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La potente e superba famiglia degli Uberti, sentenziò stesse alcun tempo a' confini, con altri di loro parte: e dove fussino le loro famiglie, godere i loro beni come gli altri; e a quelli che sostenessino lo incarico de' confini, fusse dato dal Comune, per ristoro del suo esilio, alcuni danari il dì, ma meno al non cavaliere che al cavaliere.

IV. Stando amendua le parti nella città, godendo i benifici della pace, i Guelfi che erono più potenti co

<< Si prescrive inoltre che il Comune « approvi la sentenza suddetta, e la «faccia scrivere parola a parola negli << Statuti, e che i futuri Potestà e Ca<< pitani del Popolo debbano giurarne << la piena osservanza, innanzi di as << sumere l'esercizio dell'ufficio loro ». BONAINI, op. cit., IV, 4. Nello Statuto fiorentino volgare del Potestà del 1355, è inserita la Sentenza di messer frate Latino sopra la pace tra' Guelfi e li Ghibellini. Così lo Statuto come la Sentenza, nel codice dell'Archivio fiorentino di Stato, fanno testo di lingua.

25 Stesse. [Fusse, i mss. B, C, H, N, O, e l'ed. T.

26 E dove fussino ecc. Sentenziò che queste famiglie, le più potenti fra le Ghibelline, le quali dovevano rimanere ancora confinate (cfr. innanzi, 23), fossero, alla pari delle altre che tornavano, riammesse a godere de' loro beni, i quali vedemmo (cfr. not. 2) essere stati confiscati; « che li godessero colà dove erano, nel luogo del loro esiglio, come i reduci se li godevano in patria ». Queste e le seguenti condizioni fatte ai confinati, le quali nell'atto della pace non si leggono, sembra accennare Paolino Pieri (Cronica, p. 43), dove dice che tornaro in Firenze tutti li Ghi<< bellini, salvo cinquanta, che rimasero << a'confini per patti ».

27 Sostenessino ecc. [Sostenessero carico dei confini, i mss. D, L].

28 Alcuni danari ecc. [Alcuni da nari ma meno al cavaliere, il ms. A]. Di questo salario ai confinati ghibellini sono documenti, sotto il di 14 febbraio 1281 (s. f.) un « Consilium XIIIcim Ca<«<pitudinum et aliorum Sapientium co<< ram domino Capitaneo et domino << Petrobono iudice et assessore Pote<< statis, super facto pecunie habende << pro confinatis solvendis »; e altro Consiglio de'19 detto circa al provve

dere al debito che il Comune ha per «ij.m libr. et ultra Ghibellinis confina<< tis pro Comuni Florentie, secundum << formam Sententie domini Cardinalis << tunc Legati, late super pace generali «< civitatis Florentie. Quibus Ghibellinis << solutio fieri debet a kallendis iunii << proxime preteritis per annum unum, << secundum formam stantiamentorum << factorum solempniter super ipsa so«<lutione dicti temporis ». (ARCH. STAT. FIOR.; Consulte; I, c. 50). Quella differenza poi di provvigione secondo il grado, ha riscontro in altri casi : per es., nelle cavalcate troviamo la paga << ad rationem soldorum xxti pro quo<< libet milite de corredo vel iudice, et <<< soldorum xvcim flor. parv. pro quo<< libet alio milite vel equite per diem quemlibet. (Provvisioni; II, c. 90t; 20 maggio 1290).

29 Cavaliere. Cioè insignito della cavalleria o milizia, che si conferiva cosi dalle Signorie e Repubbliche in nome del popolo, come dai principi e Signori. Delle varie maniere con che si solevano crear cavalieri, e de' vari nomi che secondo quelle i cavalieri stessi prendevano, cfr. F. SACCHETTI, Novelle, CLIII; e la cvra delle Annotazioni dei Deputati sul Decamerone.

IV. Correndo la città novamente pericolo per civili discordie, alcuni popolani, fra' quali Dino, si consigliano insieme e per assicurare il Popolo dalla prepotenza dei Grandi, istituiscono il Magistrato delle Arti o de' Priori (1280-82). L'istituzione del Priorato segna, nella storia di Firenze, le origini del reggimento democratico, undici anni appresso rafforzato dagli Ordinamenti di Giustizia che Dino illustrerà nei capp. x1 e segg.

