Nell'anno in cui venne aggregato al sacro collegio fu insignito della sacerdotale ordinazione, e dopo due anni eletto vescovo di Gubbio, ed indi di Bergamo, avendo poi sempre conservato quel nobile carattere che alla duplice dignità conveniva; motivo per cui proscrisse totalmente la poesia, ed allo studio invece si applicò della lingua sacra, come egli diceva, cioè dei libri santi e dei padri della chiesa. In conseguenza di una caduta da cavallo sopraggiunsegli tanta febbre, che lo portò dopo pochi giorni all'ultimo suo fatal dì, essendo in Roma, nel 1547, il 20 gennajo. La capitale dell'orbe cattolico gareggiò nel rendere più imponente la pompa funebre quale si addicea ad un personaggio di tanta dignità e di sapere il più elevato, e venne poi tumulato in Santa Maria sopra Minerva dietro l'altar maggiore, fra Leone X e Clemente VIII. Non pochi furono gli encomiatori del Bembo, tra i quali Varchi, Sperone Speroni, Casa, Gualteruzzi, Beccadelli, Porcacci e Zeno. Monumenti, sarcofagi, statue e medaglie ricorderanno sempre all'Europa i meriti insigni di questo sommo uomo, che formerà epoca nella storia del secolo XVI. Trissino. In Vicenza nel 1478, l'8 luglio, ebbe suoi natali Gian Giorgio di Gaspare Trissino e Cecilia Bevilacqua, nobilissime famiglie, la prima vicentina, veronese la seconda. Sebbene in gioventù piuttosto avanzata egli si dedicasse agli studj, pure il naturale genio che aveva sortito per la poesia, lo rese in breve uno fra i distinti ristoratori dell' epico canto, ed il primo che portasse in Italia la greca epopea col suo poema, distribuito in ventisette canti, dell' Italia liberata dai Goti, scritto in verso sciolto, del quale ne fu anche l'inventore. Questo poema, più ricco di erudizione, che fervido di fantasia, gli costò venti anni di laborioso studio. Acclamatissima fu pure la sua prima tragedia, intito lata Sofonisba, scritta in verso sciolto colle regole aristoteliche; e parimenti la commedia in versi, alla quale diede titolo i Simillimi, composta sul modello dei Menecmi di Plauto. per Nè meno degni d'encomio sono i suoi Ritratti delle bellissime donne d'Italia, siccome i Sonetti, pieni di fervida immaginazione. La sua Poetica, ripartita in sei divisioni, venne pur accolta con universale aggradimento, Il Trissino sembrava nato per le invenzioni letterarie, e tentato avea di già d'introdurre nell' alfabeto nuovi caratteri, ma non avendo avuto felice esito questa sua impresa, ottenne almeno di far segnare l'j e l'v consonanti, diversamente dall'i e dall' u vocali, e di scrivere in alcune parole la z invece del t, come Venezia, Grazia, Locuzione e simili, piuttosto che Venetia, Gratia, Locutione, ecc., avendo queste un suono troppo disaggradevole nel pronunciarle e nell'udirle. Pieno di meriti letterarj, sociali e religiosi chiuse la sua carriera mortale ai primi dicembre del 1550 in Roma, ov'erasi rifuggito per sottrarsi a que' dispiaceri che gli si fecero provare da chi non dovea piuttosto aspettarsi che riconoscenza e figliale rispetto. Cellini. Questo sommo artista del secolo XVI, già da me con debita lode citato nella storia della scultura e dell' incisione, non poteva andare dimenticato anche nel serto degli italiani poeti, dacchè il severissimo lirico ab. Giuseppe Parini lo collocò nella schiera di quegli eletti che formarono il coro dell'italiano Parnasso: eccone i cenni suoi (1): «Ma qui per seguire i poeti non si dimentichi Benvenuto Cellini, artefice e talento oltre misura bizzarro, i cui Trattati dell' Oreficieria e della Scultura somministrano grande quantità di vocaboli e di forme relative alle arti, oltrechè abbondano d'ottimi precetti e di (1) Opere, vol. VI, pag. 203. regole per la pratica e per l'intelligenza delle arti stesse. La vita sua, da sè medesimo scritta (1), è