Sayfadaki görseller
PDF
ePub

ma dove fu la sapienza civile ? dove la tolleranza cristiana? dove la prudenza, che vede i mali, i quali dagli odii e dalle gare fraterne debbono uscire? Era sangue italiano quello che si spargeva presso Pistoia: e mani italiane lo versavano largamente. Questo non è che breve episodio della lagrimevole nostra istoria. Altri la chiami gloriosa; tale, per molti rispetti, la dirò anch'io: ma dove ella si consideri nel suo intero, è storia di lagrime, perchè è storia di gelosi furori, di crudeli vendette, preparatrici d'ignobile servitù.

I signori e governatori della terra non la vole» vano abbandonare, siccome uomini, che speravano » difendersi.... Per mancamento di vittovaglia ne man>> darono fuori tutti i poveri, e fanciulli e donne e vedove, e quasi tutte l'altre donne di vile condi» zione.

» Deh quanto fu questa crudelissima cosa a so» stenere nell' animo de' cittadini ! Vedersi condurre le loro donne alle porte della città, e metterle nelle » mani dei nemici, e serrarle di fuori! E chi non » avea di fuori potenti parenti, o che per gentilezza » fusse ricolta, era da' nemici vituperata. E gli usciti » di Pistoia, conoscendo le donne e i figliuoli de' loro » nemici, ne vituperarono assai: ma il duca molte ne

difese.... I Pistoiesi dentro alla terra costrigneano le >> lagrime e non dimostravano le loro doglie, perchè >> vedeano era bisogno di così fare per non morire. Sfogavansi contro a' loro avversarii: e quando al» cuno ne prendeano, crudelmente l' uccideano. Ma la » gran pietà era di quelli ch' erano guasti nel campo ; » chè co' piè mozzi gli ponevano a piè delle mura, ac

, ciocchè i loro padri, fratelli e figliuoli gli vedessono: » e non gli poteano ricevere nè aiutare, perchè la Si» gnoría non gli lasciava acciocchè gli altri non ne »sbigottissono) di sulle mura vedere dai loro parenti › e amici. E così morivano i buoni cittadini pistoiesi, » che dai nemici erano smozzicati, e cacciati verso la » loro tribolata e afflitta città. »

Dino, nel fine della sua storia, ricorda come coloro che avevano sopra gli altri contribuito con le rapine, con l'avidità, con l'orgoglio a tenere Firenze in tumulti e in guerra, finissero quasi tutti di mala morte. Onde l'effetto che porta in noi la lettura della Cronaca del Compagni è simile a quello della tragedia greca, dalla quale usciva un terrore salutare, a spavento e ad ammonizione dei tristi.

1

Da quanto ho discorso in questa Lezione, spero che i giovani saranno indotti a pigliare in amore i li bri degli scrittori che fiorirono nel Trecento: cui ben si adatta quella sentenza di Cicerone, il quale parlando degli antichi poeti dice: « Come, mentre io pas» seggio al sole, mi avviene di essere colorato dalla » sua luce, sebbene questo io non cerchi; cosi quando » mi pongo a studiare nei libri dei nostri antichi, sento » che il mio discorso se ne colora. » 1 Certo niuno può confidarsi di ben sonare alcuno istrumento, ove non abbia innanzi imparato il valore delle note e delle battute. Al modo stesso non è uomo che possa avere stile evidente, se a conoscere il vero significato delle parole non pose cura. Ora è certo trovarsi la pro

De Oratore, lib. 11, cap. xiv.

prietà del parlare nei trecentisti più che in coloro, che vissero in altre età, dai quali trarremo l'arte di fare il discorso armonioso e ornato. Ma l'ornamento guasta, non abbellisce, quando è soverchio o fuori di luogo, e quando le voci nelle scritture non hanno strettissimo e naturale legame con i concetti. Acquistata la cognizione dell' indole de' vocaboli, veduto il modo, con cui si fanno i trapassi italianamente, e con cui i membri del periodo e le parti de'nostri ragionamenti si debbono insieme concatenare, toccal alla fantasía ed all'affetto di dare moto e forma allo stile. Il quale, siccome ho di già notato, non s'insegna dai libri nè dai maestri; sgorga dal cuore e prende qualità dal nostro sentire. Felice l'uomo, lo stile del quale fa manifesto avere egli casta e forte immaginazione, animo aperto ai gentili affetti, mente elevata e nudrita d'alti pensieri! Desiderabile cosa è d'essere riputato grande scrittore: più desiderabile molto è d'essere dai savii stimato buono: nè colui, che tale non è in effetto, speri di averne per giudicio di quelli la fama e il nome. Possono anche i malvagi ipocritamente questo usurpare; ma la virtù simulata non cela a lungo la sua bruttezza. Ch'essa non ha vera luce: e se alle volte all'ingannato giudicio sembra il contrario, il suo fuggitivo lume può compararsi col tetro chiarore de' lampi, il quale per un momento illumina il cielo, e, dileguandosi, più di prima lo lascia oscuro.