1 I Guelfi che erono più potenti.

minciorno di giorno in giorno a contrafare a' patti della pace. Prima tolsono i salari a' confinati; poi a chiamare gli ufici senza ordine; i confinati feciono ribelli: e tanto montò il soprastare, che levorono in tutto gli onori e' benifici a' Ghibellini, onde accrebbe tra loro la discordia. Onde alcuni, pensando ciò che ne poteva avvenire, furno con alcuni de' principali del popolo, pregandoli ci ponessino rimedio, acciò che per discordia la terra non perisse. Il perchè, alcuni populari gustando le parole si porgieno,

Intendi, non già, come a prima giunta parrebbe, «< i Guelfi (così grandi come popolani), i quali erano più potenti dei Ghibellini », ma« coloro, tra i Guelfi, che erano più potenti », cioè «<i Guelfi Grandi; spiegazione che è confermata e da ció che segue nel cap., e da I, II, 8; vII, 1. Della nuova discordia co'Ghibellini Dino adunque chiama in colpa que'medesimi Guelfi Grandi, le cui discordie co' guelfi popolani avanti l'80 erano state (cfr. cap. m) cagione involontaria della pace: irrequieti sempre.

2 Contrafare. « Far contro, Contravvenire, Mancare ». - Salari. Cfr. cap. antecedente.

3 Poi a chiamare ecc. Sottintendi << presero, cominciarono, si dettero ». Chiamare gli ufici o l'uficio,« eleggere i magistrati », e più specialmente il magistrato supremo della città o stato. Cfr. III, II, 11: « chiamorono il nuovo <uficio de' Priori »; e Fatt. Ces., ed. Banchi, p. 42: «... per essere in Roma lo giorno che si chiamavano li offici; perciò che elli (Cesare) aveva speranza d'essere quello anno consolo ». In generale poi dell'uso antico di chiamare per eleggere », cfr. Vocab. Crusc., Va impr. Tutta la frase adunque chiamare gli ufici senza ordine vale eleggere i magistrati senza osservare gli ordini e i patti stabiliti dal Cardinale paciaro, e specialmente quella proporzione tra Guelfi e Ghibellini ». Cfr. VILLANI, VII, LXXIX (MALISPINI, CCXXXI): « ai Guelfi non piacea << la consorteria nell'ufficio coi Ghi« bellini ».

4 I confinati feciono ribelli. [Furno, invece di feciono, il ms. A]. I confinati (intendi qui dei ricordati sulla fine del cap. preced.) o «condannati al confino », cioè all'esiglio in un determinato luogo, erano fatti rubelli o ribelli, e come tali

afflitti di più grave pena, se o erano contumaci alla sentenza o rompevano il confino. Cfr. II, xxv, 42; xxix, 16, 17, 25; e luoghi ivi cit.

5 Montò il soprastare. « Crebbero le prepotenze, i soprusi ».

6 Gli onori e'benifici. Intendi, « la partecipazione alla cosa pubblica, il godimento de' propri beni, i privilegi e diritti particolari ». Cfr. I, 11, 6.

7 Tra loro. «Tra i Guelfi e i Ghi« bellini ».

8 Alcuni, pensando ecc. « Alcuni cittadini dell'ordine dei popolani (vedremo fra poco, I, v, 7, in quali ordini si distinguesse la cittadinanza fiorentina), pensando ai pericoli che per tali discordie correva novamente la città, e sempre per colpa dei Grandi, ebbero ricorso ad alcuni delle principali famiglie popolane, acciò che ecc. » Il Villani (VII, LXXIX; MALISPINI, CCXXI) ci dice che questo trovato e movimento << si cominciò per li Consoli e Consiglio dell'Arte di Calimala, della quale << erano i più savi e possenti cittadini << di Firenze ».

9 La terra non perisse. « La città non incorresse in grave danno o pericolo». Rammenta il romano «ne quid <res publica detrimenti caperet»; che da un contemporaneo di Dino (Fatt. Ces., ed. Banchi, p. 14) vediam tradotte (SALLUST., Catilin., XXIX) appunto con la medesima frase che

Roma per non provedenza non pe«risse il San Concordio, ed. Puoti, XXI: << che la repubblica non avesse «dannaggio), ripetuta dal Nostro in II, v, 11; xvIII, 31. Il Livio trecentistico (III, IV): « Provedesse si che il Co<<mune di Roma non ricevesse danno ».

