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Seminibus, quantum non noxia corpora tardant
Terrenique hebetant artus moribundaque membra.1

Ma non si possono confrontar pochi versi con le molte dottrine di etica e di metafisica esposte così nobilmente dall'Alighieri; ed oltre a ciò è da notare, avere Virgilio discorso della gran mente, la quale, secondo Platone, informa e modera il mondo, da poeta piuttosto che da filosofo, cioè per mezzo di descrizioni, d'immagini, di metafore. Egli però non espone nè le ragioni, nè l'ordine delle cose, non congiunge la scienza e la poesía in tal maniera, che l'una dia luce all'altra, e confondano ambedue insieme il loro splendore. E se tra gli antichi non è chi superi Dante nel magistero di addolcire l'austerità delle filosofiche discipline con poetiche fantasie, con alto e grazioso stile, niuno pur dei moderni lo vince in questo. Il Milton, è vero, ha non

1 Darò la traduzione di questo e di altri passi di Autori latini, che mi avverrà di citare in queste Lezioni, per comodo delle persone che non hanno studiato il latino, quali sono fra noi le donne : << Primieramente il ciel, la terra e 'l mare,

L'aer, la luna, il sol, quanto è nascosto,
Quanto appare, e quant'è, muove, nudrisce
E regge un che v'è dentro, o spirto o mente
O anima che sia dell' universo;

Che sparsa per lo tutto e per le parti
Di sì gran mole, di sè l'empie, e seco
Si volge, si rimescola e si unisce.
Quinci l'uman legnaggio, i bruti, i pesci,
E ciò che vola, e ciò che serpe, han vita,

E dal foco e dal ciel vigore e seme
Traggon, se non se quanto il pondo e 'l gelo
De' gravi corpi e le caduche membra

Le fan terrene e tarde. >>

Eneide, lib. vi, Traduz. del Caro.

poche di quelle parti che sono negli eccellenti poeti, ma siegue troppo i modi teologici e il far delle scuole, allorchè tratta di cose metafisiche e ideali: onde più non diletta, e neppure è ad altri cagione di meraviglia. Essendochè non è difficile il dire in verso ciò che il filosofo e il teologo dicono in prosa: la difficoltà è nel riunire insieme le due nature tanto diverse della poesía e della filosofia; sicchè, conservando ciascuna l' indole loro, si prestino a vicenda la grazia, il decoro, la maestà.

Ove io potessi discorrere largamente di questa materia, mi sarebbe agevole di provare che Dante, prendendo le sue dottrine dalle due scuole de' sintetici e degli analitici, quella in san Bonaventura e in Platone, questa in Aristotile e in san Tommaso alle nostre menti rappresentata, appartiene alla scuola ecclettica. Il che parmi mirabile pe' suoi tempi: richiedendosi somma acutezza e libertà di giudicio per non piegare più ad un sistema che a un altro, per dare all' autorità quel valore che giustamente le si compete, e per seguire con occhio sicuro il vero. Ma non essendomi consentito dalla natura del mio lavoro di favellare di queste cose distesamente, prego chi legge di ricorrere per più ampie dichiarazioni al libro di Federigo Ozanam intorno alla filosofia cattolica del secolo XIII. Libro pieno di profonda dottrina, buon testimonio della sapienza e della grandezza morale di chi lo scrisse. Molto me ne sono giovata in questa Lezione, e mi è caro il dirlo, non solo per debito di gratitudine e di lealtà, ma perchè è dolce di confessare pubblicamente gli obblighi che noi abbiamo agli amici nostri. Ed io terrò sempre a singolare favor del cielo l'essere

stata degnata dell'amicizia di un uomo raro per forza d'ingegno e di fantasía, rarissimo per santità e innocenza di vita. L'Italia molto gli deve, non solo per ciò che ha scritto in sua gloria; ma per quel pietoso instituto di carità ch'ebbe pe' suoi conforti tra noi prin. cipio, pel quale ritrova il povero chi sovviene alla sua indigenza, chi lo ammaestra, chi lo guida, chi lo consiglia, e il ricco impara a por freno a'suoi desiderii, a soccorrere, a compatire le altrui miserie, avendone spesso il lagrimevole aspetto dinanzi agli occhi.

