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CAPITOLO XXII.

GIUOCHI.

ARTICOLO I.

Giuochi degli Antichi in generale.

I giuochi e le feste fino dalla più rimota antichità vennero introdotte per avvivare in diversi modi nella società, che progrediva nella civilizzazione e nei buoni studj, l'esercizio, l' emulazione, la virtù, e fuggire la perniciosa oziosità, riconosciuta sino dalle prime età del mondo in singolari maniere funesta al buon ordine, alla politica ed alla morale.

Il giuoco adunque può chiamarsi un divertimento lecito, regolare, e qualche volta istruttivo, una ricreazione prescritta e limitata da certe leggi. Il giuoco è pubblico o privato, sia per il luogo in cui è dato, sia per il modo con cui è fatto. Sotto tali rapporti, i giuochi si distinguono in quelli di esercizio, di abilità e destrezza, ed in quelli di sorte e di azzardo. Ai primi appartengono gli scacchi, il trucco (bigliardo), la pallacorda, la scherma coi bastoni, la lotta, il pugillato, il tirar d'arco, e un tempo anche la giostra ed i torneamenti, ecc. Ai secondi si ascrivono le carte, cioè ombre, picchetto, bassetta, whist, ecc. Ma quelli propriamente chiamati giuochi pubblici furono presso gli antichi certe feste, spettacoli, o pubbliche rappresentazioni per occasione di trionfo, di vittorie, di religione, di funerali e di altre simili cause.

Tali appresso i Greci furono i giuochi Olimpici, Pitii, Istmii, Iselastici e Nemei ecc., che si davano nei contorni d'Olimpia, di Delfo, di Corinto, d'Atene e di Ne

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