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sendochè nelle genti]nuove abbonda l' affetto, la potenza immaginativa è molto gagliarda, e per converso le altre facoltà intellettive non hanno ancora il vigore che si richiede per indagare l'essenza e la cagione intrin seca delle cose, e per sollevarsi dalle idee particolari alle universali. Nella Italia del Medio Evo filosofia e poesia andarono insieme, onde il più grande de' suoi poeti fu grandissimo ancora come filosofo, non solo per la sovrumana forza del suo intelletto, ma sì per la natura della cattolica religione, che, avendo efficacia più nello spirito che ne' sensi, dispone l' uomo al meditare solitario, e mette in lui attitudine meravigliosa alle opere del pensiero. Certo a ricevere nella mente i suoi benefici effetti con perfezione si richiede grandezza d'ingegno, perseveranza di studii, ardore di sentimento, e tutte in somma le parti che formano l' animo del filosofo e del poeta. Nè io qui dico che Dante fu così grande soltanto perchè fu cristiano; dico però che le dottrine di Gesù Cristo aggiunsero forza nuova alla mente sua, e che per esse ei fece assai più di quello che avrebbe fatto, se privo egli fosse stato del lume loro. Onde come nella maestosa fierezza della sua lingua si scorge l'indole de' suoi tempi, cosi nella sublimità paurosa de' suoi concetti vedesi quella della fede da lui seguita. La religione pertanto ci diede una poesia originale, più grande assai dell' antica; e perchè nel pensare, nello scrivere e nel comporre, ora noi non prendiamo norma da essa, ci sono mancati ad un tratto i buoni artisti e i buoni poeti.

Di queste cose non parlerei, se non iscrivessi per chi prende a educare i giovani, o per coloro che vo

gliono da sè stessi l'educazione loro rifare in meglio. Intendasi adunque, che siccome non avremo noi libertà senza religione, da Dio venendo le ragioni del giusto imperio e del dignitoso ubbidire, così non avremo senza di quella grandi scrittori. È legge inviolabile di natura, che ogni cosa a portare i dovuti effetti debba mantenersi conforme al principio suo. Ora il principio delle società moderne essendo nel Cristianesimo, ne risulta che queste in sè stesse, nelle loro attinenze, nei loro uffici e in tutte le parti loro, debbano a non fallire il segno prefisso seguitare le leggi dell' Evangelo negli ordini dello Stato, ne' costumi delle famiglie, nelle dottrine dell' arte, nelle forme, con le quali si manifesta la potenza della fantasia e dell' affetto. Se questo da noi si faccia, ognuno che abbia senno sel vede. Nè vale che tanti e tanti vadano ora parlando di religione, e si mostrino tutti zelo per l' onor suo. Al certo quella non trovi dove non sia carità. E però chiunque sparge astute calunnie ipocritamente in nome di Dio, e biasima con astiosa malizia le altrui intenzioni, e vuole spegner nell' uomo ogni alto pensiero, ogni spirito generoso, e mentre non risparmia nei vivi le villanie ed i dileggi, profana la santità della morte vituperando la memoria de' trapassati, no, non è da tenersi per religioso.

Sapete voi quale sia la religione vera? È quella che luce per l' intelletto, amore alla volontà, è inspiratrice di prudenti consigli, mantiene la pace nel domestico focolare, la giustizia nel fôro, dà la clemenza per compagna ai reguanti, la moderazione per freno ai ricchi, la pazienza ai poveri per conforto e a tutti

gli uomini in generale insegna la mansuetudine, la compassione, la carità. Quella, che racchiusa ne' dogmi della cattolica Chiesa vuole che l'intelletto ricerchi il vero, che sia bellezza vereconda nelle arti, equità nelle leggi, pudore e dignità negli affetti, amore di patria ne' cittadini, senno e giustizia nei magistrati. Essa fece eloquente santo Agostino, da lei Dante venne ispirato, e il Bossuet fu per lei emulo di Tullio nella facondia, di Platone nella sublimità dei concetti. Non è condizione di vita, nè facoltà della mente, che non riceva lume da lei. Vuol dunque alcuno nobilitare l'animo suo, affinchè possa divenire eccellente nello scrivere e nel comporre? Ami esso Iddio di semplice e puro cuore, e in lui tutti gli uomini e tutte le verità, onde ha norma la vita pubblica e la privata. Combatta l'errore, comecchè lusinghiera ne sia la faccia, ma solo con l'armi della ragione; e in sè, nella sua famiglia, in tutti gli ufficii di scrittore e di cittadino, si ricordi essere obbligo del cristiano di dar testimonio con le parole e con le opere della santità delle sue credenze. Pensi come sia grave peccato lasciare nell' ozio la nostra mente, in cui risplende luce divina, e come sia vergognoso ricevere legge dalle passioni. E quando, ben conosciuti i doveri dello scrittore, ami più della lode la verità; quando l'amore di Dio, degli uomini, della patria, gli faccia sorgere nel pensiero immagini adorne di grazia e di maestà; quando ogni violato diritto gli ponga nell' animo indignazione, ogni sventura negli occhi lagrime vere, allora scriva, e, seguendo l' esempio de' nostri antichi, doni all' Italia vivaci prose e nobili versi. Allora in cambio del

l'oro esso avrà la gloria, e questa sarà inviolabile e bella; poichè i suoi scritti faranno aperto, ch' ei fu amante della virtù e volle gli altri far virtuosi; in ciò imitando, secondo che la debolezza umana comporta, il modo da Dio tenuto, il quale in sè perfettissimo riflette in tutte le cose un raggio della infinita sua perfezione: onde esse tanto più sono belle, quanto più a lui ci appariscono somiglianti.

LEZIONE SECONDA.

SOMMARIO.

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Quale sia stata l'origine della lingua italiana. Come questa cominciasse ad ampliarsi. · Si parla della poesia provenzale, e delle cagioni, per cui non ebbe un poeta veramente grande. - Della lingua nobile e illustre, diversa da quella parlata dal volgo.-Primi poeti italiani. Come le arti sul finire del secolo XIII uscissero in Italia dalla barbarie.

1

Tengo per vera l'opinione del Fauriel, il quale crede che il latino parlato dal popolo non solo in Italia, ma in molte delle diverse parti del vasto impero romano, avendo a poco a poco variata la sua struttura grammaticale, prendesse quella che ora è comune a tutte quante le lingue moderne nate da lui. Egli stima che ciò avvenisse in parte per la invasione de' popoli forestieri, e in parte per una certa necessità, che obbliga tutte le lingue madri a divenire gradatamente analitiche da sintetiche ch' erano prima. Questo avvenne, come ei dimostra con persuasive ragioni, nell'India e poi nella Grecia ; e ciò pure accadde nell' Occidente, cui Roma aveva già imposto con le sue leggi anche l'uso della sua lingua.

Io non penso, secondo scrissero alcuni, che la plebe romana avesse un modo di favellare quasi in

1 Histoire de la Littérature provençale, vol. 1, chap. vii.

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