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le sue asprirazioni, vorrebbe tutto amore, libertà completa, una fonte alla quale abbeverandosi, inamorasse della libertà, e finalmente si capisce il pensiero, volendo a capo del suo governo ideale quello che ha più amato la libertà, che ha sospirato di più per l'attuazione di questo amoroso pensiero.

Alla perfine, questo amore di libertà venne in tanta fama nei popoli di Firenze, che Dante ne cantò in un magnifico Sonetto gli effetti che produceva il pensiero della libertà ne' suoi adoratori. Sonetto che potrebbe anch'essere stato composto per una Beatrice reale, benchè per una donna sia un poco esagerato mentre che per l'idea della libertà è moderatissimo. Esso è preceduto dalle seguenti parole.

Questa gentilissima donna, di cui ragionato è nelle precedenti parole, venne in tanta grazia delle genti, che quando passava per via, le persone correvano per vedere lei; onde mirabile letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso ad alcuno, tanta onestà venia nel core di quello, ch' egli non ardia di levare gli occhi, nè di rispondere al suo saluto; e di questi molti, siccome esperti, mi potrebbono testimoniare a chi nol credesse. Ella coronata e vestita d'umiltà s' andava, nulla gloria mostrando di ciò ch'ella vedeva ed udiva. Di

cevan molti, poi che passata era: « Questa non è femina, anzi è uno dei bellissimi angeli del cielo » E altri diceano; » Questa è una meraviglia, che Benedetto sia lo Signore che si mirabilmente sa operare ». Io dico ch'ella si mostrava si gentile e sì piena di piaceri, che quelli che la miravano comprendevano in loro una dolcezza onesta e soave tanto, che ridire non la sapevano, nè alcuno era lo quale potesse mirare lei, che nel principio non gli convenisse sospirare.... Ònd' io pensando a ciò, volendo ripigliare lo stile della sua loda, proposi di dire parole nelle quali dessi ad intendere delle sue mirabili ed eccellenti operazioni; acciò che non pure coloro che la poteano sensibilmente vedere, ma gli altri sapessono di lei quello che le parole ne possano fare intendere. Allora dissi questo Sonetto:

Tauto gentile e tanto onesta pare

La donna mia, quand' ella altrui saluta,
Ch'ogni lingua divien tremando muta
E gli occhi non l'ardiscon di guardare.
Ella sen va, sentendosi laudare,

Benignamente d'umiltà vestuta;

E par che sia una cosa venuta 1

Di cielo in terra a miracol mostrare.

1 II D' Ancona a pag. 196 del suo studio sulla vita Nuova sulla parola « cosa » viene a suffragare le nostre congetture,

Mostrasi si piacente a chi la mira,
Che dà per gli occhi una dolcezza al core,
Che 'ntender non la può chi non la prova.

E par che dalle sue labbia si muova
Un spirito soave pien d'amore,

Che va dicendo all' anima: sospira.

Ed infatti quando meglio si poteva gustare il fascino, il prestigio di questa amata libertà, se non nel momento che cominciava a vacillare, nel momento che gli adoratori cominciavano a temere per la sua perdita?

Ma non solo questa è amata per sè stessa, essa è anche adorata per tutte le felicità, per tutto il bene ch'essa procura a tutte le istituzioni che la circondano, alle lettere, alle arti, al commercio, e certamente dopo avere magnificato l'ideale, Dante magnificava l'effetto prodotto da questo ideale per rinforzarsi sempre più in questo grande concetto per provare a sè ed agli altri quanto grandi e benefici erano i frutti di questa sua Beatrice, e quanto grande sarebbe stato il dispiacere di perderla. E qui il poeta ci dà un sonetto in proposito; è il seguente:

infatti egli dice: cosa nova, esprime meglio la novità stessa del fatto, al quale mal si può appropriare un termine più preciso e specifico, come sarebbe quello di donna. È appunto per questa novità, in questo caso che alla Libertà non è più lecito dire comunemente Beatrice o Donna, ma una « cosa nova » meravigliosa.

Vede perfettamente ogni salute

Chi la mia donna tra le donne vede:
Quelle che van con lei sono tenute
Di bella grazia a Dio render mercede.
E sua beltate é di tanta virtute,
Che nulla invidia all' altre ne procede,
Anzi le face andar seco vestute
Di gentilezza, d'amore e di fede.

La vista sua fa ogni cosa umile,
E non fa sola se parer piacente,
Ma ciascuna per lei riceve onore.

Ed è negli atti suoi tanto gentile,
Che nessun la si può recare a mente,
Che non sospiri in dolcezza d'amore.

Bisogna notare l'affinità che domina nella espressione di tutte le doti di questa libertà, e se noi troviamo l'allegoria in colui che ha rappresentato il pensiero del suo tempo, perchè gli altri si dovrebbero scartare, e noi non ammettere in loro il medesimo concetto? Guido Gunizelli ha un sonetto dello stesso tema:

Voglio del ver la mia donna laudare
et assembrargli la rosa e lo geglio,
come la stella diana splende e pare
et ciò ch'è lassù bello a lei someglio.

Verde rivera a lei rassembro et l'aire
tutti colori e fior, giallo e vermeglio;
oro e azzurro e ricche gioi' per dare
medesmamente amor raffina meglio.

Passa per via adorna e sì gentile, ch' abbassa orgoglio a cui dona salute, e fa 'l di nostra fe', se non la crede,

e non si po' appressar omo ch'è vile; amor ve dico v' ha maggior vertute:

null' om po' mal pensar fin che la vede.

Specialmente le terzine sono di una sorprendente rassomiglianza e scorgiamo, come tutti sanno, nel Guinizelli proprio il primo che intenda la poesia amorosa come i poeti toscani. Dino Frescobaldi ha un sonetto che è degno di nota e affine ai precedenti; è il seguente:

Questa è la giovinetta che amor guida

Ch' entra per gli occhi a ciascun che la vede
Questa è la donna piena di merzede
In cui ogni virtù bella sì fida

Vienle dinanzi amor che par che rida,
Mostrando il gran valor dov'ella siede,
Et quando giunga ove umiltà la chiede
Par che per lei ogni virtù s'uccida.

Et quando ad salutare amor la induce
Honestamente gli occhi muove alquanto
Che danno quel desìo che si favella
Sol d'ov'è nobiltà gira sua luce
El suo contrario fuggendo altrettanto
Questo pietosa giovinetta bella.

In questo sonetto v'è il solito sguardo che dona salute, è detto che dove esiste quella fanciulla, niun' altra cosa può esservi che non sia nobile e gentile. Se fosse veramente una donna

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