una delle cose più vivaci che abbia la lingua italiana, sì per le cose che descritte vi sono, sì per il modo. Costui è spezialmente mirabile nel dipingere al vivo con pochi tratti i caratteri, gli affetti, le fisionomie, i moti e'i vezzi delle persone. Qui giova avvertir di passaggio, che fra gli autori italiani del cinquecento risplende ordinariamente più filosofia nelle opere degli eccellenti artisti, che in quelle de' grandi letterati; perchè questi preoccupati furono la maggior parte dalle opinioni, o vere o false che fossero, da essi bevute nelle scuole e ne' libri; dove gli altri andarono in traccia della natura e della verità, condotti dal solo raziocinio ». Dopo si gravi e sentenziosi detti, ben poco mi resta a soggiugnere di lui, di cui come artista mi si presenta qui l'occasione di parlarne ancora nella ricordanza di un capo lavoro, ch'egli medesimo ci rammenta nello scrivere da sè la vita (2), e che altri molti con estesissime lodi encomiarono (3). (1) In un manoscritto esistente nella biblioteca Magliabecchiana di Firenze ritrovasi questa nota «Io (il Cellini) avevo cominciato a scriver di mia mano questa mia vita, come si può vedere in certe carte rappiccate; ma considerando che io perdeva troppo tempo, e parendomi una smisurata vanità, mi capitò innanzi un figliuolo di Michel di Goro della Pieve a Groppino, fanciullino d'età d'anni 14 incirca, ed era ammalatuccio. Io lo incominciai a far scri vere, e in mentre che io lavorava, gli dettavo la vita mia; e perchè pigliavo qualche piacere, lavoravo molto più assiduo e facevo assai più opera. Così lasciai al dito tal carica quale spero di continuare quando mi risolverò ». (2) Vita di Benvenuto Cellini, orefice e scultore fiorentino, da lui medesimo scritta: ridotta a buona lezione ed illustrata da Gio. Palamede Carpani. Vol. 3. Milano, per Nicolò Bettoni, 1821. (3) Nato il Cellini con istraordinarie attitudini, e con un genio in ogni di Servendo non pertanto eziandio anche alla poetica gloria del Cellini, ricorderò alcuni di lui componimenti che per la celebrità dell'autore e per la particolarità dei concetti e delle frasi degni pur sono di speciale men zione. quanto egli scrisse nella sua vita, di questo lavoro, il quale deesi riguardare per il suo capo d' opera della cesellatura, e fors' anco il repertorio di tutto ciò ch' egli seppe immaginare e mandar ad effetto con tal arte. È questo adunque un grande bacino d'argento col suo boccale o acquereccio, leggerissimamente dorato. L'ornamento d'ambedue questi vasi costituisce dei vuoti di forma ovale, con bella simmetria disposti, nei quali sta racchiuso il maggior lavoro, consistente in figurine di grande e basso rilievo. Il boccale contiene quattro intiere figure michelangiolesche, rappresentanti quattro fiumi d'Italia, il Tevere, il Po, l'Arno ed il Serchio; e inoltre un eroe vittorioso con le quattro deità Giunone, Pallade, Cerere e Diana. A ciascuna di queste stanno a canto dei tempietti con altre figurine in atto di far sagrifizj. Presso al piede veggonsi dei pesci e dei Tritoni in bizzarra foggia disposti. Il manico è formato di una figura umana; ed un mascherone in istrano modo atteggiato costituisce la bocca di detto vaso. Elegantissimo ne è l' ornamento di fiori, frondi, frutta, animali e mascherette che insieme collegano tutto questo lavoro, parte del quale eseguito a cesello, e parte a fusione. Anche il bacino ha sul piano del suo bordo dodici medaglioni di forma ovale, rappresentanti i dodici mesi dell'anno per i segni zodiacali che portano. Que sti mostrano in vaghe maniere le operazioni che si eseguiscono dagli agricoltori in ciaschedun mese, e principalmente quelle che offrono maggior divertimento e piacere. a Le figure in essi contenute sono gran rilievo scolpite, per lo che ne