Sayfadaki görseller
PDF
ePub

non

modo come meglio il potessino rubare: e così della camera del Comune molta pecunia traevano, sotto protesto di meritare uomini l'avessino servito. L'impotenti erono aiutati, ma i grandi gli offendevano, e così i popolani grassi che erano negli ufici e imparentati con grandi: e molti per pecunia erono difesi dalle pene del Comune, in che cadevano. Onde i buoni cittadini popolani erano malcontenti, e biasimavano l'uficio de' Priori, perchè i Guelfi grandi erano signori.

VI. Arezzo in quel tempo si governava pe' Guelfi e Ghibellini per egual parte, e erano nel reggimento di pari, e giurata avieno tra loro ferma pace. Onde il popolo si levò,

esattamente a questa frase, e conferma la nostra lezione e interpetrazione, un'altra di Dino (I, xm, 18): i rettori e gli uficiali. Per un uso di questa parola uficiali più ampio, cfr. III, xxii, 5.

5 Camera del Comune. « Camera si disse il Luogo dove si conservavano « i denari del pubblico o del principe, <e l'Erario medesimo ». Vocab. Crusc., Va impr.

6 Meritare. «Rimeritare, Ricompensare, persone che essi dicevano aver reso servigi al Comune ». Cfr. II, xx11, 15.

7 Impotenti... grandi... popolani grassi. Tre ordini si distinguevano nella cittadinanza fiorentina: i grandi, o nobili; i popolani ricchi, per la più parte mercanti e addetti alle Arti maggiori, e chiamavansi il popolo grasso, o assolutamente popolani; e la plebe, o popolo minuto, o minuti artefici, cioè delle Arti minori. Si noti bene tal distinzione; perchè questi gruppi verranno, nell'istoria di Dino, atteggiandosi variamente e continuamente: e di quante fazioni si crearono in Firenze, quella diversità di condizione sociale le alimentó tutte, quando pure essa medesima non le produsse. [Imparentati co'grandi, i mss. C, E, F, H, I, K, M, S, e tutte le edd.].

8 Per pecunia erono difesi. « Col danaro ottenevano che non si applicassero loro le pene nelle quali fossero incorsi, ancorachè sancite dalle leggi del Comune ».

9 Biasimavano ecc. « Accusavano la novella magistratura dell'inconveniente di questa disonesta lega fra i popolani

grassi e i Grandi guelfi, in conseguenza della quale costoro, del resto più ricchi e potenti, erano come i padroni della città ».

VI. Origine della guerra d'Arezzo, pel favore concesso da' Fiorentini ai Guelfi cacciati da quella città (1282.... 1289). La guerra d'Arezzo оссира i capp. vI-x; ed entra in questa prima parte (capp. III-XIX), la quale notammo (cap. III) essere introduttiva, perchè essa guerra segna l'afforzamento in Toscana di quella parte Guelfa la cui successiva divisione in Firenze è il soggetto dell' istoria di Dino.

1 Pe' Guelfi ecc. « Da' Guelfi e Ghibellini insieme, partecipando gli uni e gli altri per egual porzione alla cosa pubblica»; intendasi però, solamente dai Grandi, così dell' una parte come dell'altra. I Grandi, cosi Guelfi come Ghibellini, erono nel reggimento di pari, cioè in pari condizione »; il popolo n'era affatto escluso. Perciò l'A. passa alla proposizione seguente, mediante quell'avv. di causa o ragione, onde.

2 Onde il popolo si levo. Arezzo era città più di nobili e signori di contado, che di popolo commerciante e ricco: perciò più feudale che democratica, più ghibellina che guelfa. Il trionfo del 1282 di parte guelfa in Firenze avea portati suoi effetti anche in altre città toscane; e al popolo aretino era stato occasione di sollevarsi ed ordinarsi a reggimento popolare, come quello di Firenze. Il Villani (VII, cxv), parlando di questa riforma popolare del governo

e feciono uno della città di Lucca che si chiamava Priore, il quale condusse il popolo molto prosperevolmente, e i nobili costrigneva a ubbidire le leggi. Li quali s'accordorno insieme, e ruppono il popolo; e lui presono e missono in una citerna, e quivi morì.

I Guelfi d'Arezzo stimolati dalla parte guelfa di Firenze di cercare di pigliare la signoria, ma che fare non lo sapessono, o non potessino, i Ghibellini se ne avviddono, e caccioronli fuori. I quali vennono a Firenze a dolersi de❜loro

d'Arezzo, dice che in Arezzo << si era «< creato popolo ». Ciò dovette essere poco dopo il 1282. Sotto la data dell'84 gli Annales Arretini (MURATORI, Rerum italic. script., XXIV, 861) accennano a spedizioni della città contro il suo Vescovo ghibellino: il che farebbe credere che in quell'anno Arezzo, della cui storia medievale si hanno scarse notizie, avesse governo guelfo e popolare.

