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IX. Venne il detto m. Carlo nella città di Firenze domenica addi iv di novembre мCCCI: e da' cittadini fu molto onorato, con palio e con armeggiatori. La gente comune perdè il vigore; la malizia si cominciò a stendere. Vennono i Lucchesi, dicendo che veniano a onorare il signore: i Perugini, con cc cavalli: m. Cante

IX. Arrivo di Carlo di Valois in Firenze, e suo ricevimento. (1 novembre 1301). Ne'capitoli che vanno da questo Ix sino al xix Dino ha raccolta la storia fiorentina dei primi otto giorni del novembre 1301, dall'ingresso del paciaro al trionfo de' Neri e alla caduta della Signoria d'ottobre: storia procellosa e piena di avvenimenti e di particolari, che non farà maraviglia veder narrati senza un rigoroso ordine di successione, anzi con frequenti o preaccenni de' fatti o vere anticipazioni di racconto, secondochè ci occorrerà notare. Della cronologia di questa parte della Cronica avremo cagione di parlare in appendice al presente com

mento.

1 Domenica addi iv ecc. [Cosi concordemente i mss. e le edd. f. Carlo di Valois entrò in Firenze il di d'Ognis santi, 1 novembre, in giorno di mercoledi. Nella cit. appendice è detto per quali ragioni io creda che piuttosto che d'un vero e proprio errore si tratti qui d'una svista o trascorso affatto involontario: perciò contrassegno quella frase di carattere corsivo.

2 Con palio e con armeggiatori. Cfr. I, VII, 13. Anche qui, forse, questo inciso sta da sè, in costrutto ellittico, cosi: «fu molto onorato, facendosi (oltre ad altre feste in onor suo) corse e spettacoli di giuochi d'arme ». Cfr. anche III, xxxII, 37. Che cosa fossero le armeggerie, o giuochi di armeggiatori, lo dicemmo in I, vi, 14. Vedi poi, qui appresso (x, 1), cenno in documenti dell' armeggerie fatte in onore del

Valese.

3 La gente comune. [E la gente comune, il solo ms. A]. «Non partigiana, che sopra tutto amava la patria, il Comune». Da ciò che Dino ha sin qui narrato, deduci che di tali dovevano esserne ben pochi fra' Neri; fra' Bianchi, non pochi e tali certamente si dimostrarono i Priori del 15 ottobre, del cui numero fu Dino. L'add. comune lo ha nello stesso senso G. Villani (VII, XII),

dove parla de' due Frati Godenti, eletti pacificatori di Firenze: « credendo che

per l'onestà dell'abito fosson comu«ni»; che nella Cronica malispiniana (cxc) è detto: « credendosi, per l'one«stà dell'abito, guardassono al bene << comune ». E « buona intenzione e co<<mune ha il medesimo Villani (VIII, LXIX) per « non partigiana ».

4 La malizia. « Le malvage passioni de' Neri»: cfr. II, 1, 4. [La maliziosa, che si riferirebbe a gente, il solo ms. A, e l'ed. B].

5 Stendere. « Prender campo, Diffondersi ». Cfr. 1. c.

6 Vennono ecc. Enumerazione di forze guelfe, attirate in Firenze dalla venuta d'un principe del sangue di Francia; ossia, servendosi di tale pretesto (dicendo che ecc.), ma in effetto per servire a' biechi disegni di lui e de' suoi Neri. Però qual Signoria, nella guelfa Firenze, avrebbe potuto chiuder le porte a gente che veniva a onorare il signore? Che n'avrebber detto i Consigli? Vedilo poco innanzi, ne' capp. vi e vII. E giá notammo (II, vi, 16) che appunto su questa condizione politica e morale della città fecero assegnamento i Neri, macchinando la venuta di messer Carlo. Cfr. poco appresso la frase: per non dispiacere al signore.

