Sayfadaki görseller
PDF
ePub

LA MONARCHIA

LIBRO PRIMO.

Della necessità della monarchia.

§ I. Il principale officio di tutti gli uomini, i quali dalla natura superiore sono tirati ad amare la verità, pare che sia questo che come eglino sono arricchiti per la fatica degli antichi, così s'affutichino di dare delle medesime ricchezze a quelli, che dopo loro verranno. Per che molto di lungi è dall'officio dell' uomo colui, che, ammaestrato di pubbliche dottrine, non si cura di quelle alcuno frutto alla repubblica conferire. Costui non è legno, il quale piantato presso al corso dell' acque, nel debilo tempo frutti produce; ma è più tosto pestilenziale voragine, la quale sempre inghiottisce, e mai non rende. Pensando io questo spesse volte, acciò che mai non fussi ripreso del nascoso talento, ho desiderio di dare a' posteri non solamente copiosa dimostrazione, ma eziandio frutio, e dimostrare quelle verità che non sono dagli altri tentate. Imperocchè nessuno frutto produrrebbe colui, che di nuovo dimostrasse una proposizione da Euclide dimostrata; e colui che si sforzasse di dichiarare la felicità da Aristotele già dichiarata; e colui che volesse difendere la vecchiaia già difesa da Cicerone. Il sermone di costui, superfluo, più tosto partorirebbe fastidio che frutto alcuno. E come tra l'altre verità occulte e utili, la notizia della temporale monarchia è utilissima e molto nascosa e non mai da alcuno tentata, non vi si vedendo dentro guadagno; però il proposito mio è di trarre questa dalle tenebre alla luce, acciò che io m' affutichi per dare al mondo utilità, e primo la palma in questo esercizio a mia gloria conséguiti. Certa

riam adipiscar. Arduum quidem opus et ultra vires aggredior, non tam de propria virtute confidens, quam de lumine largitoris illius, qui dat omnibus affluenter, et non improperat.

§ II. Primum igitur videndum est quid temporalis monarchia dicatur, typo, ut dicam, et secundum intentionem. Est ergo temporalis monarchia, quam dicunt imperium, unus principatus, et super omnes in tempore, vel in iis et super iis, quæ tempore mensurantur. Maxime autem de hac, tria dubitata quæruntur. Primo namque dubitatur et quæritur, an ad bene esse mundi necessaria sit. Secundo, an romanus populus de jure monarchiæ officium sibi asciverit. Et tertio, an auctoritas monarchæ dependeat a Deo immediate, vel ab alio Dei ministro seu vicario. Verum quia omnis veritas, quæ non est principium, ex veritate alicujus principii fit manifesta; necesse est in qualibet quæstione habere notitiam de principio, in quod analytice recurratur, pro certitudine omnium propositionum, quæ inferius assumuntur. Et quia præsens tractatus est inquisitio quædam, ante omnia de principio scrutandum esse videtur, in cujus virtute inferiora consistant.

§ III. Est ergo sciendum, quod quædam sunt, quæ nostræ potestati minime subjacentia, speculari tantummodo possumus, operari autem non; velut Mathemathica, Physica, et Divina. Quædam vero sunt, quæ nostræ potestati subjacentia, non solum speculari, sed et operari possumus: et in iis non operatio propter speculationem, sed hæc propter illam assumitur, quoniam in talibus operatio est finis. Cum ergo materia præsens politica sit, imo fons atque principium rectarum politiarum; et omne politicum nostræ potestati subjaceat; manifestum est, quod materia præsens non ad speculationem per prius, sed ad operationem ordinatur.1 Rursus, cum in operabilibus principium et causa omnium sit ultimus finis, movet enim primo agentem; consequens est, ut omnis ratio eorum

1 Nella epistola allo Scaligero dice Dante lo stesso, rispetto alla sua Commedia: Genus philosophiæ, sub quo hic

in toto et parte proceditur, est morale negolium seu ethica, quia non ad speculan dum, sed ad opus, inventum est totum.

mente grande opera e difficile e sopra le forze mie incomincio, confidandomi non tanto nella propria virtù, quanto nel lume di quello donatore, che dà a ognuno abondantemente, e non rimprovera.

§ II. Prima è da vedere brievemente che cosa sia la temporale monarchia, affinchè io dica nella forma e secondo l'inten zione.' La monarchia temporale, la quale si chiama Imperio, è uno principato unico e sopra tutti gli altri nel tempo, ovvero in quelle cose che sono nel tempo misurate. Nella quale tre dubbii si muovono: primo, si dubita e si domanda, s'ella è al bene essere del mondo necessaria; secondo, se il romano popolo ragionevolmente s'attribui l'officio della monarchia; terzo, se l'autorità del monarca dipende sanza mezzo da Dio, o da alcuno ministro suo, ovvero vicario. Ma perchè ogni verità, che non è un principio, si manifesta per la verità d'alcuno principio; è necessario in ciascheduna inquisizione avere notizia del principio, al quale analiticamente si ricorra per certificarsi in tutte le proposizioni che dopo quella si pigliano. E però essendo il presente trattato una certa inquisizione, in prima è da cercare del principio, nella verità del quale le cose inferiori consistano.