3 Feciono uno ecc. « Elessero, nominarono, un lucchese alla suprema magistratura, col titolo di Priore ». Dice la forma di governo popolare che si erano data «< con l'esempio di Firenze » (AMMIRATO, I, 304) gli Aretini. Fecero è usato assolutamente per « Fecero lor magistrato ». Cfr. G. VILLANI (l. c.): « Es<< sendo... fatto uno caporale, che chia<<mavano il Priore del popolo »; e AMMIRATO (1. c.): « Costituirono un «< capo, chiamato Priore del popolo »; e Leonardo Aretino, (Histor. flor., I, 382): « Exemplo Florentinorum permoti, « Priorem Artium sibi creaverant vi«rum quemdam popularem ac nobili<< tati maxime infestum ».

4 Uno della città di Lucca, Il nome di costui, taciuto anche dal Villani (1. c.), è accennato dall'Aretino (l. c.) « Guelfo << huic nomen fuit »; e in Cronisti lucchesi manoscritti è chiamato messer Guelfo Falconi da Lombrici, villata presso a Camaiore in quel di Lucca. Al governo d'Arezzo, insieme con Guelfo, era, come Potestà, un altro lucchese, messer Bernardo Lanfredi : « Dom. Ber<< nardus Lamfredi de Luca..., Priore « Artium dom. Guelfo de Luca » (Annales. Arret. cit., 1. c.). Forse questa combinazione de' due lucchesi fece dubbio a Dino e poi al Villani il nome del Priore, e perciò lo tacquero. Il caso di Arezzo, che, fattasi guelfa, prende ambedue i rettori da città guelfa come

Lucca, riscontra a quel di Firenze, che, rifacendosi guelfa nel 1267, alla guelfa Orvieto manda anch'essa «per Potesta e Capitano». Cfr. G. VILLANI, VII, XV; BONAINI, Comment. Part. Guelf., II, 284.

5 S'accordorno insieme. I Grandi che fecero lega nel 1287 contro il governo popolare e il Priorato, furono, come dice l'Ammirato (I, 305) «< indi<< stintamente guelfi e ghibellini »: capo de' Grandi guelfi, Rinaldo Bostoli; de' ghibellini, Tarlato Tarlati.

6 Lui. « Il priore ». Il Villani, I. c.: << Presono il detto priore, e feciongli << cavare gli occhi ». E così l'Ammirato. Dino aggiunge il particolare della cisterna, e dice espresso ch'e'vi mori. I Cronisti lucchesi, sovraccennati, dicono solamente che fu fatto prigione dal Vescovo ghibellino, e rinchiuso nella rocca di Civitella, dove, secondo l'Aretino (1. c.), aveva poc'anzi tenuto assediato il Vescovo medesimo. L'Aretino poi narra che fosse accecato e rimandato << foedum spectaculum suis civibus ».

7 I Guelfi d'Arezzo ecc. Così i mss. A, D, F, G, I, K, L, P, R; i G. d'A. erano, o furono, stimolati ecc., gli altri mss. e le edd. Noi conserviamo quella specie di anacoluto, dove la cong. ma è interposta presso a poco come l'avv. onde nel secondo periodo di I, III. In periodi la cui apodosi si appoggia, come nel 1. c., a un gerundio, o, come in questo, a un participio, siffatte irregolarità di costrutto sono familiari ai trecentisti]. Il Villani (1. c.), seguito dall' Ammirato (1. c.), dice che furono i Ghibellini i quali « tradi«<rono i Guelfi e gl'ingannarono per << rimanere signori », ed ambedue narrano il come. Dino, forse più leale del guelfissimo Villani, che, per usare una frase del Nostro (I, 1), talvolta « tra<< scorre nel dire e corrompe il vero », Dino, più credibile testimonio di quei

avversari: coloro che li avevano consigliati, gli ritennono, e presongli aiutare. I Ghibellini, nè per inbasciate nè per minacce avessino da Firenze, non li accettorno; e richiesono gli Uberti, Pazzi di Valdarno e Ubertini, e 'l Vescovo,

fatti, confessa, sebbene guelfo anch'esso, essere stati i Guelfi aretini primi a tentar tradimento, a istigazione dei Fiorentini; il quale scoperto, aver cagionato la loro cacciata. Leonardo Bruni d'Arezzo, la cui autorità è di maggior peso in questi fatti della città sua nativa, dicendo (I, 384) che i Guelfi dettero occasione a sospetti (« suspicioni

bus coortis »), e che perciò furono con frode cacciati dai Ghibellini, viene a confermare il racconto di Dino. Quanto al guelfismo del Villani, il Muratori (Rerum italic. scriptor., XIII, 3) giustamente ammonisce, doverglisi prestar poca fede nella narrazione delle vicende di parte guelfa e ghibellina, da'tempi di Federigo II in poi.

