Proverbi, nell'Ecclesiaste, nella Cantica, nell' Ecclesiastico e nel Libro della Sapienza.

Nel Nuovo Testamento vi cape non solo l'Evangelo dei quattro suoi relatori, Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che degli altri suoi colleghi ne supplì le ommissioni; ma eziandio gli Atti apostolici dettati dallo Spirito di Verità, dove troviamo la storia della predicazione degli Apostoli delle prime origini della Chiesa cristiana e dei progressi della medesima nello spirito delle genti e dei primi atti legislativi e morali dell' ecclesiastica podestà; le lettere degli apostoli Pietro, Paolo, Giacomo, Giuda e dello stesso Giovanni, non che di questo l'Apocalisse, da lui composta per celeste visione nel suo esiglio in Patmos. L'orazione di Manasse ed i libri I e II di Esdra vi sono pure dalla Chiesa compresi come autentici e degni di appartenere al sacro suo codice, che gelosamente verrà conservato sino alla consumazione dei secoli, qual prezioso deposito della fede divina e della verità e santità della cristiana nostra religione.

§ 2. Libri profani.

All' utilità di tante cure di raccogliere negli scritti antichi, i monumenti e le memorie delle cose avvenute alle umane generazioni, debbesi pure quel costante impegno degli uomini, con cui mossero ogni pratica per andar in traccia di quanto fecero e scrissero i più vecchi abitatori del mondo.

Saggio quindi fu il pensiero dei nostri antenati ed il consiglio dei nostri coetanei d'impiegare ogni più attivo studio e mezzo per raccogliere libri d'ogni genere nelle biblioteche, essendo essi sempre stati riconosciuti indispensabili per acquistare ogni sorta di lumi, di cognizioni e di erudizione, dacchè i libri sono come i depositari d'ogni più sublime dottrina: sono i più sacri monumenti delle scienze e dei progressi dell'umano sapere, in cui traspira quel soffio divino che lo destò e lo diresse alla ricerca, alla scoperta, alla perfezione delle cose e delle opere, colle quali l'uomo illustrò la propria condizione, e tanto vantaggio produsse all'umana società; ed invece senza i libri, dice Bartolino (1), la stessa Divinità al silenzio si abbandona; la giustizia perde la sua attività, sonnacchiosa riposa; la medicina è da torpore oppressa; la filosofia diviene difettosa, imperfetta ; le lettere restano mute; infine tutte le cose sono involte nelle tenebre e nella ignoranza: Sine libris Deus jam silet, justitia quiescit, torpet medicina, philosophia manca est, litteræ mutæ, omnia in tenebris involuta Cimmeriis.

Leggiamo che in tutti i secoli, sommi uomini riponevano la loro gloria nello stare in mezzo ai libri raccolti nelle biblioteche più insigni. Cicerone così parla di M. Catone (2): M. Catonem vidi in bibliotheca sedentem, multis circumfusum stoicorum libris. Erat enim, ut scis, in eo inexhausta aviditas legendi, nec satiari poterat: quippe qui, ne reprehensionem vulgi inanem reformidans, in ipsa curia solebat legere, sæpe dum senatus cogeretur, nihil opere reipublicæ detrahens.

L'imperadore Giuliano era cotanto inclinato per i libri, che scrisse assai in lode dei medesimi, e lasciò alcuni epigrammi greci onde perpetuare la sua nobile passione. Plinio il vecchio (3) dimostra l' estrema affezione ai libri; e Riccardo Bury, vescovo di Durham, cancelliere d'Inghilterra, ci lasciò un Trattato sopra l'amore dei libri, in(1) De lib. legend., dissert., p. V. (3) Epist. VII, lib. III. (2) In lib. De Divin., n.o II."

titolato Philobiblion. Ma, e che non scrisse di affettuoso e di interessante il dotto card. Besarione intorno ai libri. Si richiami la sua lettera indiritta alla Veneta Rappresentanza (1), e basterà per convincerci di quale importanza furono sempre ritenuti i libri.