10 Alcuni populari gustando ecc. [Populari, il ms. A e l'ed. MT; popolani, gli altri mss. e edd.]. « Appro

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si raunorno insieme sei cittadini popolani, fra' quali io
Dino Compagni fui, che per giovanezza non conosceva
le
pene delle legge, ma la purità dell'animo e la cagione
che la città venìa in mutamento. Parlai sopra ciò, e tanto
andammo convertendo cittadini, che furno eletti tre cit-
tadini capi dell'Arti, i quali aiutassino i mercatanti e
artieri dove bisognasse: i quali furno Bartolo di messer
Iacopo de' Bardi, Salvi del Chiaro Girolami, e Rosso Ba-
cherelli; e raunoronsi nella chiesa di Santo Brocolo. E
tanto crebbe la baldanza de' popolani co' detti tre, ve-
dendo che non erano contesi; e tanto gli riscaldorno le
franche parole de' cittadini, i quali parlavano della loro
libertà e delle ingiurie riceute; e presono tanto ardire,

vando alcuni cittadini di parte popolare
le parole che venivano loro rivolte ».

11 Che per giovanezza ecc. «Ch'es-
sendo ancor giovane (cfr. Proemio) non
intendevo, per manco d'esperienza, tutta
la gravità delle leggi che sentivo in
quelle radunate proporre contro i Gran-
di; ma avevo bensi coscienza delle mie
rette intenzioni, e vedevo la necessità
di porre un rimedio o un freno alla
baldanza de' Grandi stessi, la quale era
perpetua cagione alla città di mutamenti
e disordini ». E su questo ultimo punto
parlò Dino a' suoi cinque colleghi.

12 Convertendo cittadini. « Persuadendoli, tirandoli dalla nostra ».

13 Furno eletti ecc. « Furono eletti come capi, a capi, delle Arti »>, ciascuna delle quali aveva i suoi rettori, che chiamavansi Consoli o Capitudini; ma questi Priori furono il Magistrato supremo di esse tutte, e poi di tutto il Comune. Le Arti fiorentine, costituite normalmente nel 1266 (cfr. I, 111, 2), erano ventuna: sette maggiori e quattordici minori. Maggiori le seguenti: Giudici e Notai; Mercanti di Calimala; Cambiatori o Banchieri; Medici e Speziali; Lanaiuoli; Setaiuoli; Pellicciai. Minori: Beccai; Calzolai; Fabbri; Galigai; Muratori; Vinattieri; Fornai; Oliandoli; Linaiuoli; Chiavaiuoli; Corazzai; Coreggiai; Legnaiuoli; Albergatori. Poi furono dodici le maggiori (aggiunte alle prime sette le cinque seguenti), e nove le minori; e ciò dopo la battaglia di Campaldino (cfr. VILLANI, VII, CXXXIII).

14 I mercatanti ed artieri. Mercante, o Mercatante, è colui che traffica o negozia; Artiere, Artigiano, Chi professa o esercita un'arte meccanica. «Merca<< tanzia, arte, o mestieri » in G. VILLANI, VII, CXXXII.

15 I quali furno ecc. Il primo, pel Sesto d'Oltrarno e per l'Arte di Calimala o de panni franceschi; il secondo pel Sesto di San Pancrazio e per l'Arte della lana; il terzo, pel Sesto di San Piero Scheraggio e per l'Arte de' cambiatori. G. VILLANI, VII, LXXIX. Delle Arti, cfr. not. 13. Gli altri tre Sesti (cfr. G. VILLANI, VI, XL) erano di Borgo, di Porta del Duomo, di Por San Piero.

16 Nella chiesa ecc. [Brocolo, idiotismo fiorentino; cfr. II, xvII, 15; Procolo, i mss. E, F, H, L, N, Q, s; e le edd. T, в]. Innanzi che il supremo magistrato avesse ferma sede, fu, scrive il Machiavelli (II, x1), « prima consuetu«dine, che i magistrati e i consigli per « le chiese convenissero ».

17 Co' detti tre, vedendo ecc. « Avendo questo lor magistrato, e vedendo che la istituzione del medesimo non era combattuta, anzi pigliava piede ». Esso però ancora per non pochi mesi partecipò l'autorità con l'altro magistrato dei Quattordici istituito nel 1280, il quale poi venne a mancare.