8 Coloro ecc. « I Guelfi di Firenze ». 9 Ritennono ecc. « Confortarono a rimanere in Firenze, Ospitarono ». Questa emigrazione aretina rifuggita in Firenze, e che cagionò la guerra fra le due città, si componeva di due specie di cittadini: « Erant duae factiones Are<tio pulsae: una ex plebeis, qui Priorem << Artium secuti fuerant; altera ex no

bilitate, per fraudem postmodum eie«cta ». L. ARETINI, 1. c. [Presongli a aiutare, le edd. MN, B, conforme ai mss, D, E, G, H, L, S].

10 I Ghibellini. D'Arezzo.

11 Accettorno. « Riammessero in città ». [Ammetterono, i mss. B, C, E, H, N, O, S, e la ed. T.].

12 Richiesono. Cioè, « d'aiuto d'armi contro ai Fiorentini ». Cfr. I, vii, 7; III, XXVII, 14. Il Villani e l'Ammirato (cfr. not. 7) pongono questa radunata di Ghibellini, innanzi la cacciata da Arezzo de Guelfi; dicendo anzi che a questo fine fu fatta.

13 Uberti ecc. Gli Uberti erano, come sappiamo (cfr. I, 1, 23), i capi de Ghibellini di Firenze, e perpetuamente fuorusciti (cfr. II, xxix, 9; III, vii, 9): i Pazzi del Valdarno (superiore), da non confondersi con quelli di Firenze, erano un lato guelfi, e un lato ghibellini: ghibellini e del Valdarno di sopra, gli Ubertini, consorti dei Pazzi, e con essi sempre congiuntissimi in quelle vicende delle due fazioni.

14 E'l Vescovo ecc. « Guglielmino degli Ubertini di Valdarno », lo chiama

il Villani (VII, cx); e« Ubertini » dicono la più parte degl' istorici, salvo un altro antico, Simone della Tosa (Annali, ad an. 1289), il quale anch'esso nominando il Vescovo, aggiunge «< che era << de' Pazzi di Valdarno ». E veramente degli Ubertini era il Vescovo (« Essendo << padre del mio vescovado L'altro degli « Ubertin franco et ardito » SER GORELLO, Cron. d'Arezzo, in Rerum italic. scriptor., XV, 822); rispetto al quale, l'attribuzione dell'altro cognome, che dal medesimo Della Tosa in altro luogo (ad a. 1286) gli è pur dato, può avere avuto origine dalla coesistenza di quel messer Guglielmo de' Pazzi, anch'esso mescolato nelle medesime vicende, come vedremo pure dal Nostro, e parente di esso vescovo, e con lui morto a Campaldino: specialmente che trattandosi di Vescovo, e' non era comunemente ricordato, e cosi lo troviamo sottoscritto anche nella pace del cardinal Latino, se non per « Guillelmus Epi« scopus », e nulla più. I due cognomi poi, Übertini e Pazzi, si trovano, neg'i storici, l'uno all'altro frequentemente congiunti (cfr. quivi stesso il Nostro, Pazzi di Valdarno e Ubertini), come per sangue erano, secondo che avvertimmo, le famiglie. Cfr. specialmente l'Aretino, op. cit., che in un luogo, ̧ fra gli altri, li nomina come rappresentanti gli uni e gli altri le forze ghibelline e feudali del contado: «... ....... Pactiorum <«<et Ubertinorum potentiae infestus; << quorum castella pluribus locis cum << evertisset ecc.» (I, 382); e altrove (386): << Pactii et Ubertini, et huiusmodi ho<< mines, quietis simul libertatisque ho«<stes »; e in altro passo poi ci rende perfettamente capaci come il Compagni e il Della Tosa potesser chiamare de' Pazzi il vescovo Guglielmino: «... Guil<«<lelminus praesul, una cum Ubertinis «<et Pactiis, ex quibus ipse oriundus << erat ecc.: dove, a rigor di grammatica, il « quibus » non potrebbe riferirsi che a Pactiis »; e così l'Aretino, autorevolissimo, confermerebbe il detto del Nostro; ma io credo, ripensandoci bene, che Lionardo, il quale di genealogie attinenti alla sua Arezzo dove conoscersi assai più del Compagni, altro non volesse significare se non la paren

