Sayfadaki görseller
PDF
ePub

In quel tempo venne in Firenze il re Carlo di Sicilia, che andava a Roma; il quale fu dal Comune onoratamente presentato, e con palio e armeggerie: e da' Guelfi fu richiesto di uno capitano colle insegne sua. Il quale lasciò loro m. Amerigo di Nerbona, suo ba

quel valoroso ghibellino insieme e guelfo avea per moglie una fiorentina e di famiglia guelfa.

11 Re Carlo di Sicilia. Carlo II d'Angiò, detto lo Zoppo, figlio di Carlo I, re delle due Sicilie, delle quali però quella propriamente detta, cioè 'isola, già da tempo ribellatasi agli Angioini, era in mano degli Aragonesi. Egli stesso, lo Zoppo, venuto a mano del nemico in battaglia navale, ancor vivente il padre, rimase prigioniero dal giugno del 1284 al novembre del 1288. Di prigione, successe al padre nel reame di Napoli, nel qual senso Dino lo chiama re Carlo di Sicilia (il titolo proprio era re di Cicilia e di Puglia >>); e liberato dal suo carcere di Catalogna, e venuto in Provenza, di li tornò poi in Italia, e fu coronato dal pontefice in Rieti il 19 giugno 1289: dopo di che rientrò nel napoletano. Da Firenze passò su' primi di maggio, e vi si trattenne tre giorni (cfr. G. VILLANI, VII, cxxx).

12 Fu dal Comune ecc. La liberazione di Carlo e il suo ritorno in Italia erano un grande avvenimento per Parte Guelfa, la quale considerava gli Angiò, reali di Francia, come suoi naturali patroni e principi nella penisola (cfr. I, III, 2; II, III, 1; 1x, 16; III, XXIV, 25). Quindi le feste da Dino accennate, di corse di cavalli e giuochi d'arme. Cfr. G. VILLANI (1. c.): « Da' Fiorentini fu << ricevuto con grande festa, e fugli fatto grande onore e presenti da'Fiorentini ».

13 E con palio e armeggerie. [... presentato, e con palio e armeggerie trattenuto, il ms. Que le edd. MN, B; ma sembra a me una racconciatura arbitraria e non richiesta dalla sintassi, come dirò or ora. La mia lezione, e delle edd. MT, T, è di tutti gli altri mss.; salvo queste varianti: presentato, con palio e armeggerie, E, H, S; presentato, e con palio e armeggiare, D, G, L. Essa inchiude una ellissi assai forte, ma da non maravigliarne, chi conosca le proprietà e gli ardimenti della prosa trecentistica. Per ispiegarla, io credo che basti attribuire alla con forza equivalente ad un costrutto cosiffatto: << facendosi, inoltre (e), palio e ar

meggerie in suo onore »; e tale preferirei credere che fosse l'intenzione del dettator trecentista: ma chi ami una spiegazione più rigorosamente grammaticale può vedervi una specie di zeugma, inquantochè avendo Dino scritto onoratamente presentato, gli stesse innanzi al pensiero un onorato con presenti, e quindi seguitasse e con palio e armeggerie. Cfr. III, iv, 3; v, 8; e ÎI, ix, 2.

14 Armeggerie. « I curiosi dell'an<< tichità dicono che costoro (gli armeggiatori) erano giovani nobili a cavallo, << i quali vestivano a livrea con svolazzi << di zendado colorati; i quali cavalcando «< con staffe cortissime, quasi all'usanza << moresca, quando volevano romper le << lance nel saracino, si levavano ritti, << facendo della sveltezza della loro per<< sona bellissima mostra a'riguardan<< ti». AMMIRATO, I, 275.

