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sto luogo del Paradiso: gravi dottrine vi sono trattate, e vinte molte difficoltà di sentenze e di stile. Beatrice trasmuta a un tratto sembianza, Dante la guarda,

E sì come saetta, che nel segno

Percuote pria che sia la corda queta,
Così corremmo nel secondo regno.
Quivi la Donna mia vid' io sì lieta,
Come nel lume di quel ciel si mise,
Che più lucente se ne fe'il pianeta.
E se la stella si cambiò e rise,

Qual mi fec'io che pur di mia natura
Trasmutabile son per tutte guise!
Come in peschiera, ch'è tranquilla e pura,
Traggono i pesci a ciò che vien di fuori,
Per modo che lo stimin lor pastura;
Si vid' io ben più di mille splendori
Trarsi vêr noi, ed in ciascun s'udía:
Ecco chi crescerà li nostri amori.

(Paradiso, canto v.)

Poco dopo accumula vaghe, evidenti comparazioni per dinotare il diverso modo, con cui nel cielo di Venere splendevano e si movevano in giro gli spiriti, che si fecero incontro a lui:

E come in fiamma favilla si vede,

E come in voce voce si discerne,

Quand' una è ferma e l'altra va e riede;

Vid' io in essa luce altre lucerne

Moversi in giro più e men correnti,

Al modo, credo, di lor viste eterne.

Di fredda nube non disceser venti,
O visibili o no, tanto festini,
Che non paressero impediti e lenti

A chi avesse quei lumi divini

Veduto a noi venir, lasciando il giro
Pria cominciato in gli alti Serafini.

(Paradiso, canto VIII.)

Stupendo è il modo, con cui è descritto lo scintillare delle anime dei guerrieri che gli apparvero in forma di croce dentro alla stella di Marte, nè di meraviglia minore è l'arte con che il poeta ritrae la dolcezza dei canti loro:

Di corno in corno, e tra la cima e il basso,
Si movean lumi, scintillando forte
Nel congiungersi insieme e nel trapasso.
Così si veggion qui diritte e torte,

Veloci e tarde, rinnovando vista,
Le minuzie de' corpi, lunghe e corte
Moversi per lo raggio, onde si lista

Tal volta l'ombra, che, per sua difesa,
La gente con ingegno ed arte acquista.
E come giga ed arpa in tempra tesa
Di molte corde fan dolce tintinno
A tal, da cui la nota non è intesa;
Così da' lumi che lì m' apparinno
S'accogliea per la croce una melode,
Che mi rapiva senza intender l'inno.

(Paradiso, canto XIV.)

Con altra graziosa immagine ci è dipinto l'avvicinarsi di san Giovanni al poeta, che già a san Pietro e a san Giacomo aveva risposto intorno alla fede ed alla speranza:

Poscia tra esse un lume si schiarì

Sì che, se il Cancro avesse un tal cristallo,
Il verno avrebbe un mese d'un sol dì.

E come surge e va ed entra in ballo
Vergine lieta sol per fare onore
Alla novizia, non per alcun fallo;

Così vid' io lo schiarato splendore

Venire a' due, che si volgeano a ruota,

Qual conveniasi al loro ardente amore.
Misesi lì nel canto e nella nota,

E la mia Donna in lor tenne l'aspetto,
Pur come sposa tacita ed immota,

(Paradiso, canto xxv.)

La sublimità degl' inni cantati dalle anime sante nel Paradiso è più volte e sempre diversamente espressa dall' Alighieri. Eccone alcuni esempii:

Quell'uno e due e tre che sempre vive,
E regna sempre in tre e due e uno,
Non circonscritto, e tutto circonscrive,
Tre volte era cantato da ciascuno

Di quegli spirti con tal melodía,
Ch' ad ogni merto saria giusto muno.

(Paradiso, canto XIV.)

Qualunque melodía più dolce suona
Quaggiù, e più a sè l'anima tira,
Parrebbe nube che squarciata tuona,
Comparata al suonar di quella lira,
Onde si coronava il bel zaffiro,
Del quale il ciel più puro s' inzaffira.
Io sono amore angelico, che giro
L'alta letizia che spira del ventre,
Che fu albergo del nostro disiro;
E girerommi, Donna del ciel, mentre
Che seguirai tuo Figlio, e farai dia
Più la spera suprema, perchè gli entre.
Così la circulata melodía

Si sigillava, e tutti gli altri lumi
Facean sonar lo nome di MARIA.

(Paradiso, canto xxIII.)

Al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo

Cominciò gloria tutto il Paradiso,
Sì che m'inebriava il dolce canto.

Ciò ch' io vedeva, mi sembrava un riso
Dell' universo, perchè mia ebbrezza

Entrava per l'udire e per lo viso.

(Paradiso, canto XXVII.)

In questa cantica le comparazioni sono più assai frequenti che nelle altre. Perocchè essendone il tèma tutto ideale, di necessità doveva il poeta avere ricorso alle idee sensibili per dare luce, colore e forma ai pensieri astratti di grande efficacia ognuno stimerà le seguenti:

Come la fronda, che flette la cima

Nel transito del vento, e poi si leva
Per la propria virtù che la sublima,
Fec' io in tanto, in quanto ella diceva,
Stupendo; e poi mi rifece sicuro
Un disio di parlare ond' io ardeva.
(Paradiso, canto XXVI.)

Quale per li seren tranquilli e puri
Discorre ad ora ad or subito fuoco,
Movendo gli occhi che stavan sicuri,

E pare stella che tramuti loco,

Se non che dalla parte, onde s'accende,
Nulla sen perde, ed esso dura poco;
Tale, dal corno che in destro si stende,

Al piè di quella croce corse un astro
Della costellazion che lì risplende;
Ne si partì la gemma dal suo nastro,
Ma per la lista radial trascorse,
Che parve fuoco dietro ad alabastro.

(Paradiso, canto xv.)

Piena d'alto concetto morale è la prima, di grazia

schiettissima la seconda delle due belle comparazioni

che qui trascrivo:

E come per sentir più dilettanza

Bene operando, l' uom di giorno in giorno
S'accorge che la sua virtute avanza;

Si m'accors' io che il mio girare intorno
Col cielo insieme avea cresciuto l'arco,
Veggendo quel miracolo più adorno.
E quale è il trasmutare, in picciol varco

Di tempo, in bianca donna, quando il volto
Suo si discarchi di vergogna il carco;
Tal fu negli occhi miei, quando fui vôlto,
Per lo candor della temprata stella
Sesta, che dentro a sè m'avea ricolto.

(Paradiso, canto XVIII.)

Non vi pare di avere dinanzi agli occhi una danza vaghissima dell'Albano leggendo quest'altra similitudine?

Poi, sì cantando, quegli ardenti Soli
Si fûr girati intorno a noi tre volte,
Come stelle vicine a' fermi poli;
Donne mi parver non da ballo sciolte,
Ma che s' arrestin tacite, ascoltando
Fin che le nuove note hanno ricolte.

(Paradiso, canto x.)

Ogni poema ad essere reputato eccellente dee avere unità nel soggetto e varietà nelle parti, siccome una e varia è ogni opera bella della natura. Tale è il poema di Dante: il quale corre ad un solo fine, abbraccia un concetto solo, mentre riceve mirabile varietà da vivacissime descrizioni di luoghi, di sentimenti, di cose, è ornato d'immagini e di sentenze, ricco di stile sempre diverso, atto a colpire in uguale maniera la intelligenza e la fantasía. Nella cantica del Paradiso era più che nelle

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