che sapeva meglio gli ufici della guerra che della chiesa, il quale era de' Pazzi, uomo superbo e di grande animo. Era prima scaduta una diferenzia tra lui e' Sanesi per uno suo castello gli avevan tolto, la quale era rimessa nella parte guelfa di Firenze: e volendo la parte aiutare i Sanesi e gli usciti d'Arezzo, nimicando il Vescovo, ingenerò gran discordia tra i Fiorentini e il Vescovo e i Ghibellini. Per che ne seguì la terza guerra de' Fiorentini in Toscana, nel мCCLXXXIX.

tela di Guglielmino con ambedue quelle famiglie. Tanto più che in quel medesimo passo, a distanza appena di tre linee, è detto pure del vescovo che « per «gentilium agnatorumque favorem su«blevatus, tyrannidem invasit ». Il passo però dello storico quattrocentista è, ripeto, più che sufficiente per giustificare lo sbaglio, chè sbaglio è di certo, dei due trecentisti fiorentini.

15 Sapeva meglio ecc. « Più uomo « d'arme che d'onestà di chericia >> G. VILLANI (1. c.). E AMMIRATO (I, 301): « Di sua natura più inchinato alle ope«re della guerra che a' fatti della re<< ligione >>.

16 Scaduta. « Occorsa, Accaduta ». 17 Una diferenzia ecc. La racconta il Villani (VII, cx) sotto l'anno 1286. Il castello era Poggio Santa Cecilia (sulla foce dei poggi che separano la Val di Chiana da quella dell''Ombrone senese; «< castrum Caeciliae, admodum << natura munitum, in finibus aretini << agri Senas versus » L. ARETINI, op. cit., p. 380), ed apparteneva al Comune di Siena, al quale fu ribellato dal Vescovo; e dopo un assedio di cinque mesi ripreso da' Senesi, con l'aiuto dei Fiorentini e della lega Guelfa toscana, e disfatto dalle fondamenta. Anche qui Dino differisce dal Villani; secondo il il quale, Poggio Santa Cecilia era de' Senesi e ribellato loro dal Vescovo, e così dice anche il Della Tosa (Cronica, ad ann.), laddove Dino lo farebbe proprietà del Vescovo e a lui tolto da Senesi. Questa volta però s'appone il Villani, avendosi da documenti (REPETTI, Dizion. geogr. fis. stor. della Toscana) che pochi anni avanti, cioè nel 1271, Poggio Santa Cecilia dipendeva dal Podestà di Siena; salvo che il Compagni abbia, dicendo suo castello, voluto significare solamente giurisdizione ecclesiastica,

perocchè era nella diocesi aretina. Dal confronto delle date apparisce eziandio che quell' arbitrato al quale fu, secondo Dino, chiamata in tal quistione la Parte Guelfa di Firenze, dovett'essere dopo il racquisto e la distruzione del castello per opera de Senesi, ed a fine, forse, di giudicare se al Vescovo spettassero indennita, o simili. E il silenzio del Villani su questo arbitrato, i cui responsi, pare, un po' pregiudicati in favore de Sanesi e usciti d' Arezzo, furono una delle cagioni della guerra aretina, quel silenzio, dico, è nuovo argomento (cfr. not. 7) della parzialità di messer Giovanni e della schiettezza di Dino, ancorachè Guelfo come lui.

18 E volendo ecc. Ho corrette le stampe, che tutte punteggiano così: E volendo la parte aiutare i Sanesi, e gli usciti d'Arezzo nimicando il Ve

scovo ecc.

19 La terza guerra de' Fiorentini in Toscana. Intendi, non che i Fiorentini due altre sole volte avessero avuto fin allora a sostener guerra in Toscana, chè pur troppo le furono assai più: ma che questa con gli Aretini fu la terza nimicizia ch'essi contrassero con città toscane, e cagione di guerre; ossia, che Arezzo fu la terza citta, fra le maggiori di Toscana, a cui il Comune di Firenze dichiarò guerra. Le altre due erano state Pisa e Siena.

