Sayfadaki görseller
PDF
ePub

" della nostra sensualità, non sia in terra loco più ameno " di Fiorenza, pure rivolgendo i volumi de' poeti e degli » altri scrittori, nei quali il mondo universalmente e parti

colarmente si descrive, e discorrendo fra noi i varii siti » dei luoghi del mondo, e le abitudini loro tra l' uno e l'al"tro polo e'l circolo equatore, fermamente comprendo e "credo molte regioni e città essere più nobili e deliziose, "che Toscana e Fiorenza, ove son nato, e di cui son cit» tadino; e molte nazioni e molte genti usare più dilettevole » e più utile sermone che gli Italiani. »

Che per ira contro l'ingrata patria Dante non desse il primato al dialetto toscano, pare a me non potersi ragionevolmente pensare anche per altri argomenti. Nel Convito, opera scritta evidentemente con calma e col desiderio di riveder la patria,' e nella Vita Nuova, operetta dettata molti anni avanti l'esilio, nelle quali più d'una volta si fa discorso della lingua nostra volgare, non si vede punto dato al dialetto toscano il primato; e quivi Dante avrebbelo fatto certamente, e con doppio fine, se tale fosse stato il creder suo. Ma come sta, dicono alcuni critici, che nel libro del Volgare eloquio l'autore mette fuori delle opinioni contrarie a quelle emesse nel Convito e in altre sue opere? Nel Volgare eloquio dice, per esempio, essere il linguaggio volgare più nobile del latino, e nel Convito, all'opposto, essere il latino più nobile del volgare. Inoltre danna come plebee le due fiorentine voci manucare, introcque, e quindi le pone ambedue nel suo Poema. Alla prima parte dell' obiezione si risponde che Dante era tale scrittore, che, emessa un' opinione, da lui poscia riconosciuta o creduta erronea, non si ristava con sagrifizio dell' amor proprio dal ritrattarsene. Nelle sue opere abbiamo di ciò più d'una diecina d'esempii. La questione inoltre del latino e del volgare è nel Convito trattata differentemente da quello che lo è nel Volgare eloquio. Nella prima opera dice, che facendosi un commento latino a libro scritto in volgare, siccom'è il Convito, ed essendo un commento opera, com' egli si esprime, non da signore, ma da servo, il latino non avrebbe potuto prestarsi ad opera tale; perciocchè questo linguaggio è perpetuo ed incorruttibile e seguita l'arte, il volgare è instabile e corruttibile e seguita l'uso: l'uno

1 Poichè fu piacere de' cittadini della bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gellarmi fuori del suo dolcissimo seno, nel quale nato e nutrito fui fino al colmo della mia vita, e nel quale, con buona pace di quella, desidero con tutto il cuore di riposare l'animo stanco, e terminare il tempo che m'è dato ec. Cap. 1, ed altrove.

DISSERTAZIONE

SUL VOLGARE ELOQUIO.

2

3

Due nostri antichi scrittori, Giovanni Villani' e Giovanni Boccaccio, l' uno contemporaneo di Dante Alighieri, l' altro di poco ad esso posteriore, affermarono essere stata da lui scritta un'opera intitolata De vulgari eloquio: e Dante istesso avea detto nel suo Convito; che, se gli bastasse la vita, avrebbe un giorno dettata un' opera di volgare eloquenza. Di quest' opera due soli libri, comecchè di quattro dovesse comporsi, sono a noi pervenuti, sia che alla morte dell' Alighieri andassero gli altri perduti, sia che l'opera non fosse portata al suo compimento per l'affrettata fine dello scrittore. Di questa seconda opinione, che a me par la più vera, sono ambedue gli scrittori summentovati. Quest' opera vide primamente la luce in Vicenza nel 1529, non però nel suo originale latino, ma sibbene in un' italiana traduzione d'ano

4

1« Altresi fece Dante uno libretto, che s'intitola De vulgari eloquio, > ove promette fare quattro libri; ma non se ne trova se non due, forse >> per l'affrettato suo fine, ove con forte e adorno latino e belle ragioni >> ripruova tutti i volgari d'Italia. » GIO. VILLANI, lib. IX, cap. 136.

2 << Appresso, già vicino alla sua morte, compose Dante uno libretto >> in prosa latina, il quale egli intitolò De vulgari eloquentia; e come per >>lo detto libretto apparisca, lui avere in animo di distinguerlo e di ter» minarlo in quattro libri, o che più non ne facesse dalla morte soprap» preso, o che perduti sieno gli altri, più non appariscono che i due pri» mi. » BOCCACCIO, Vita di Dante.

3 « Di questo si parlerà altrove più compiutamente in uno libro che »>io intendo di fare, Dio concedente, di volgare eloquenzia. » Convito, Tratt. I, cap. 5.