15 Uno capitano colle insegne sua. Gli chiesero i Fiorentini, dice il Villani (VII, cxxx), « uno capitano di guerra,

e che confermasse foro di portare in << oste la insegna reale », cioè l'arme di Francia, stata già propria del Comune a tempo della signoria di Carlo suo padre. Ed ottenutala, dice altrove (VII, CXXIV) il medesimo Villani che << poi sempre l'usarono i Fiorentini in «<loro oste per la mastra insegna ». Capitano, o, secondochè ha il Villani e altrove (I, XXVII, 5) Dino stesso, capitano di guerra, intendi quello che propriamente chiamavano « Capitano generale della guerra»: al quale ufficio per quanto tempo il bisogno durasse, eleggevano un forestiere e gran signore. Quando non v'era un « Capitano generale della guerra », conducevano l'esercito o il Potestà, o il Capitano del Popolo, o i« Capitani di guerra », de' quali cfr. I, x, 4.

16 Amerigo di Nerbona ecc. Cioè, di Narbona in Provenza. Della sua poca pratica militare, confessata da Dino, tace, per la solita ragione (cfr. I, vi, 7, 17) del magnificare le cose guelfe, il Villani (1. c.), il quale anzi lo chiama << grande gentile uomo, e prode e sa«<vio in guerra ». Dal Villani stesso e da Simone della Tosa (Annal., ad

e gentile uomo, giovane e bellissimo del corpo, ma non molto sperto in fatti d'arme, ma rimase con lui uno antico cavaliere suo balio, e molti altri cavalieri atti e esperti a guerra, con gran soldo e provisione.

VIII. Il Vescovo d'Arezzo, come savio uomo considerando quel che avvenire gli poteva della guerra, cercava patteggiarsi co' Fiorentini, e uscire con tutta la sua schiatta d'Arezzo, e dar loro le sua castella del vescovado in pegno; e pelle rendite e pe' fedeli voleva, l'anno, fiorini MMM, i quali gli promettessi m. Vieri de'Cerchi ricchissimo cittadino. Ma i Signori che erano in quel tempo, erano in gran discordia: i quali furno m. Rug

an. 1289) sappiamo di Amerigo, che Carlo, nel lasciarlo a' Fiorentini, anzi, secondo il Villani, nel farlo venire a Firenze, fecelo cavalieri, chè non << era ». [ Gentiluomo, le edd. т, B, e i mss. E, F, I, L, S; gentilhuomo, B, C, G, H, N, P, Q; gentil' huomo, D, o; gentile huomo, A, M, e l'ed. MT; gentile uomo, K, R, e l'ed. MN].

17 Uno antico cavaliere suo balio. Di costui dà il nome il Villani (VII, cxxx1): messere Guglielmo Berandi », (così il ms. magliabech. II, 1, 135) « balio di << messere Amerigo di Nerbona ». Balio, intendi << Aio, Tutore, Educatore ». Altrove (VII, cxvII) il Villani: « Il conte

di Artese, il quale era balio e governatore di Carlo Martello giovane fi<< gliuolo di Carlo secondo ». Di questovecchio cavaliere », cfr. I, x, 19.

18 Molti altri cavalieri. « Il quale << messer Amerigo, con sua compagnia << intorno di cento uomini a cavallo, venne in Firenze colla detta cavalle<ria ». G. VILLANI, VII, Cxxx.

VIII. Trattato de' Fiorentini col Vescovo d' Arezzo; come impedito dagli Aretini (1289).

Dar loro ecc. Concedere a'Fiorentini, per un dato tempo, la signoria e le rendite delle castella o terre a lui soggette, che le ritenessero come pegno di sua osservanza alla promessa che non farebbe ad essi guerra, ed uscendo d'Arezzo con tutti i suoi parenti e consorti, priverebbe la città è la parte ghibellina di non piccola parte delle sue forze. Anche il Villani

(VII, CXXXI) parla del « trattato che 'l « Vescovo d'Arezzo avea tenuto co'Fio«<rentini, menato per messere Marsi«lio de' Vecchietti, di dare in guardia << a Fiorentini Bibiena, Civitella e tutte «<le castella del suo vescovado, avendo << ogni anno a sua vita cinquemila fio«rini d'oro, sicuro in su la compagnia << de Cerchi ». Anche un'altra volta, fra il 1265 e il 66, il Vescovo Guglielmino, trovandosi in contrasto co' suoi Ghibellini d'Arezzo, aveva date in guardia le sue castella a'Guelfi fiorentini, allora fuorusciti (G. VILLANI, VII,_x11).