7 I Lucchesi. Cfr. I, xx1, 29. 8 I Perugini. I Brevi Annali di Perugia dal 1194 al 1352 (nell'Archivio Storico Italiano, serie I, t. XVI; I, 5) registrano (ma dove dice «agosto» crederei fosse da porre « ottobre ») l'andata di questi, secondo il testo di Dino, duecento cavalli, cosi: « 1301. Adi

28 di agosto il comuno di Perugia << mandò in Toscana a Fiorenza, in ser<< vizio di messer Carlo Senzaterra et << in servizio di parte guelfa, cento ca<< valieri di Perugia, tutti con cavalli << coperti capitano di detti cavalieri fu << messer Venciolo di Guccionello ». Su quel soprannome di Senzaterra, cfr. II, XXVIII, 3.

9 Cante d'Agobbio con ecc. Di mes

d'Agobbio con molti cavalieri sanesi, e con molti altri, a sei e a dieci per volta, aversari de' Cerchi: a Malatestino e a Mainardo da Susinana non si negò l'entrata, per non dispiacere al signore. E ciascuno si mostrava amico. Sì che co' cavalli di m. Carlo, che erano DCCC, e con quelli de' paesani dattorno venuti, vi si trovarono cavalli мCC a suo comandamento.

Il signore smontò in casa i Frescobaldi. Assai fu pregato

ser Cante Gabbrielli da Gubbio vedremo più oltre (II, xvIII, xix). Poichè qui si trova alla testa di cavalieri sanesi, giova avvertire ch'egli era stato potestà di Siena nel 1298. Siena, pochi giorni dopo a quell' ingresso, decretava, il di 5, un'ambasciata a Firenze, per la pace comune (ARCH. STAT. SEN.; Consiglio della Campana; LX, c. 80t).

10 Molti altri ecc. Queste brigatelle spicciolate di aversari de' Cerchi, venute dietro ai cavalieri senesi, intenderei fossero di guelfi d'altre minori città o castella toscane. Cfr. altre enumerazioni, I, IX, in fine, e II, xiv, 4. Neri fiorentini fuorusciti, come potrebbe far supporre quell'aversari de' Cerchi, non erano di certo; de' quali appena ne rientro qualcuno furtivamente (cfr. II, x, 10): perchè come vedremo (xvII, XVIII) Carlo non osò rimettere in Firenze il Donati e gli altri sbanditi, se non più tardi, quando gettò affatto la maschera.

11 Malatestino. Della famiglia dei Malatesta signori di Rimini: figlio di Malatesta da Verrucchio, e fratello di quei Gianciotto, o Giovanni sciancato, e Paolo, i cui nomi si collegano tristamente a quello della Francesca immortalata da Dante. Successe al padre nel 1312, e mori nel 17. È conosciuto nella storia per Malatestino dall'occhio, << perchè era manco di un occhio; ma << tanto fu savio et ardito e da bene,

quanto mai fosse uomo: aveva uno << difetto solo, che non voleva nè udire << nè vedere nessuno ghibellino, e molto <<li perseguitava ». (Cronaca riminese, in MURATORI, Rer. italicar., XV, 896. Dante si ricordò anche di questo cagnotto del Valois, in due canti dell'Inferno: nel XXVII (46-48), dove registra fra i signorazzi romagnoli (cfr. I, vii, 11) << il Mastin vecchio e 'l nuovo da Ver<< rucchio », cioè Malatesta e Malate

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12 Mainardo da Susinana. Cfr. I, VII, 10: e rispetto alle cose che ivi dicemmo di lui, nota che questa sua venuta in Firenze a servigio di Carlo lo accomunava non pure co'guelfi, ma co'guelfi arrabbiati, e contro quelli molti de' quali poi si fecero ghibellini.

13 Ciascuno. Intendi, di costoro venuti ad accompagnarsi con Carlo in Firenze dagl' indicati paesi e terre; che perciò chiama paesani dattorno attorno, il ms. u] venuti [venutivi si ecc., i mss. E, P, s, ul.