V. De vulgari eloquio, lib. II, cap. 4 e 8.

perciò essere più bello, più virtuoso e più nobile dell' altro, e non potere a questo prestar convenientemente opera servile. Nel Volgare eloquio poi chiama il volgare in genere il più nobile linguaggio, perchè esso è il più antico, il primo cioè che fosse dalla umana generazione parlato. Alla seconda parte dell' obiezione puossi rispondere, che citando il primo verso di molti poetici componimenti, Dante non intendea porre sott' occhio le sole parole in quel verso contenute, ma il dialetto nel quale il componimento era scritto. Così egualmente, ponendo a modo di esempio alcune parole dei dialetti fiorentino, pisano, lucchese e sanese, non intendea doversi rifiutare que' soli vocaboli, ma eziandio tutti gli altri che fossero di simil risma. Bene sta, risponderammisi: ma frattanto le due voci appunto da lui citate s'incontrano nel suo Poema. Per replicare a quest'istanza parmi sia sufficiente il riportare ciò che Dante stesso diceva a Can Grande, rispetto al titolo ed allo stile del suo Poema. Eccone le parole: Il titolo dell'opera è questo: Comincia la Commedia di Dante Alighieri, fiorentino per nascita, non per costumi. A notizia della qual cosa fa d' uopo sapere che Commedia dicesi da zoun villa, e da o canto, laonde Commedia quasi canto villereccio. La Commedia infatti è una specie di narrazione poetica differente da tutte le altre: nella materia differisce dalla Tragedia per questo, che la Tragedia è nel suo cominciamento mirabile e piana, e nella fine, ossia catastrofe, fetida e spaventevole. Da ciò appunto è detta Tragedia, cioè da payos capro, e da wo canto, quasi canto caprino, vale a dir fetido nella guisa che il capro, com' appare per Seneca nelle sue tragedie. La Commedia poi prende cominciamento dall' asprezza d' alcuna cosa, ma la sua materia ha fine prospero, com' appare per Terenzio nelle sue commedie.... Similmente nel modo del parlare la Tragedia è la Commedia sono fra loro differenti, perciocchè l' una elevato e sublime, l'altra parla rimesso ed umile, si come vuole Orazio nella sua Poetica, là dove concede che i comici parlino alcuna volta come i tragedi, e così e converso: Interdum tamen ec. Di qui è palese perchè la presente opera è detta Commedia: conciossiachè se guardiamo alla materia, ella è nel suo principio fetida e spaventevole, perch'è l' Inferno; nel fine prospera, desiderabile e grata, perch'è il Paradiso. Se guardiamo al modo di parlare, egli è rimesso ed umile, perch' è un linguaggio volgare, nel quale ancora le femminette comunicano.

Se il Poema di Dante non è pertanto una tragedia, ma una commedia; se in un componimento comico, tranne quei luoghi in cui fa d'uopo inalzare lo stile, siccome accenna Orazio, dee ordinariamente usarsi un linguaggio rimesso ed

umile, quel linguaggio pure in cui le femminette comunicano; come potrassi dire, che col valersi nella Commedia di varie voci e frasi della plebe, sia Dante caduto in contradizione con sè stesso ? Non è egli un principio elementare, che il linguaggio e lo stile dee inalzarsi o` abbassarsi a seconda della specialità del componimento che hassi fra mano? Ed infatti, per quali componimenti riserba Dante quel suo linguaggio illustre, cardinale, aulico e curiale? Per i componimenti da lui generalmente detti tragici, vale a dir sublimi, ed in ispecie per quel componimento nobilissimo ch'è chiamato canzone, in cui si canti puramente dell'armi, dell' amore e della rettitudine. « Dante (dice il p. Ponta) esamina nel » libro secondo e decide quando e dove debbasi far luogo a » questo volgare, e conchiude, che nella tragedia, vale a » dire nello stile tragico comunemente appellato sublime. » Anzi aggiunge, che solo in questo modo di comporre deb» b'essere usato; e che perciò sia prudentemente escluso da » qualunque altro degli stili, onde i letterati fann' uso nelle > diverse loro composizioni: però dice, non aversi a tenere "nello stile comico e nell' elegiaco, vale a dire nel mediocre » ed infimo. Ritenuto questo raziocinio tutto per fermo ed » indubitabile, come appare dal cap. I a tutto il ÎV, osserviamo » che le canzoni spettano allo stile tragico; ma la commedia, le ballate ed i sonetti spettano al comico e all'elegiaco. "Ora se Dante usò il volgare illustre nelle canzoni, e fece uso dell' altro, cioè del non illustre, nelle altre composi»zioni, fu fedele al suo precetto. Ed appunto così sta la cosa: dunque Dante fu rigido osservatore del suo precetto: dunque irragionevolmente viene da alcuno o da molti cen" surato. "

"

[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]

Coloro poi che stimano apocrifa l'opera, e danno al Trissino i titoli d'impostore o falsario, s' appoggiano particolarmente all'autorità di Giovan Mario Filelfo, il quale facendo menzione del Volgare eloquio, ne riporta un principio, differente da quello ch' abbiamo a stampa. Io mi meraviglio forte che i critici s' appoggino all' autorità d'un tale scrittore, cui i titoli d'impostore e falsario meglio che a qualunque altro convengonsi. Le imposture del Filelfo son tali, che piuttosto che ad ira muovono a riso, e molti scrittori infatti italiani e stranieri hannolo detto e ripetuto. Che forse il Filelfo, se riporta un principio differente del Volgar eloquio, non fa altrettanto di quello della Monarchia,, opera la cui originalità non puossi un momento mettere in 'dubbio? Che forse non riporta il principio d' una storia de' Guelfi e Ghibellini, ch' egli gratuitamente afferma scritta da Dante? Che forse non narra cento altre fole, che fanno appieno nota la

« ÖncekiDevam »