LEZIONE DECIMATERZA.

389

SOMMARIO.

[ocr errors]

1

Si mostra come ogni letteratura abbia due parti: una delle quali ritrae l'ideale, l'altra il sensibile.. Effetti che ne derivano. - Pericolo ch'è pei costumi ne' libri, nei quali il sensibile prende aspetto piacente da stile grazioso, o dalle lusinghe delle passioni Come si debba a quello dar forma. - Degli antichi Novellier i; poi del Boccaccio. - Sua giovinezza. Suoi primi lavori. Quando scrivesse il Decamerone. - Ambascerie da lui sostenute. - Rimorsi destati in esso dalle parole di un monaco certosino. Torna a Napoli, ov'è male accolto dall' Acciaiuoli. Sua amicizia col Petrarca. Come la Signoria di Firenze gli ordinasse di spiegare in chiesa la Divina Commedia. Sua morte. Giudizio intorno alle sue opere latine e italiane. - Pregi e difetti del Decamerone.. Quanto facesse il Boccaccio per diffondere in Italia l'amore della greca letteratura.

Sopra un bel lago sereno si stende il cielo; onde le acque di esso sembrano tinte di vago colore di azzurro; qua là le vedi di luce vivissima scintillare e rendere all'occhio, oltre alla immagine delle piante sorgenti sulle sue rive, il tremolio delle foglie, e, ben. chè alquanto ammortite, le gradazioni del loro verde. Ma fa che spinte dal vento grosse nuvole a un tratto ingombrino l'aria: tosto il bel lago tutto 's' imbruna: chè quel densissimo nuvolato in lui si riflette; sicchè di lieto e piacente ch' esso era innanzi, diviene melanconico agli occhi nostri. Così è della letteratura d'ogni nazione. Finchè s'impronta della ideale bellezza, risplende purissima e maestosa; come però il sensibile

in lei s'incarna, muta ella in breve di aspetto e di qualità. In Dante e in Petrarca vediamo la parte ideale della nostra letteratura, perchè quelli ritrassero gli alli pensieri e gli affetti gentili e forti del loro tempo. La sua parte sensibile è tratteggiata nella maggiore opera del Boccaccio, avendo questi dipinto i costumi della età sua, dalla rettitudine antica già declinati. La lettura dei primi ci fa provare diletto e consolazione: ci sembra di venire da essi condotti in luogo di grandissima amenità, ove l' aria sottile c' invigorisce ; la vista degli alberi, delle selve, delle scorrevoli fonti ci mette nell'animo ad ogni passo che vi moviamo nuovo piacere. Ma la lettura dell' altro ci attrista e ci disconforta: onde ci ritroviamo simili all'uomo salito sopra il ciglione d'una montagna, che a piombo cade sul mare. Certo di là egli scopre grati boschetti, distesi prati, sassose vette o d'erba foltissima verdeggianti; vi sente l'odore dei pini e dei tanti fiori che la selvaggia natura produce più freschi e belli che fare non soglia la coltivata. Non vi manca il rumore delle acque che giù scaturiscono dalle balze, nè il canto di mille svariati uccelli. Pure egli non prova il senso di contentezza che gli orridi o i graziosi prospetti della campagna infondono sempre in chi sa guardarli. Perocchè i greppi su cui cammina sono tanto erti e così scoscesi, che mai non vi muta il piede senza temere di diruparne e andare in abisso, nel profondissimo mare che lo circonda.

La bellezza dell'arte e della natura non manca ai libri, nei quali impuri costumi sono ritratti, se chi li scrisse ha, come il Boccaccio, fantasía viva e vigore di

« ÖncekiDevam »