14 In casa i Frescobaldi. I Frescobaldi, famiglia di Grandi guelfi (cfr. I, 11, 23), e i più di parte Nera (cfr. I, XXII, 17), avevano le loro case di là d'Arno, sceso il ponte a santa Trinita, dov'è la piazza che anch'oggi si chiama de'Frescobaldi. Le Istorie Pistolesi narrano invece (p. 15) che « scavalcò nel

palagio degli Spini in capo del ponte << a Santa Trinita, ed altri suoi baroni << smontarono nelle case e palazzi dei

Frescobaldi dall'altro capo del detto << ponte oltr'Arno, sicchè erano signori « del ponte ». Però, che Carlo e la sua brigata occupassero i due palazzi, e si rendessero cosi« signori del ponte », è vero (cfr. II, XIV, 9): ma altrettanto è certo, per l'autorità di Dino (cfr. anche II, xxv) e di G. Villani (VIII, XLIX ), che di là d'Arno prendesse stanza il principe per la ragione che Dino stesso assegna qui appresso. Cfr. I, xxi, 37, 38; e II, XIV, 5.

15 Fu pregato smontasse dove ecc. Pregato, intendi, dalla Signoria, la quale i grandi signori che nella città veniano ospitava e ospitò poi sempre, salvo se prendessero stanza presso pri

smontasse dove il grande e onorato re Carlo smontò, e tutti i grandi signori che nella città venìano, però che lo spazio era grande, e il luogo sicuro; ma i suoi conducitori non lasciorno, anzi providono aforzarsi con lui oltrarno, imaginando: «Se noi perdiamo il resto della << città, qui rauneremo nostro sforzo ».

X. I signori priori, elessono XL cittadini d'amendue

vate famiglie, nel convento di Santa Maria Novella, dove, o nella chiesa o nella piazza, soleano anche farsi (cfr. I, III, 18; II, xi, xvп; III, iv) i grandi parlamenti.

16 Re Carlo. Carlo I d'Angiò, re delle due Sicilie (cfr. I, 1, 2), il quale venne due volte in Firenze: nell'agosto del 1267, quando fu ordinato la prima volta lo stato popolare guelfo; e a questa venuta, di solenne ricordo pei Fiorentini, allude qui Dino; e nell' estate del 1273 (cfr. G. VILLANI, VII, XLII), insieme col pontefice Gregorio X (cfr. I, I, 13) e con l'imperator greco: i quali abitarono, finchè stettero in Firenze, il papa alle case de' Mozzi (cfr. I, XXI, 38), l'imperatore al vescovado, e il re al giardino de' Frescobaldi » (G. VILLANI, 1. c.) nel luogo medesimo dunque dove volle smontare il Valois. Chiamar grande e onorato re l'Angioino è un rimprovero anticipato (cfr. II, xvi, 10; xvin, 24) alla slealtà di quest'altro francese. La memoria di Carlo I rimase, nelle tradizioni del Comune, come qualchecosa di venerabile ed augusto, alla pari di quella di Carlo Magno. Il medesimo sentimento che è nella frase del Compagni, rivive (per citare un esempio a gran distanza di tempi) in queste parole d'una istruzione del 1451 all'ambasciatore Agnolo Acciaiuoli (A. DESJARDINS et G. ČANESTRINI, Negociations diplomatiques de la France avec la Toscane; 1, 64): * .... li gloriosissimi Re di quella Cri«stianissima Casa essere stati instau<<ratori e fondatori di questa città; << distrutta... da Totila e dagli Unni. < poi reedificata e instaurata dal glo<riosissimo Carlo Magno.... Nè è ne<< cessario narrare come Carlo Primo << e la Chiesa Romana furono fondatori della Parte Guelfa, mediante << la quale è seguito lo esterminio della < contraria parte, e siamo nel presente «stato di felicità ». E in sul comin