Altre memorie poi intorno alla utilità, al pregio ed all' affezione portata in ogni secolo dai più dotti ai libri, veggonsi diffuse negli scrittori delle storie letterarie, delle biblioteche, delle arti e scienze, ma particolarmente appresso Salden, Bartholino, Hodanno, Sacchino, Baillet, Buddeo, Saalbach, Duterbeo, Raynaud, Schwartzio, Lauffer, Schuffner, Evenio, ecc., i quali tutti hanno intieri Trattati De libris Scriptorum optimis et utilissimis.

Dopo gli accennati libri sacri, il poema di Omero tra i profani si vuole che sia il libro più antico che esista, e così era anche ai tempi di Sesto Empirico, siccome possiamo vedere presso Fabricio (2); sebbene si trovino citati fra i greci scrittori circa altri settanta anteriori ad Omero, tra' quali Hermes, Orpheus, Daphne, Horus Linus, Musæus, Palamedes, Zoroaster, ecc.; ma della maggior parte di questi non ci rimase alcun benchè piccolo frammento, e degli altri sono tenute comunemente le opere pubblicate sotto il loro nome per apocrife; ed il P. Arduino dichiara spurie tutte le antiche opere greche e latine, ad eccezione delle Satire e delle Epistole di Orazio, di Erodoto e di Omero; di Cicerone, Plinio, delle Georgiche di Virgilio, credendole opera del secolo XIII, lavorata da una società di letterati sotto la direzione di Severo Archontio; la quale proposizione non ha però bastanti argomenti per sostenersi a fronte di tante altre prove che abbiamo in contrario.

Premessi questi brevi cenni intorno i libri, non volendo entrare nel vasto campo, ove spiccano tante e sì varie le glorie d'illustri autori, mi ristringerò a parlare dei celebratissimi Libri Sibillini, della Storia della Favola e della Poesia, avendo tutti questi cose speciali, distinte e degne da osservarsi con occhio diligente ed imparziale.

(1) Vedi il vol. II di quest' Opera, (2) Bibl. græc., lib. I, c. 1. pag. 347.

§ 3.

Libri Sibillini.

Le Sibille nell' antichità erano vergini o donzelle risguardate come profetesse, le quali si supponevano divinamente inspirate; davano oracoli e predicevano cose strepitose e grandi. Questo nome è formato dalle greche vocis sios per dos dios, di Giove e Barn boyle, consiglio, consigliere, o messe a parte de' consigli di Giove, cui i Romani diedero quello di profetessa.

Gli storici non convengono circa il numero delle Sibille. Dion. Petiti sostiene avere esistito una sola Sibilla. Capella ne conta soltanto due; Solino tre, cioè Cumea, Delfica ed Eritrea; Eliano ne assegna quattro; e Varrone fa menzione di dieci Sibille, dando ad esse la denominazione della loro patria, che poi da s. Agostino (1) vengono in questo modo qualificate e colla seguente progressione: 1. Persica, conosciuta sotto il nome di Sambetha, la quale, dice, che scrisse i fasti di Alessandro il Macedone. 2.a Libica, ricordata da Euripide. 3.a Delphica, detta Themin, della quale Chrisippo parla nel suo libro De Divinatione, e che visse prima dell' eccidio di Troja. È opinione che Omero usasse i versi di questa Sibilla per comporre le sue opere. 4. Cumea, cognominata Italica, o forse d' Italia. 5. Erytrea, che Apollodoro Eritreo sostiene essere sua concittadina. Strabone dice che due erano le Sibille nominate Erytrea. 6.a Samia, conosciuta sotto il titolo di Phyto, come ci viene riferito da Eratostene. 7. Cumana, detta Amalthea, e da taluni chiamata Herophile, o Demophile. Suida nomina col titolo di Hierophile la Sibilla che offrì i nove libri a Tarquinio Prisco il per prezzo di trecento filippi, e che trovandosi derisa, ne gettò tre tra le fiamme, domandando poi l' istesso prezzo degli altri sei, siccome fece sino agli ultimi tre. Plinio, Dionisio, Solino, Gellio e Servio negano che siano stati presentati cotai libri a Tarquinio Prisco, ma bensì a Tarquinio Severo e Plinio di più

(1) De Civil. Dei. Ad Marcellinum, lib. XVIII, cap. XXIII.

« ÖncekiDevam »