2 E pelle rendite ecc. « E per compenso delle rendite e delle prestazioni de'suoi fedeli ecc. ». Fedeli sono i «< Vassalli feudali, obbligati a tributi e servitù verso il loro signore », ne' diritti del quale sarebbero entrati i Fiorentini. [Fiorini ccc, il ms. A e l'ed. MT; tremila, la volgata dei mss. e delle edd., che meglio si accorda col cinquemila del Villani; centundici mila, il ms. 1, trascrivendo spropositatamente il del suo originale, qualunqu' e' si fosse. In fatto d'indicazioni numeriche, vedremo assai volte (cfr. I, 1, 21) che la lettera, molto fallibile, de' mss. lascia più libera mano alla critica].

m

3 Promettessi. «Mallevasse, Guarentisse ».

4 Vieri de' Cerchi. Cfr. I, xx. 5 I Signori. « Il magistrato de' Priori »>.

6 I quali furno ecc. I nomi a'quali è premesso messere, sono di dottori o giudici o di cavalieri. Di sè dice il Compagni, D. C. autore ecc.; e altrove:

gieri da Quona giudice, m. Iacopo da Certaldo giudice, Bernardo di m. Manfredi Adimari, Pagno Bordoni, Dino Compagni autore di questa Cronica, e Dino di Giovanni, vocato Pecora, che furno da dì xv d'aprile addì xv di giugno MCCLXXXIX. La cagione della discordia fu, che alcuni di loro volevano le castella del Vescovo, e spezialmente Bibiena bello e forte, alcuni non; nè volevano la guerra, considerando il male che di quella segue: pure infine per tutti si consentì di pigliarle, ma non per disfare. E d'accordo rimasono in Dino di Giovanni, perchè era buono e savio uomo, ne facesse quanto li paresse: il quale mandò per m. Durazzo, conchiudesse il trattato col Ve

io D. C. ecc., a me D. ecc., (II, v, vin), come G. Villani in più luoghi della sua Cronica: io G. V. ecc., io scrittore ecc., noi scrittore. E lo stesso, nella Cronica sua, Marchionne Stefani.

7 Vocato. «Soprannominato »; di comune uso negli scrittori e ne' documenti antichi, e conservato tuttavia popolarmente in qualche parte di Toscana. Anche Lapo di Castiglionchio (Epistola al figliuolo, Bologna, 1753; p. 59), rammentando questi medesimi Priori, dice << Dino vocato Pecora ». Esempi di documenti: «Cinus vocatus Seccia; Cri«stophorus vocatus Capretta ».

8 Bello e forte. Sottint. castello. Dante (Inf., xx, 70) « bello e forte arnese chiama Peschiera. E G. Villani (VI, LIV): «... e che i Fiorentini vi fa«< cessero uno castello, il quale ecc....

E cosi fu fatto, forte e bello, con tutto << che assai dispiacesse a' Pistolesi ». E G. Morelli, Cron., 221: «< assai for<< tezze, le quali sono maravigliosamente <<< forti e belle ». Bibbiena è grossa terra del Casentino.

Ne volevano la guerra. Una volta padroni delle castella, erano sicuri dalle offese d'Arezzo, e perciò dalla guerra.

10 Ma non per disfare. Tre diverse opinioni erano dunque nella Signoria: che non si accettassero le castella del Vescovo, e si facesse la guerra; che si accettassero, e avutele si disfacessero, cioè togliendo loro ogni difesa e apparecchio da guerra; per ultimo, e questa era prevalsa, che si accettassero, come dice il Villani, in guardia, conservandone intatta ogni fortificazione.