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ciare di quel sec. xv, inviando ambasciatore Rinaldo degli Albizzi (Commissioni di R. degli A., ed. Guasti; I, 65), la Signoria scriveva: « Populus Flo«rentinus devotissimus semper fuit in

clite Domus Francie, postquam urbs << fuit a sancte memorie Karolo primo << Pipini filio restituta. Singulariter an<< tem felicis recordationis Karoli primi <<< Ierusalem et Sicilie regis, et omnis << sue posteritatis, devotione fidelis, et << reverentia fuit servitor ecc. ». Cfr. del nostro commento tutta la nota (I, 1, 2) sopra citata.

17 I suoi conducitori [ Condottieri, o conduttieri, i mss. E, H, S, U; conduttori, G, N, 0]. Cfr. II, vi, 27.

18 Non lasciorno. « Non permessero che ciò fosse fatto ». [Non lasciorno, il solo ms. A; non lo feciono, tutti li altri; non lasciarono, le ed. MT, MN, conforme alla variante strozziana del ms. L, sovrapposta di mano recente in P, Q].

X. La Signoria elegge cittadini d'ambedue le parti, e si consiglia con loro della salute della città. Proposta d'una nuova Signoria mista di Bianchi e di Neri; perchè non potuta accettare da' Priori dell' ottobre. (Fra gli ultimi dell' ottobre e i primi del novembre 1301). Per la cronologia del cap., cfr. la nota seg.

1 Elessono XL cittadini ecc. [I cittadini, il solo ms. A; variante già notata, di sul ms. L, dal Muratori: «L'an«tico testo di casa Strozzi dice: eles« sono i cittadini ». I mss. F, 1: dieci cittadini]. I medesimi Savi, i quali più tardi si chiamarono Richiesti, che anche altrove vedemmo (cfr. I, xx1, 18) convocarsi a consiglio dalla Signoria nei gravi momenti. Di questo straordinario consiglio di quaranta cittadini ci conservano documenti (ARCH. STAT. FIOR.) le Provvisioni e le Consulte. Uno dei quali, de' 24 ottobre, avemmo già

le parte, e con loro si consigliavano della salvezza della terra, acciò che da niuna delle parti non fussino tenuti sospetti. Quelli che aveano reo preponimento, non parlavano: gli altri aveano perduto il vigore.

Bandino Falconieri, uomo vile, dicea: « Signori, io << sto bene; perchè io non dormia sicuro »; mostrando viltà a'suoi aversari. Tenea la ringhiera impacciata mezzo il dì; e eravamo nel più basso tempo dell'anno.

occasione di citare in II, vi, 18; da altri poi vediamo, come nel Consiglio dei Cento, adunato in San Piero Scheraggio, e poi in quelli del Capitano e delle Capitudini, e del Potestà o del Comune (Consulte, V, c. 16; Provvisioni, XI, 67-69t), si approvano, fra il dì 26 e il 28 di ottobre, 1o alcuni Ordinamenti << pro pacifico et tranquillo << statu Populi et Comunis Florentie

conservando, et ut sedictionibus, scan<< dalis, rumoribus et malleficiis, omni<<mode resistatur », deliberati dalla Signoria « voluntate et consensu Con

silii XL bonorum et sapientum viro<rum, ad consulendum offitium ipsorum << dominorum Priorum et Vexilliferi ele<«<ctorum »; 2° la concessione di piena balia ai Priori e al Gonfaloniere, sia per la custodia della città, sia per imporre gravezze o prestanze. I detti Ordinamenti per la sicurezza della città sono testualmente riportati nella Provvisione, dichiarandosi che debbano tenere e durare dal di in cui saranno banditi« usque quo illustris princeps

dominus Carolus, Serenissimi olim << Regis Francie filius, venerit et ste<< terit in civitate Florentie, et post