Mentre Dante nelle diverse scuole di filosofia cercava il vero, ed ora da questa e ora da quella prendeva le sue opinioni, tennesi fermo nelle dottrine della cattolica Chiesa, e pose ogni studio per accordare con esse i pensieri suoi, simile in questo a maestosa riviera, che, in sè accogliendo i minori fiumi, confonde nelle sue l'acque loro, sicchè poi tutte insieme commiste corrono al mare. Nè mi si opponga che Dante alle volte ci tiene in dubbio sulle cattoliche sue credenze, giudicando con eccessiva severità la condotta di alcuni papi. Egli non riprende il pontefice: sul principe e sopra il capo di parte guelfa cadono solo le sue sdegnose parole. Il che è manifesto da quel passo del Paradiso, nel quale il poeta immagina che san Pietro, turbato per grandissima indignazione, prima di biasimare la condotta di Bonifazio, dichiari ch'egli ha usurpato il suo seggio, e che non è perciò vero papa:

Quegli ch❜ usurpa in terra il luogo mio,
Il luogo mio, il luogo mio, che vaca
Nella presenza del Figliuol di Dio.
(Paradiso, canto XXVII.)

Allorchè Dante s'incontra nel Purgatorio con l'ombra di Adriano V, umilmente si prostra dinanzi a lei, in segno di riverenza alla dignità che quegli aveva tenuta in terra:

Io m'era inginocchiato, e volea dire;

Ma com'io cominciai, ed ei s'accorse,
Solo ascoltando, del mio riverire:
Qual cagion, disse, in giù così ti torse?
Ed io a lui: Per vostra dignitate
Mia coscienza dritta mi rimorse.

(Purgatorio, canto XIX.)

Abbiamo di già osservato com' egli vituperasse la temerità di Filippo il Bello, e da molti luoghi del suo poema è palese, essere stato devoto al pontefice nelle cose di religione, e non essersi punto diminuita la sua riverenza verso la Chiesa, perchè riprendesse liberamente le azioni de' papi e de' cardinali. Li giudicò come uomini da filosofo, e forse da ghibellino, ma rimase cattolico di opinioni e di sentimento. Coloro poi, i quali pretendono di provare che l' Alighieri in religione fu novatore, mostrano di non aver fatto uno studio accurato del suo poema. Fra le molte cose, che potrei dire, una sola ne dirò, ed essa basta a dimostrare per certo quello che affermo. Egli è noto che i Protestanti si arrogano la facoltà d'interpetrare e d'intendere a loro arbitrio la Sacra Scrittura. È questo il fondamento dei loro errori, questo il principio di tutte le controversie che dai tempi di Lutero insino ai di nostri, anzi sino dal cominciare dell' eresie nei primi secoli del Cristianesimo, si sono agitate tra essi e noi: e in questo la superbia della ragione ritrova sostegno e scusa. Ora

udite come Dante riprenda duramente coloro, che spiegavano il senso delle Scritture in modo diverso dal quello che dalla Chiesa di Roma fu stabilito:

Voi non andate giù per un sentiero
Filosofando; tanto vi trasporta

L'amor dell'apparenza e il suo pensiero.
E ancor questo quassù si comporta

Con men disdegno, che quando è posposta
La Divina Scrittura, o quando è torta.
Non vi si pensa quanto sangue costa
Seminarla nel mondo, e quanto piace
Chi umilmente con essa s' accosta.

(Paradiso, canto XXIX.)

E forse più apertamente in un altro luogo dichiara la fermezza della sua fede nell' autorità del pontefice e della Chiesa, dicendo:

Siate, Cristiani, a muovervi più gravi,
Non siate come penna ad ogni vento,
E non crediate ch'ogni acqua vi lavi.
Avete il vecchio e il nuovo Testamento,

E il pastor della Chiesa che vi guida:
Questo vi basti a vostro salvamento.
Se mala cupidigia altro vi grida,

Uomini siate, e non pecore matte,

Sì che il Giudeo tra voi di voi non rida.
Non fate come agnel che lascia il latte

Della sua madre, e semplice e lascivo
Seco medesmo a suo piacer combatte.
(Paradiso, canto v.)

Il poema di Dante ha poi tutto intero per fondamento la cattolica verità, e di questa in alcuni luoghi di esso abbiamo lucidissima esposizione, come nei canFERRUCCI, Lezioni. —].

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