18 Gli riscaldorno. Avverti che si riferisce, non a popolani, ma ai tre; i quali sono che poi presono ardire e feciono ordini e leggi ecc. [Manca l'e innanzi a presono nel ms. A].

che feciono ordine e leggi, che duro sarebbe suto di rimuoverle. Altre gran cose non feciono, ma del loro debile principio ferono assai. Il detto uficio fu creato per dua mesi, i quali cominciorno addì xv di giugno мCCLXXXII: il quale finito, se ne creò sei, uno per sestiero, per dua mesi, che cominciorno addì xv d'agosto MCCLXXXII. E chiamoronsi Priori dell'Arti: e stettono rinchiusi nella torre

19 Ordine e leggi che ecc. Ordini e leggi di tal natura, che difficilmente si poteva eluderne l'applicazione; sarebbe stata difficil cosa (duro) rimuoverle, cansarle ». Insomma i Tre avevano voluto che le nuove loro leggi fossero effettive e reali, non, come le più volte accadeva in quelle frequenti riforme dello stato, illusorie e di nissuna conseguenza. Di ordine plur., cfr. NANNUCCI, Teorica dei nomi, p. 297: men comune di legge pure plur., che parecchie volte qui

ricorre.

20 Del loro debile principio ecc. Rispetto alla loro condizione d'essere la prima signoria popolana, per il loro debole principio (cfr. G. VILLANI, III, II: Ella si mostrava da lungi e di

fuori la più bella e rigogliosa città, « del suo piccol sito, che si trovasse »), fecero assai ». Cfr. innanzi, 17.

21 Il quale finito, se ne creò sei. Il quale ufficio finito, cioè per gli eletti al primo bimestre, si elessero non più tre ma sei cittadini ecc. » Cosi se n'ebbe uno per ogni Sesto (cfr. not. 15), e per ciascuna di sei Arti maggiori; aggiun gendosi, alle prime, altre tre, de' Medici e Speziali, Setaiuoli, Pellicciai. « Poi, << di tempo in tempo, vi furono aggiunte << tutte l'altre infino alle dodici maggiori « Arti: ed eranvi de'grandi come de' po< polani, uomini grandi di buona fama <e opere, e che fossono artefici o mer<< catanti ». G. VILLANI, VII, LXXIX. Talvolta si ammessero anche da tutte ventuna le Arti. A ogni modo, l'essere scripti pro magistris nella matricola di alcuna delle Arti era la prima condizione, così pe' Grandi come pei Popolani, a poter sedere de' Priori. «< Po

tessero essere (dice il Machiavelli, << II, XI) popolani e grandi, purchè fus

sero mercatanti o facessero arti ». Nel 1293 poi vedremo (I, x1) che furono dal priorato esclusi i Grandi.

22 Priori dell'Arti. « Il quale nome Priori dell' Arti viene a dire i primi << eletti sopra gli altri; e fu tratto dal

Santo Vangelio, ove Cristo disse a'

<< suoi discepoli: Vos estis priores ». G. VILLANI, VII, LXXIX. E il Machiavelli (II, x1): « Benchè nel principio gli chia<< massero solamente Priori, nondimeno << di poi per maggiore magnificenza il << nome di Signori gli aggiunsero ». E << Signori » assolutamente li chiamarono, e Signoria ». La istituzione del Priorato, magistrato tutto popolare, segna nella storia di Firenze il principio e il carattere della sua democrazia; come (cfr. I, III, 2) la istituzione del Capitanato di Parte Guelfa determinó il colore politico di questo Comune. Quanto al modo di eleggerli, dapprima si tenne il medesimo che già peí Quattordici; cioè che i vecchi, con partecipazione di alcuni cittadini a ciò richiesti, eleggessero i nuovi: poi vi parteciparono le Capitudini delle Arti maggiori: nel 93 gli Ordinamenti di Giustizia regolarono anche questa parte della costituzione fiorentina (cfr. I, x1, 18).