suum discessum per duos dies ». Sono distinti in sette capi, e prescrivono pene a chi a) faccia rumore o scandalo, danneggi, percuota; b) ferisca; c) ingiuri; d) gridi«<< muoia, muoia »; e) presuma« armegiare », il che non potrà farsi se non nei modi e dalle persone che la Signoria stabilirà, e il giorno solo dell'ingresso del Principe; f) ardisca far falo (fallonem seu fallones); g) raccetti o ritenga sbanditi del Comune. Queste sedute del Consiglio dei Quaranta, descritte stupendamente nel presente cap., possono essere state tenute (come vediamo dai documenti) tanto mentr'era prossimo l'ingresso del Valese, quanto subito

dopo; perocchè Dino non si propone di narrare ciò che in esse fu deliberato (infatti tace di questi Ordinamenti), ma soltanto di trarne occasione a rappresentare, con la efficacia ch'egli sa, le condizioni morali di quella gente e della intiera cittadinanza.

2 Amendue le parte. Cioè bianca e nera. Quelli che ecc. I Neri, palesi o coperti che fossero; gli altri, i Bianchi.

3 Bandino Falconieri ecc. [Baldino, tutti e mss. e edd. Ma mi è sembrato necessario scrivere il nome di questo Bandino di Cambio di Falconiero de' Falconieri, tale quale lo leggiamo negli originali documenti]: nel 1283 in una quitanza al Comune (ms. Riccar diano 2305, c. 109); in Consulte più volte (1279 s. f.-1301... ARCH. STAT. FIOR.; Consulte, I, c. 4, 7, 78-79t; III, c. 128; V, c. 8: BONAINI, p. 79, 86, della pubblicazione cit. in I, x1, 11). Partecipò alla guerra d'Arezzo nel 1289 (Provvisioni; II, c. 71, 8 febbraio 1289 s. f.); e nell'ottobre del 1296 fu ambasciatore con altri ad partes Lombar«die, per accompagnarvi il cardinale Pietro da Piperno paciaro (Provvi sioni; c. VI, 155, 25 ottobre 1296). II Falconieri, di famiglia cerchiesca (cfr. I, XXII in fine), ritrae a maraviglia, in questo veramente pittoresco capitolo di Dino, la dappocaggine e la viltà, più volte (cfr. II, v, 28; XIV; xxI) da Dino stesso confessate, di quella parte ch'era pure la sua. Le parole di Bandino valgono, in fondo, ch'egli credeva alla lealtà del Valese, come se venisse veramente in Firenze per far uffizio di paciaro. 4 Tenea la ringhiera ecc. Cfr. II, VI, 15.

5 E eravamo nel più basso tempo ecc. «Verso la fine d'autunno », quando le giornate sono più corte. [Manca l'e nel ms. A: ne' più bassi tempi, tutte le edd. e i mss., eccetto A].

M. Lapo Salterelli, il quale molto temea il Papa per l'aspro processo aveva fatto contro a lui, e per apoggiarsi co'suoi aversari, pigliava la ringhiera, e biasimava i signori, dicendo: « Voi guastate Firenze: fate l'uficio

6 Lapo Salterelli. Cfr. I, xx, 21.

7 Per l'aspro processo ecc. « A cagione del violento e severo processo (cfr. I, xx1, 43; G. VILLANI, VIII, XLIII

El papa gli scomunicò (i Colonnesi) «da capo, con aspri processi»), che il Pontefice aveva fatto contro esso Lapo». Qui Dino allude a un fatto dell'anno innanzi, da lui taciuto, anzi dagli altri storici tutti: cosicchè le parole del Nostro sono l'unico accenno sincrono che se ne abbia nei libri. Ne sono però sopravvissuti i documenti, da me indarno cercati, ma certamente veduti da Carlo Fauriel, il quale (Dante et les origines de la langue et de la littérat. ital.; I, 160-163) narra sopr'essi la cosa, e di uno riferisce testualmente qualche periodo. Nell'aprile del 1300, egli scrive,

