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questa, potrebbe trovarsi benissimo fra gente bassa, e non nobilitarla certamente colla sua presenza. Citiamo ancora il seguente attribuito al Cavalcanti:

Havete in voi li fiori et la verdura
Et ciò che luce, o è bello a vedere,
Risplende più che 'l sol vostra figura
Chi voi non vede mai non può valere.
In questo mondo non ha creatura
Si piena di beltà ne di piacere,

Et ehi d'amor temesse l'assicura

Vostro bel viso, et non può più temere
Le donne che vi fanno compagnia

Assai mi piacen per lo vostro amore,

Et io le prego per lor cortesia

Che quel più pote più vi faccia honore.

Et haggia cara vostra Signoria,

Perchè di tutte sete la migliore.

In questo sonetto mi basta far notare solamente l'ultimo verso della prima quartina:

Chi voi non vede, mai non può valere

È evidente che questo si riferisce alla libertà; infatti chi non la vede non può darsi a cose grandi, e sotto a tirannia non c'è vera grandezza, perchè anzi i grandi sono dispregiati e innalzato i piccoli. Certamente non può attribuirsi ad una donna, perchè sembrerebbe in mano a lei il destino degli uomini, e questo non può essere.

Notiamo ora anche l'affinità di queste due

ballate del Cavalcanti: la prima :

Gli occhi di quella gentil foresetta
ànno distructo sì la mente mia,
ch'altro non chiama chellè nè desia.

Ella mi fere sì quando la sguardo,
Ch'io sento lo sospir tremar nei core.
Escie dagli occhi suoi, chemme arde,
un gentiletto spirito d'amore,
lo quale è pieno di tanto valore:
quando mi giunge l'anima va via,
come colei, che soffrir nol poria.

I' sento pianger for li miei sospiri,
quando la mente di lei mi ragiona.
E veggo piover per l'aere martiri,
che struggon di dolor la mia persona,
Si che ciascuna virtù m' abandona
in guisa ch'io non so v'i' mi sia,
sol par che morțe m'agia 'n sua balia.
Simmi sento disfacto, che mercede

già non ardisco nel penser chiamare
Ch'i' trovo amor, che dice: ella si vede
tanto gentil, che non po maginare,
Che om d'esto mondo l'ardisca amirare,
che non convegna lui tremare impria,
ed i', s'i'la sguardasse, ne morria.
Ballata quando tu sarai presente

a gentil donna, sai chettu dirai
De la mi' angoscia? dolorosamente
di quella chemmi manda a voi, trovai:
Però che dice che non spera mai
trovar pietà di tanta cortesia

ch' a la sua donna faccia compagnia

la seconda forse più espressiva e affine è la se

guente:

Veggio negli occhi della donna mia

un lume pien di spiriti d'amore,

che porta uno piacere novo nel core,

sì che vi desta d'allegrezza vita.

Cosa m'aven quand' i' le son presente,
ch' i' no la posso a lo intelecto dire:
veder mi pare de la sua labbia uscire
una sì bella donna, che la mente
comprender nulla può, che 'nmantenente
ne nascie un altro di bellezza nova,
da la qual par ch' una stella si mova
e dica: la salute tua è apparita.

La dove questa bella donna appare,
s'ode una voce, che le ven davanti,
e par che d'umiltà il suo nome canti
si dolcemente, che s'il vo contare,
Sento che 'l su' valor mi fa tremare,
e muovonsi nell'anima sospiri,
che dicon: guarda, stu costei miri,

vedrà la tua vertù nel ciel salita.

Degna poi in ispecial modo di nota è una canzone di Cino da Pistoja, nella quale vi sono dei versi che calzano perfettamente al nostro concetto; è la canzone XVIII della raccolta Barbèra:

L'alta speranza che mi reca Amore,
D'una donna gentil ch'i' ho veduta,
L'anima mia dolcemente saluta

E falla rallegrar dentro allo core:

Per che si face, a quel ch'ell' era, strana,

E conta novitate,

Come venisse di parte lontana;

Che quella donna piena d' umiltate

Giugne cortese e piana,

E posa nelle braccia di pietate.

E son tali e' sospir d'esta novella,
Ch'io mi sto solo perchè altri non gli oda;
E'ntendo Amor, come madonna loda

Che mi fa viver sotto la sua stella.
Dice 'l dolce Signor Questa salute
Voglio chiamar laudando

Per ogni nome di gentil virtute;

Che propriamente tutte ella adornando,
Son in essa cresciute,

Ch'a buona invidia si vanno adastando.

Non può dir nè saver quel ch'assimiglia
Se non chi sta nel ciel, ch'è di lassuso:
Per ch'esser non ne può già cor astioso;
Chè non dà invidia quel ch'è meraviglia,
Lo quale vizio regna ove è paraggio.
Ma questa è senza pare;

E non so esempio dar, tanto ella è maggio:
La grazia sua a chi la può mirare,
Discende nel coraggio,

E non vi lassa alcun diffetto stare.

Tant'è la sua vertute e la valenza

Ched ella fa meravigliar lo sole;
E, per gardir a Dio in ciò ch' ei vole,
A lei s'inchina e falle riverenza.

Adunque se la cosa conoscente

L'ingrandisce et onora,

Quanto la de' più onorar la gente?

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Io sto com'uom che ascolta e pur disia
D'udir di lei, sospirando sovente;
Però ch' io mi riguardo entro la mente,
E trovo pur ch'ell'è la donna mia:
Onde m'allegra amor e fammi umile
Dell' onor ch' ei mi face;

Ch' io son di quella ch'è tutta gentile,
E le parole sue son vita e pace;
Ch'è sì saggia e sottile.

Che d'ogni cosa tragge lo verace.

Sta nella mente mia, com' io la vidi,
Di dolce vista et umile sembianza:
Onde ne tragge Amor nna speranza,

Di che 'l cor pasce e vuol che 'n ciò si fidi.
In questa speme è tutto 'l mio diletto;

Ch'è sì nobil cosa,

Che solo per veder tutto'l suo affetto

Questa speranza palese esser osa;
Ch'altro già non affetto

Che veder lei che di mia vita è posa.

Tu mi pari, canzon, si bella e nova Che di chiamarti mia non haggio ardire: Di' che ti fece Amor, le vuoi ben dire Dentro al mio cor che sua valenza prova, E vuol che solo allo suo nome vadi

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