23 Stettono ecc. I Priori, durante il bimestre del loro ufficio, erano mantenuti e alloggiati dal Comune, e vietato loro d'uscire se non se per causa pubblica. Cfr. G. VILLANI, I. c.: « Furono << rinchiusi per dare audienza, e a dor« mire e a mangiare alle spese del Co<<< mune, nella casa della Badia dove an<< ticamentę... si raunavano gli Anziani, << al tempo del popolo vecchio, e poi «<i Quattordici ». Il Palagio de'Priori, o della Signoria, non esisteva ancora. Quella che Dino chiama Torre della Castagna, e che anc'oggi sorge sulla piazza di S. Martino, dirimpetto alle case degli Alighieri, è medesimamente la casa della Badia » accennata dal Villani; cioè di proprietà de' Monaci Benedettini della Badia di Firenze. L'indicazione del Villani è anche di maggior esattezza topografica in VII, LVI, dove la chiama «la casa della Ba<< dia di Firenze, sopra (cioè « passata ») « la porta (della Badia stessa) che va << a S. Margherita ». Ed ivi stesso dicendo che i XIV Buonomini del Cardinal Latino abitavano « in su» la detta

della Castagna appresso alla Badia, acciò non temessino le minacce de' potenti: e potessino portare arme in perpetuo: e altri previlegi: e furono dati loro vi famigli e Vi beruvieri.

V. Le loro legge in effetto furno, che avessino a guardare l'avere del Comune, e che le signorie facessino ragione a ciascuno, e che i piccoli e impotenti non fussino oppressati da' grandi e potenti. E tenendo questa forma, era grande utilità del popolo: ma tosto si mutò, però che i cittadini che entravono in quello uficio, non attendevano a osservare le legge, ma a corromperle. Se l'amico o il parente loro cadeva nelle pene, procuravono colle signorie e cogli uficiali a nascondere le loro colpe, acciò che rimanessino impuniti. Nè lo avere del Comune non guardavano, anzi trovavono

casa, accenna evidentemente a torre, cioè a questa della Castagna. Vedi G. B. UCCELLI, Della Badia fiorentina; Firenze, 1858; p. 97.

24 Accio non temessino ecc. « Acciò fossero sicuri dalle ecc. » Potenti, intendi«< i Grandi ».

25 E potessino ecc. Qui è ellissi; nè questo verbo è retto dalla congiunzione accio, come è temessino; ma sottintendivi« fu decretato, statuito, che potessino ecc. », coordinando a chiamoronsi, stettono rinchiusi, ecc. In perpetuo vale « sempre, durante l'ufficio del priorato ».

26 E altri previlegi. [ Previlegi, il ms. A e l'ed. MT; brivilegi, i mss. B, C, E, H, 0, S; privilegi, gli altri e le edd. MN, T, B. In tutti poi e mss. e edd. alla parola previlegi segue ebbono, salvo che nel ms. A].

27 Famigli... berurieri. Famiglio è « Donzello o Servo d'alcun magistrato»: Beruviere, Berroviere, Birroviere (provenzale, berrovier; antico francese, berruier), « Uomo armato che questo tiene per la esecuzione de' propri ordini »; oggi « Birro o Sbirro ». Cfr. G. VILLANI, VII, LXXIX: MALISPINI, CXXXI: << Fu ordinato a'detti Priori << sei berrovieri e sei messi per richie<< dere i cittadini ». [Beruvieri, il solo ms. A; berroveri, a; berroverii, L; gli altri, e tutte le edd., berrovieri].

V. I nuovi magistrati fanno mala prova per disonestà e avarizia, favorendo i Grandi di Parte Guelfa (1282).

1 Avessino ecc. Intendi, essi medesimi i Priori dovessero custodire l'erario pubblico.

2 Signorie. Intendi i magistrati specialmente deputati all' amministrazione della giustizia », che per ordinario vedremo chiamarsi (cfr. I, xII, 6) Rettori, ed erano il Potestà e il Capitano. Presso i nostri antichi, Andare in signoria significava appunto « Andare a prendere od esercitare alcuna di queste magistrature », alle quali venivano sempre chiamati cittadini d'altro paese.

3 Che i piccoli e impotenti ecc. Cfr. appresso, not. 8. Fatti di Cesare, ed. Banchi, p. 59: « Che li possenti non << tollessero a l'impotenti».

4 Procuravono colle signorie e cogli uficiali. « Brigavano, si adoperavano presso ecc. » Seguo l'autorità de' mss. rigettando e cogli ufici [lezione del solo ms. A, e di tutte le edd., fuorchè della T.. Infatti qui si parla degli Ufficiali delle signorie (cfr. innanzi, not. 2), cioè dei Giudici e altri ministri che i Potestà e i Capitani si traevan seco come propri ufficiali (cfr. I, XVI, 5): laddove« uffici » vedremo (I, XII, 6) avere storicamente un significato del tutto diverso. Corrisponde

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