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CAPUT XI.

De habitudine stantiæ, de numero pedum et syllabarum, et de
distinctione carminum ponendorum in dictamine.

Videtur nobis hæc, quam habitudinem dicimus, maxima pars ejus, quod artis est; hæc enim circa cantus divisionem, atque contextum carminum, et rithimorum relationem consistit: quapropter diligentissime videtur esse tractanda. Incipientes ergo dicimus, quod frons cum versibus et pedes cum syrmate sive cauda, et quidem pedes cum versibus in stantia se habere diversimode possunt: nam quandoque frons versus excedit in syllabis et carminibus, vel excedere potest; et dicimus potest, quoniam habitudinem hanc adhuc non vidimus. Quandoque in carminibus excedere, et in syllabis superari potest, ut si frons esset pentametra, et quilibet versus dimeter, et metra frontis eptasyllaba, et versus endecasyllaba essent.' Quandoque versus frontem superant syllabis et carminibus, ut in illa quam diximus: Traggemi della mente Amor la stiva.2 »

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1 L'inciso va ordinato ed inteso così: et metra, idest carmina, frontis, essent eptasyllaba, et carmina versus, idest volta, essent endecasyllaba. Intorno al significato della voce ver

sus vedi la nota 2 nella traduzione.

2 Questa canzone di Dante non è finora stato possibile ad alcuno di ritrovarla, e lo dissi già nelle Illustrazioni al Canzoniere, pag. 327.

CAPITOLO XI.

Della abitudine della stanzia, del numero de' piedi e delle sillabe, e della distinzione de' versi che sono da porsi nel componimento.

A noi pure che questa che chiamiamo abitudine,' sia grandissima parte di quello, che è dell' arte; perciocchè essa circa la divisione del canto, e circa il contesto dei versi, e circa la relazione delle rime consiste; il perchè appare, che sia da essere diligentissimamente trattata. Dicemo adunque, che la fronte coi versi, ed i piedi con la sirima, ovvero coda, e parimente i piedi coi versi possono diversamente nella stanzia ritrovarsi ; * perciocchè alcuna fiata la fronte eccede i versi, ovvero può eccedere di sillabe e di numero di versi; e dico può, perciocchè mai tale abitudine non avemo veduta. Alcune fiate la fronte può avanzare i versi nel numero dei versi, ed essere da essi versi nel numero delle sillabe avanzata; come se la fronte fosse di cinque versi, ciascuno dei versi fosse di due versi,3 e i versi della fronte fossero di sette sillabe, e quelli del verso fossero di undici sillabe. Alcuna altra volta i versi avanzano la fronte di numero di versi e di sillabe, come in quella che noi dicemmo: Traggemi della mente Amor la stiva. »

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1 Rammento, che qui ed altrove abitudine sta a significare disposizio ne, od anco, come dicevano gli aristotelici, relatio ad aliquid.

2 Notò già il Dionisi, che le due differenti voci carmen e versus essendo state dal Trissino rese in italiano con verso, è venuta a prodursi nella traduzione una certa confusione, per cui mal si comprende il concetto dell'autore. Il vocabolo carmen sta e deve stare nel significato proprio e comune di verso, di qualunque specie esso sia; ma il vocabolo versus, essendo, come pur disse Dante stesso sulla fine del capitolo precedente, una data parte della stanza che con. sta d'un certo numero di versi, dovrà rendersi con altra voce differen

te da verso. Il Trissino infatti nella sua Poetica (vedi il brano riportato di sopra) disse che per fuggire la equi vocazione, invece di verso avrebbe usato la voce volte. Ma questo non fece egli altresì nel volgarizzamento presente, nè io mi son fatto lecito di sostituire l'una voce all' altra onde, a non cadere in equivoco, sarà di bisogno al lettore il tener d'occhio le parole del testo.

3 et quilibet versus (esset) dimeter. dice il testo. Ed il Trissino traduce: e ciascuno dei versi (ciascuna delle volte) fosse di due versi. Ma dimeter non vuol dire di due versi, ma bensì di versi di due differenti specie di metro. Così trimetrum (nel cap. XIII) vale di tre metri.

Fuit hæc tetrametra frons tribus endecasyllabis, et uno eptasyllabo contexta non etenim potuit in pedes dividi, cum æqualitas carminum et syllabarum requiratur in pedibus inter se, et etiam in versibus inter se. Et quemadmodum dicimus versus superare posse carminibus et syllabis frontem, sic dici potest, frontem in his duobus posse superare versus: sicut quando quilibet versus esset duobus eptasyllabis metris, et frons esset pentametra, duobus endecasyllabis et tribus eptasyllabis contexta. Quandoque vero pedes caudam superant carminibus et syllabis, ut in illa, quam diximus:

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Amor, che muovi tua virtù dal cielo. 1 »

Quandoque pedes a syrmate superantur in toto, ut in illa, quam diximus:

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Et quemadmodum diximus, frontem posse superare carminibus, et syllabis superari, et e contrario; sic de syrmate dicimus. Pedes quoque versus in numero superant, et superantur ab iis possunt enim in stantia esse tres pedes et duos versus, et tres versus et duos pedes: nec hoc numero limitamur, quin liceat plures et pedes et versus simul contexere. Et quemadmodum de victoria carminum et syllabarum diximus inter alia, nunc etiam inter pedes et versus dicimus; nam eodem modo vinci et vincere possunt. Nec prætermittendum est, quod nos e contrario regulatis poetis pedes accipimus, quia illi carmen ex pedibus, nos vero ex carminibus pedem constare dicimus, ut satis evidenter apparet. Nec etiam prætermittendum est, quia iterum asseramus, pedes ab invicem necessario, carminum et syllabarum æqualitatem, et habitudinem accipere, quia non aliter cantus repetitio fieri posset. Hoc idem in versibus esse servandum astruimus.

1 Canzone XII.

Canzone IV.

Ove la fronte di quattro versi fu di tre endecasillabi e di uno eptasillabo contesta; la quale non si può dividere in piedi; conciossiachè i piedi vogliano essere fra sè eguali di numero di versi, e di numero di sillabe, come vogliono essere fra sè ancora i versi. Ma siccome dicemo, che i versi ponno avanzare di numero di versi e di sillabe la fronte, così si può dire, che la fronte in tutte due queste cose può avanzare i versi; come quando ciascuno dei versi fosse di due versi eptasillabi, e la fronte fosse di cinque versi; cioè di due endecasillabi e di tre eptasillabi contesta. Alcune volte poi i piedi avanzano la sirima di versi e di sillabe, come in quella che dicemmo :

«

Amor, che muovi tua virtù dal cielo. »>

Ed alcuna volta i piedi sono in tutto dalla sirima avanzati; come in quella che dicemmo :

« Donna pietosa, e di novella etate. »

E siccome dicemmo, che la fronte può vincere di versi, ed essere vinta di sillabe, ed al contrario; così dicemo la sirima. I piedi ancora ponno di nu.nero avanzare i versi, ed essere da essi avanzati; perciocchè nella stanzia possono essere tre piedi e due versi, e due piedi e tre versi; nè questo numero è limitato, che non si possano più piedi e più versi tessere insieme. E siccome avemo detto fra le altre cose dello avanzare dei versi e delle sillabe, così dei piedi e dei versi dicemo, i quali nel medesimo modo possono vincere, ed essere vinti. Nè è da lasciare da parle, che noi pigliamo i piedi al contrario di quello che fanno i poeti regulati; perciò che essi fanno il verso dei piedi, e noi dicemo farsi i piedi di versi, come assai chiaramente appare. Nè ancora è da lasciare da parte, che di nuovo non affermiano, che i piedi di necessità pigliano l'uno dall' altro la abitudine ed egualità di versi e di sillabe, perciocchè altramente non si potrebbe fare repetizion di canto. E questo medesimo affermiamo doversi servare nei versi.

CAPUT XII.

Ex quibus carminibus fiant stantiæ, et de numero syllabarum
in carminibus.

Est etiam, ut superius dictum est, habitudo quædam, quam carmina contexendo considerare debemus; et ideo rationem faciamus de illa, repetentes proinde quæ superius de carminibus diximus. In usu nostro maxime tria carmina frequentandi prærogativam habere videntur, endecasyllabum scilicet, et eptasyllabum, et pentasyllabum; quæ ante alia sequenda astruximus. Horum prorsus, cum tragice poetari conamur, endecasyllabum propter quandam excellentiam in contextu vincendi privilegium promeretur. Nam quædam stantia est, quæ solis endecasyllabis gaudet esse contexta, ut illa Guidonis de Florentia: 1

« Donna mi prega, perch' io voglio dire. »

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Hoc etiam Hispani usi sunt; et dico Hispanos qui poetati sunt in vulgari oc. Hamericus de Belinoi:

<< Nuls hom non pot complir adreitamen. 3

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Quædam est, in qua tantum eptasyllabum intexitur unum, et hoc esse non potest, nisi ubi frons est, vel cauda, quoniam (ut dictum est) in pedibus atque versibus attenditur æqualitas carminum et syllabarum. Propter quod etiam nec numerus impar carminum potest esse ubi frons, vel cauda non est: sed ubi hæc est, vel altera sola, pari et impari numero in carminibus licet uti ad libitum. Et sicut quædam stantia est uno cptasyllabo conformata, sic duobus, tribus, quatuor, quinque videtur posse contexi, dummodo in tragico vincat endecasyllabum, et principiet. Verumtamen quosdam ab eptasyllabo tra

1 Cioè Guido Cavalcanti. 2 Canzone II.

3 Null' uomo non può compire drittamente (giustamente).

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