§ III. È da sapere che alcune cose sono, che non sono sottoposte alla potestà nostra, le quali possiamo solamente ricercare e conoscere, ma non operarle ; come sono le cose di Aritmetica e Geometria e simili, e naturali, e logiche, e divine. Altre cose sono alla nostra potestà suggette, le quali non solo conoscere, ma eziandio operare possiamo: e in queste non si piglia la operazione per la cognizione, ma la cognizione più tosto per la operazione; imperocchè in esse il fine è operare. Adunque essendo la presente materia civile, anzi fonte e principio d'ogni retta civilità; e le cose civili essendo alla potestà nostra suggette, è manifesto che la presente materia non è principalmente alla cognizione, ma alla operazione ordinata. Ancora, perchè nelle operazioni il principio e la cagione di tutto è l'ultimo fine, il quale muove colui che fa; è ragionevole che tutta la ra

1 Mal tradotto. Dante volle dire: è da vedere che cosa sia la temporale monar

chia, universalmente, a dir così, (typo) e idealmente (secundum intentionem.)

quæ sunt ad finem, ab ipso fine sumatur: nam alia erit ratio incidendi lignum propter domum construendam, et alia propter navim. Illud igitur, si quid est quod sit finis ultimus civilitatis humani generis, erit hoc principium, per quod omnia, quæ inferius probanda sunt, erunt manifesta sufficienter. Esse autem finem hujus civilitatis et illius, et non esse unum omnium finem, arbitrari stultum est.

§ IV. Nunc autem videndum est, quid sit finis totius humanæ civilitatis: quo viso, plusquam dimidium laboris erit transactum, juxta philosophum ad Nicomachum. Et ad evidentiam ejus quod quæritur, advertendum, quod quemadmodum est finis aliquis ad quem natura producit pollicem, et alius ab hoc ad quem manum totam, et rursus alius ab utroque ad quem brachium, aliusque ab omnibus ad quem totum hominem; sic alius est finis, ad quem singularem hominem, alius ad quem ordinat domesticam communitatem, alius ad quem viciniam, alius ad quem civitatem, et alius ad quem regnum: et denique ultimus, ad quem utiliter genus humanum, Deus æternus arte sua, quæ natura est, in esse producit. Et hic quæritur tanquam principium inquisitionis directivum. Propter quod sciendum primo, quod Deus et natura nil otiosum facit: sed quicquid prodit in esse, est ad aliquam operationem. Minime enim essentia ulla creata ultimus finis est in intentione creantis, in quantum creans, sed propria essentiæ operatio. Unde est, quod non operatio propria propter essentiam, sed hæc propter illam habet ut sit. Est ergo aliqua propria operatio humanæ universitatis, ad quam ipsa universitas hominum in tanta multitudine ordinatur: ad quam quidem operationem nec homo unus, nec domus una, nec vicinia, nec una civitas, nec regnum particulare pertingere potest. Quæ autem sit illa, manifestum fiet, si ultimum de potentia totius humanitatis appareat. Dico ergo, quod nulla vis a pluribus specie diversis participata, ultimum est de potentia alicujus illorum. Quia cum illud quod est ultimum tale, sit constitutivum speciei, sequeretur, quod una essentia pluribus speciebus esset specificata;

gione di quelle cose che sono a fine ordinate, da esso fine si pigli. Perciocchè sarà altro il modo di tagliare il legname a fine di edificare la casa, ed altro a fine di fare la nave. E però quello, che è ultimo fine di civilità della generazione umanu, sarà questo principio, pel quale tutte le cose, che di sotto si pruovano, sufficientemente si manifesteranno. E non è ragionevole, che s'egli è certo fine di questa e di quella civilità, non sia ancora di tutte le civilità uno fine comune.

§ IV. Abbiamo ora a dichiarare quale sia della civilità il fine ultimo; e veduto questo, secondo il Filosofo nella Etica, sarà più che 'l mezzo della opera adempiuto. Alla dichiarazione di questo che si cerca, si debbe considerare, che come è alcuno fine al quale la natura produce uno dito della mano, ed altro fine al quale produce tutta la mano, ed altro al quale il braccio, ed altro fine al quale tutto lo uomo ; così è altro fine al quale ella produce uno uomo, e altro al quale ella ordina la famiglia, altro al quale la vicinanza, altro al quale la città, e altro al quale il regno; e finalmente uno ultimo fine, al quale Iddio eterno con l'arte sua, che è la natura, produce in essere la generazione umana. E questo qui si cerca come principio, che dirizzi tutta questa nostra inquisizione. In prima si vuole intendere, che Iddio e la natura nulla fanno di ozioso; ma ciò che producono in essere è a qualche operazione ordinato. Perchè non è quella essenzia creata l'ultimo fine della intenzione del creante, in quanto egli è creatore, ma la propria operazione della essenzia. Di qui nasce che la operazione propria non è a fine della essenzia, ma la essenzia è a fine della propria operazione. È adunque alcuna propria operazione della umana università, alla quale tulla questa università è in tanta moltitudine ordinata ; alla quale operazione nė uno uomo, nè una casa, nè una vicinanza, nè una città, nè uno regno particolare può pervenire. Qual sia questa operazione sarà manifesto, se la ultima potenzia di tutta la umanità apparirà. Dico adunque, che nessuna forza participata da più, diversi in ispezie, è di potenzia d'alcuno di quelli Imperocchè quello, ch'è un tale ultimo, essendo il costitutivo della specie, ne seguirebbe che una essenza sarebbe con più spezie

« ÖncekiDevam »