trois personnages résidant à Florence, «et tous les trois ayant des relations << intimes avec Boniface VIII, furent, << comme perturbateurs et conspira«teurs, dénoncés au gouvernement flo«rentin, qui leur intenta aussitôt un

procès rigoureux ». Sembra ch'e' fossero d'accordo con Bonifazio, il quale subito s'interpose presso il Comune di Firenze; ma senz'alcun pro: « les ac<< cusés furent condamnés à d'énormes << amendes », e quello fra i Priori che più degli altri si adoperò in tale faccenda fu Lapo Salterelli. Il Pontefice tentò, per mezzo del Vescovo di Firenze (al quale scrisse una lettera), di far ritirare o cassare la sentenza: ma neppur questo gli riuscì. « Boniface « écrivit alors directement au gouver<<nement de Florence une lettre fulmi<<nante, par laquelle il sommait les << trois principaux auteurs de la sen<<tence prétendue illicite, et nommé<<ment Lapo Saltarello, de comparaître << devant le Saint-Siége, dans le delai <de huit jours, pour rendre compte de << leur conduite, et subir l'arrêt que le << pontife aurait à prononcer contre << eux » e di questa citatoria (l'aspro processo, che dice Dino) riporta il Fauriel alcuni passi intorno alla supremazia della Chiesa su tutti i governi civili. Ma il Comune fiorentino tenne ferma la sua sentenza: dei citati a Corte, nessuno si presentò, e (conchiusione que.

sta, la cui esattezza vorrei riscontrare sui desiderati documenti) « les Floren<< tins furent excommuniés en masse ». Vedesi da tutto questo quanto gravi ragioni aveva Lapo di temer l'ira del vendicativo Pontefice.

8 Eper apoggiarsi ecc. « E per farsi forte, far lega co'propri avversari, cioè co'Neri», de quali prevedeva imminente il trionfo. Intendi dunque che il Salterelli, temendo il Papa per cagione dei fatti di che in not. preced., e vedendo il pericolo d'una mutazione di stato, procurava di alleggerirsi tali pericoli con l'arringare in favore de' Neri, e col dar ricetto (contro gli Ordinamenti da lui medesimo nel Consiglio de' XL deliberati) ad uno di essi sbandito. Tutto questo però non valse a salvarlo dalla proscrizione, nella quale (cfr. II, xxv) fu involto insieme con Dante, le cui parole di dispregio pel compagno d'esilio (Parad., xv, 128) ricevono luce e più grave senso da questo passo della Cronica. Appoggiarsi la Crusca registra per «Sperare o Cercare aiuto, favore, protezione, da alcuno », e per « Accostarsi, Collegarsi, ad alcuno, Farsene partigiano »; e sotto questo secondo significato cita un altro esempio di Dino (cfr. III, xxx1, 17). Ad esso e agli altri antichi, recati dalla Crusca sotto i due affini significati, possono aggiungersi il presente di Dino medesimo e questo dei Fatt. Ces., p. 187: « Ella « (una maga) non faceva sacrificio « nè di bu' né di montone, ma a li << demoni d'inferno s'appoggiava ». E dell'attivo, per «Aiutare, Dare appog gio, Favorire », all'unico di trecentista, G. Morelli, che la Crusca dà, aggiungi: M. STEFANI, II, CLVI: « i Guelfi l'ap«poggiarono (il popolo) ». E in Appoggio, per « Aiuto, Protezione, Favore », a quelli di Fra Giordano e di Giovanni Villani, questo di Matteo (IX, XLIV): « con l'appoggio degli amici << di m. Cino ».

9 L'uficio nuovo comune. Intendo uficio nuovo per la « nuova Signoria », quella cioè che doveva succedere ai Priori d'ottobre (cfr. sulla parola uficio in tal senso, I, XII, 6); e comune per << misto di guelfi dell'una e dell'altra

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