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In questo sonetto è notevole prima di tutto, l'indirizzo poetico tutto contrario alla poesia che precesse i rimatori della seconda metà del trecento.

La poesia veramente amorosa, col succedersi delle circostanze politiche perdette del suo gaio riso, e pianse piuttosto i mali del paese che l'amore, ed al tempo in cui Dante componeva il precedente sonetto, mori del tutto quella forma poetica che cantava veramente l'amore.

Infatti il sonetto dice così: La morte ha guastato nella poesia ciò che si diceva nella donna di più gentile dopo l'onore, e qui come può intendersi anche che Dante voglia solamente comprendere la poesia buona, non la licenziosa che ebbe sviluppo specialmente nella poesia popolare, dopo l'onore la cosa più gentile in una donna è l'amore. Ed Amore si lamenta, poichè in quella poesia che ora muore, era veramente cantato in forma vera, e guarda il cielo ove è salita, ove si trova, e che fu al mondo di sì gaia sembianza. E non fu forse gaia questa forma di poesia che si spense al tempo in cui Dante parla? 1

1 Il professor Minich, vede in quella donna che si muore la Matelda del Poema Dantesco, lo Scartazzini rivendica per lui la Matelda, ma nella prima donna della difesa. Le prove che ne danno sono o nulle o insufficienti per poter prendere sul serio le due congetture.

A noi pare logica questa interpretazione, e conforme assolutamente al concetto critico che ci siamo proposto. Infatti quella forma gaia amorosa ebbe sviluppo a tutte le corti ove spirava l'alito della libertà, e cominciò a spegnersi in quegli anni, che anche lontani sentivansi i prodromi di nuovi fatti, che dovevano poi causare la perdita di quella libertà! E Dante meglio di ogni altro non sentiva forse in cuor suo, poeticamente parlando, il malessere che gli procurava il pensiero della morte della sua donna, ovvero della libertà? Anche l'altra poesia che comincia. Morte villana di pietà nemica, vuol dire lo stesso, ed esaminando bene ognuno potrà capacitarsi del nostro esposto.

Proseguendo nelle indagini osserviamo il seguente sonetto che viene dopo le predette cose.

Cavalcando l'altrieri per un cammino,

Pensoso dell' andar, che mi sgradia,

Trovai amor nel mezzo della via,

In abito leggier di peregrino.

Nella sembianza mi parea meschino

Come avesse perduta signoria ;

E sospirando pensoso venia,

Per non veder la gente a capo chino,

Quando mi vide mi chiamò per nome,
E disse: Io vegno di lontana parte,
Dov'era lo tuo cor per mio volere.

E recolo a servir novo piacere.
Allora presi di lui sì gran parte,

Ch' egli disparve, e non m'accorsi come.

A quanto abbiamo precedentemente esposto si trova, in questo sonetto, una luminosa conferma. Il poeta infatti racconta come trovò Amore in abito leggiero di pellegrino, abbattuto nella sembianza, che avanzava a capo chino, sospirando, come avesse perduto signoria; per la qualcosa ci permettiamo di non avere più dubbi a questo riguardo, notando l' evidenza colla quale si parla della poesia veramente amorosa e della sua caduta, nel racconto della morte di quella gentil donna, è ciò viene a confermare maggiormente, anzi indubitatamente il nostro concetto, dimostrando che assolutamente, l'amore per una donna reale, nella Vita Nuova non esiste, e crediamo che ognuno potrà esserne convinto, non dalle parole nostre, ma dal fatto che trovasi nelle espressioni di Dante stesso.

È da notare poi in seguito che nelle terzine del sonetto citato, l' Amore si persuade a servire anche lui di difesa agli intendimenti del poeta, e porta il cuore della prima donna che si era partita, per recarlo ad un'altra che servirà di seconda difesa.

Studiando l' indole poetica del trecento e scrutando in essa tutto il lavorio che fa Amore,

ben di leggieri il lettore potrà convenire che esso, preso nel più alto senso, è il movente di ogni azione poetica. Infatti se abbiamo veduto prestarci a Dante di difesa, troviamo in Cino da Pistoia, ch'egli ha l'incarico di innamorare molte persone di uno stesso oggetto, ma se esaminiamo le ultime strofe di una canzone del citato poeta, è facile convincersi che questo unico oggetto suggerito da Amore è la Libertà. Ecco le strofe:

Io sto com' uom che ascolta e pur disia
D'udir di lei, sospirando sovente;
Però ch'io mi riguardo entro la mente,
E trovo pur ch' ell'è la donna mia:
Onde m'allegra Amor e fammi umìle
Dell' onor ch' ei mi face;

Ch' io son di quella ch'è tutta gentile,
E le parole sue son vita e pace;
Ch'è sì saggia e sottile,

Che d'ogni cosa tragge lo verace.

Sta nella mente mia, com' io la vidi,
Di dolce vista et umile sembianza:

Onde ne tragga Amor una speranza,

Di che 'l cor pasce e vuol che 'n ciò si fidi.
In questa speme è tutto il mio diletto;

Ch'è sì nobile cosa,

Che solo per veder tutto 'l suo effetto
Questa speranza palese esser osa;

Ch'altro già non affetto

Che veder lei che di mia vita è posa.

Tu mi pari canzon, sì bella, e nova,
Che di chiamarti mia non haggio ardire:

Di che ti fece Amor, se vuoi ben dire,

Dentro al mio cor che sua valenza prova,
E vol che solo allo suo nome vadi.

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In primo luogo il poeta guarda nella sua mente e trova che la donna per cui canta è pure la donna sua, e questo per opera di Amore, che anche qui si vede gliel'ha procurata, poi dice cose che solamente alla Libertà, a nostro parere, possono essere indirizzate. Nell'altra strofa rammenta un luogo comune a tutti i poeti, pascere cioè la donna col proprio cuore, poi ci dice, che solamente per vedere il suo buono effetto, fa palese il suo amore, perchè si sappia che solamente la Libertà è il fine della sua esistenza. Nell'altra strofa c'è l'evidenza del nostro asserto assolutamente; il poeta dice alla canzone che vada alla sua donna in mezzo a coloro che sono suoi, anche che siano radi, perciò egli si trova ad amare una donna che ha degli altri amanti se è una donna vera, ma nel nostro concetto questa idea svanisce, dando luogo alla realtà dell' affetto che in queste strofe si sente per la Libertà, auspice l' Amore.

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