11 Rimasono in Dino di Giovan

ni ecc. [Rimasono, conforme ai mss. A, E, H, s, le edd. MT, MN: rimessono le edd. T, B, secondo gli altri mss. che cosi hanno, o rimisono, o rimissono. Errore comune dei mss., da nessuna ed. partecipato, è poi in Dino Compagni; che però in alcuni de' mss. stessi, A L, P, Q, vedesi corretto conforme alla lezione di questa e delle altre edd. ].

12 Il quale mando ecc. [Restituisco alla lez. del ms. A questo passo che i mss. e le edd. offrono, pur con qualche varietà fra loro, nel modo seguente: il quale mando per m. Durazzo, novamente fatto da lui cavaliere, e in lui commise conchiudesse il trattato col Vescovo il meglio potesse. Mi par certo che a questa racconciatura conducesse i copisti e i primi editori lo essersi notato che quell' inciso novamente da lui fatto cavaliere, nel luogo dov'è posto, sembra significare, e non istarebbe, che il Vescovo fosse stato fatto cavaliere da m. Durazzo. Ma io lo interpetro « essendo m. Durazzo stato fatto novamente, cioè di fresco, cavaliere da esso Vescovo »; e perciò appunto lo rinchiudo fra parentesi, come apposizione da ravvicinarsi al nome a cui propriamente si riferisce. Del qual costrutto, ardito invero e da non consentire se non ad un antico, cfr. esempio consimile in II, XXXIV, 6, ed anche in I, xx1, 36].

13 M. Durazzo. Questo è certamente un << Durazzo di messer Guidalotto de'Vecchietti », rammentato in un atto di poco posteriore alla battaglia di Montaperti (Deliz. erud. tosc., VIII, 282): non cavaliere allora, e perciò non qualificato, nel cit. atto, del titolo di

scovo (novamente da lui fatto cavaliere), e in lui commisse facesse col Vescovo el meglio potessi.

Il Vescovo d'Arezzo in questo mezzo pensò, che se consentisse al trattato, sarebbe traditore; e però raunò i principali di sua parte, e quelli confortò prendessino accordo co' Fiorentini: e che egli non voleva perdere Bibiena, e che la fusse afforzata e difesa; altrimenti prenderebbe accordo egli. Gli Aretini, sdegnati per le parole sua, perchè ogni loro disegno si rompeva, ordinavano di farlo uccidere: se non che m. Guglielmo de' Pazzi, suo consorto, che era nel consiglio, disse che sarebbe stato molto contento l'avessino fatto, non l'avendo saputo; ma essendone richiesto, nollo consentirebbe, chè non voleva essere micidiale di sangue suo. Allora deliberorno di pigliarla eglino; e come disperati, sanza altro consiglio si missono in punto.

IX. Sentitasi pe' Fiorentini la loro deliberazione, i capitani e governatori della guerra tennano consiglio nella chiesa di San Giovanni, per qual via fusse il mi

<< messere »; e infatti il Compagni lo dice novamente fatto cavaliere nel 1289, e dal Vescovo d'Arezzo. Circa il qual proposito notisi, rispetto al contenuto della nota antecedente, che la cavalleria non poteva esser conferita (L. DA CASTIGLIONCHIO, Epist., p. 20 seg.) se non

da chi fosse già cavaliere, o da prin«cipi e grandi baroni... avvegna Iddio che non sieno cavalieri» (e perciò anche dal Vescovo Ubertini), o dai Comuni e Repubbliche, che a ciò deputavano Sindaco alcun cavaliere (e questo mostra non accettabile la lez. volgata, perchè Dino di Giovanni cavaliere non era). Da un altro Vecchietti, messer Marsilio, dice il Villani, come vedemmo in not. 1, essere stato «menato» il trattato col Vescovo. Correggasi con Dino; non senza notare che anche nel cit. atto Durazzo Vecchietti ha che fare coi Pazzi di Valdarno, e precisamente coi nipoti del Vescovo d'Arezzo: le quali relazioni spiegano bene e il cavalierato da questo conferitogli, e la commissione presso di lui affidatagli dai Fiorentini.