20 Nel MCCLXXXIX. Cominciò veramente l'anno innanzi, cioè nella primavera del 1288 (cfr. VILLANI, VII, cxx seg.; ARETINO, III; AMMIRATO, III): ma perchè nell'89 fu rinnovata e decisa con la rotta di Campaldino, così Dino dalle cagioni della guerra, ampiamente discorse, scende subito a quest'ultima parte; non tessendo egli la storia di quel fatto, ma solamente volendo porne in luce gli ef fetti. Cfr. not. al tit. di questo cap.

VII. I Guelfi fiorentini e potenti avevano gran voglia andare a oste ad Arezzo: ma a molti altri, popolani, non pareva; sì perchè dicevano la impresa non essere giusta, e per sdegno avevano con loro degli ufici. Pure presono a soldo uno capitano, chiamato m. Baldovino da Soppino, con quattrocento cavagli: ma il Papa lo ritenne, e però non venne.

Gli Aretini richiesono molti nobili e potenti Ghibellini di Romagna, della Marca, e da Orvieto e mostravano gran franchezza di volere la battaglia, e acconciavansi a difendere la loro città, e di prendere il vantaggio a'passi. I Fiorentini richiesono i Pistolesi, i Lucchesi, Bolognesi, Sanesi, e Samminiatesi, e Mainardo da Susinana gran capitano, che aveva per moglie una de'Tosinghi.

VII. Disposizioni e preparativi alla guerra dall' una parte e dall'altra (1289).

1I Guelfi fiorentini e potenti. Fra i Guelfi, i Grandi »; opposto a popolani, che segue. Cfr. I, iv, 1; in, 8. [Manca l'e innanzi a potenti nei mss. F, 1].

2 Non essere giusta. Due fatti, secondo Dino (cfr. cap. anteced.), dettero cagione alla guerra d' Arezzo: la cacciata de Guelfi da quella città; e la quistione del castello di Poggio Santa Cecilia. Nell' uno e nell'altro il torto era de Fiorentini: imperocchè della cacciata essi medesimi ebbero la colpa (cfr. I, VI, 7), che stimolavano i guelfi d' Arezzo a sopraffare i ghibellini testè rappacificati; e quanto al castello, cfr. I, vi, 17.

3 Per sdegno.. degli ufici. « Sdegno che i Guelfi grandi si prendessero la maggior parte degli ufficí, escludendone i Guelfi popolani ». Cfr. I, v, 9; e quanto alla maniera, cfr. l'altra simile in I, II, 5. E M. STEFANI, Istor. fior., IV, ccxvII: «Sdegnoso per gli ufici che non avea ».

4 Presono. Qui sottintendi, come soggetto, i Guelfi fiorentini, cosi grandi come popolani, o addirittura, i Fiorentini.

Baldovino da Soppino. « Signori « da Supino », li chiama il Villani (VIII, LXII), potente famiglia di baroni della Campagna di Roma: ed ecco come il Papa poteva ritenere questo messer Baldovino, cioè impedirgli di venire al soldo de' Fiorentini; perchè poi e con qual fine, vedilo dalla nota seg.

6 Papa. Era pontefice Niccolò IV; del quale dice il Villani (VII, cxIx), che << favorò molto parte ghibellina occul<< tamente, e tutta sua famiglia erano << ghibellini ».

7 Richiesono ecc. Cfr. I, vi, 12. 8 Marca; intendi, d'Ancona. Cfr. III, XVII, 12.

9 Prendere ecc. « Occupare i luoghi più importanti e vantaggiosi sulla via che avrebbe tenuta il nemico ». Cfr. I, XXI, 31.

10 Mainardo da Susinana. Di Mainardo, o Maghinardo, Pagani da Susinana, rocca nella Romagna toscana, Signore di Faenza e d'Imola, che Dino ricorderà anche altre volte, leggi il bellissimo ritratto che ne fa G. Villani (VII, CXLIX). Alla sua prodezza, che in que' tempi gli meritò il popolare soprannome di « diavolo» (DANTE, Purg., XIV, 118) e di « leone» (Rer. ital. script., XV, 344), allude Dino con la frase gran capitano. Ghibellino d'origine, era guelfo in servigio del Comune di Firenze,per gratitudine ad esso come a tutore al quale il padre, morendo, avealo raccomandato fanciullo, che lo proteggesse dalle insidie di que' signorotti mugellesi e romagnoli. Castellano de'più ricchi e potenti, morendo nel 1302, divise tra le figliuole e altri congiunti i suoi molti possessi e feudi (Deliz. erud. tosc., X, 232 seg.); de'quali la maggior parte passó, per una di dette figliuole, negli Ubaldini (cfr. II, XXIX, 1, 13). Vedasi dal Nostro, che

« ÖncekiDevam »