rimangono dal piano quasi per intiero staccate. Sorprendente è l'effetto prospettico di questí medaglioni, variato a seconda di ciò che rappresentano, dei quali è malagevole dar qui esatta e minuta descrizione, e per la vastità della materia e per la brevità che io deggio seguire: al che però verrà supplito da altri, che so aver assunto l'incarico d' illustrare compiutamente quest'opera. La concavità di detto bacino è ricca di altri otto simili medaglioni lavorati a foggia di riporto, e con figure più basse delle accennate. Esprimono queste i sette pianeti, ornati dei proprj emblemi, ed un Atlante curvato sotto il grave peso di un globo celeste, che con le spalle sostiene. Non poche altre figure, fogliami, mascherette ed animali compiono l'ornamento di questa superficie, la curvità della quale elevandosi dolcemente verso il mezzo del bacino, vi forma un rialto che serve di maggior base al piede del boccale, posato che siavi sopra. Quattro simili medaglioni veggonsi cesellati a basso rilievo sulla convessità di questa superficie, contenenti ciascuno emblematiche figure denotanti i quattro principali elementi, in allora conosciuti, cioè l'aria, la terra, il fuoco e l'acqua. I più distinti animali, particolari a ciascun elemento, veggonsi ivi espressi con somma arte e maestría, essendo l' insieme di essi con il resto mirabilmente legato. Anche il rovescio di esso bacino in cui leggesi con acutissima lente il nome del Cellini, è ornato di arabeschi del genere piano, a guisa di un damasco. Indicibili sono le fantasie che il genio straordinario dell' autore ha quivi mirabilmente espresse col suo veramente divino cescllo. Stingi, uccelli, quadrupedi, frutte, fiori, pesci, trofei e simili vagamente disposti, ed insieme collegati da destar maraviglia in chiunque gli osserva. Ben quindi a ragione in Parigi, il protettore delle arti e delle scienze, Francesco I, allorchè questo capo lavoro del Cellini venne a lui donato dal cardinale A motivo di sospetto di grave furto fatto in Roma, il Cellini essendo stato rinchiuso in Castel s. Angelo verso il mese di novembre del 1538, vi dovette restare pien d'affanno sino alla fine del seguente anno. Durante la sua prigionia, non potendo in altro occuparsi, ora leggeva attentamente la sacra Bibbia ed il Villani, ed ora disegnava col carbone sui muri e sulla carta immagini sacre; e fu allora che datosi a seguire il genio delle Muse, compose pria un madrigale a sfogo dei proprj affanni colle parole Afflitti spiriti miei, indi scrisse e mandò al Castellano il sonetto: S'io potessi, signor, mostrarvi il vero. Ivi fece pure il capitolo in lode della Prigione (1), com- E quanto un uomo a quel ben s'assomiglia, di Ferrara, nell'esaminarlo dichiarò: che nè dagli antichi, nè dai moderni era mai uscito lavoro più maraviglioso di questo; ed effettivamente ne comprovò la stima col regalare in cambio al cardinale un'abbazia dell'annuale rendita di sette mila scudi. In quanto pregio siasi poi tenuta quest'opera in Francia dalla Corte e dagli artisti, viene chiaramente dimostrato per le diverse incisioni che ne furono fatte. Quella di Stefano dell' Olne del 1568, rarissima, quantunque ben lontana dal rappresentare la perfezione del disegno, la grazia degli atteggiamenti e l'espressione viva che nelle originali figure si ravvisa, è per altro la sola che può dare qualche idea delle variate e sublimi composizioni in quei medaglioni con tenute. Oltre questa incisione, il cavaliere Morosi altra ne possiede d' incerto autore, inferiore alla già citata, avente la cifra A. D. B. Risulta pertanto da quanto si è detto, che quest' opera contiene cinque generi di lavoro, tutti proprj dell' arte della cesellatura, cioè il gran rilievo, il ri ese porto, il basso-rilievo, la fusione ed (1) Vol. II, pag. 99. |