14... accordo egli. Questa doppia,

[blocks in formation]

gliore andare, sì che fornire si potesse il campo di quel bisognasse. Alcuni lodavano l'andata per Valdarno, acciò che, andando per altra via, gli Aretini non cavalcassino quivi, e non ardessino i casamenti del contado: alcuni lodavano la via del Casentino, dicendo che quella era migliore via; assegnavonne molte ragione. Uno savio vecchio, chiamato Orlando da Chiusi, e Sasso da Murlo, gran castellani, temendo di loro debili castella, dierno per consiglio si pigliasse quella via, dubitando che, se altra via si pigliasse, non fussino dagli Aretini disfatte, chè erano di loro contado; e m. Rinaldo de' Bostoli, che era degli usciti d'Arezzo, con loro s'accordò. Dicitori vi furno assai; le pallottole segrete si dierno: vinsesi di andare per Casentino. Ma con tutto fusse più dubbiosa e pericolosa via, il meglio ne seguì.

Fatta tale deliberazione, i Fiorentini accolsono l'amistà; che furono i Bolognesi con cc cavalli, Lucchesi

2 Si che fornire ecc. Intendi, Passare per paesi, dove si potesse agevolmente e bene vettovagliare l'esercito.

3 Valdarno. Cioè la Valle superiore dell' Arno; distinguendo, col Repetti (Dision. geograf. fis. stor. Tosc.), in Valdarno casentinese, aretino, superiore, fiorentino, inferiore, pisano, le diverse valli adiacenti al corso dell'Arno, dalla sorgente al mare.

4 Cavalcassino. Troveremo molte altre volte questo verbo adoperato nel senso militare di « Venire in alcun luogo con l'esercito, Portarvi guerra »; e qui più particolarmente, « Scorrer per esso saccheggiando, Dare il guasto ». Anche andata, poche linee innanzi, è voce del linguaggio militare d'allora (come andare in II, xxvII, 8), sebbene qui abbia un senso più generico del suo proprio e speciale, secondo il quale dicevasi cavalcata ed andata quella dove non si spiegavano i padiglioni, esercito dove si spiegavano.

5 Quivi. Čioè nel Valdarno di sopra, dov'era buona parte del contado fiorentino.

6 Orlando da Chiusi, Sasso da Murlo. Chiusi del Casentino, allora contea, oggi piccolo villaggio nel Val

darno casentinese, verso Poppi, sotto il santuario dell' Alvernia. Questa fu donata nel 1213 a san Francesco dai conti di Chiusi, e appunto da un conte Orlando padre del castellano qui ricordato (cfr. in Deliz. erud. tosc., VIII, 173: «dom. Orlando de Chiuso quon<< dam dom. Orlandi) ». A questo conte Orlando giuniore è diretta la xxi delle Lettere di fra Guittone d'Arezzo. Murlo rocca distrutta, a quattro miglia da Arezzo, signoria de Tarlati di Pietramala. I conti di Chiusi, che tenevano feudi dalla cattedrale d'Arezzo, erano guelfi dichiarati e nemicissimi del Vescovo Guglielmino.

7 Rinaldo de Bostoli. Cfr. I, vi, 5. [Boscoli, i mss. A, C, E, K: Bostoli, gli altri (Bartoli, a sproposito, D, L), e tutte le edd.].

8 Pallottole. Intendi, quelle con le quali si rendeva il voto ne' partiti: ed alla votazione riferisci pure quel verbo vinsesi. Cfr. G. VILLANI (VII, cxxx1): «Con segreto consiglio presono l'or<< dine e partito d'andare per la via di << Casentino ».

[blocks in formation]
« ÖncekiDevam »