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cia, e Dante stesso, comecchè avesse il pontefice per cagione di tutte le sue sventure, se ne commosse, siccome ne fanno fede i seguenti versi:

Perchè men paia il mal futuro e il fatto,
Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso,
E nel Vicario suo Cristo esser catto.
Veggiolo un'altra volta esser deriso;
Veggio rinnovellar l'aceto e il fele,
E tra vivi ladroni essere anciso.

(Purgatorio, canto xx.)

Bonifazio VIII ebbe molta parte nella politica italiana de' tempi suoi; e benchè volesse mettere pace nelle divise città, vi sparse, forse senza volerlo, i semi di nuove discordie. Si propose in esempio Gregorio VII, ma perchè gli uomini e i tempi erano quasi al tutto variati, diminui l'autorità della Chiesa col dimostrarsi ambizioso e vendicativo, e fu cagione all' Italia di scandali e di rovina, prima per l'amistà, poi per la nimicizia ch'egli ebbe col re di Francia. Gli successe Be

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1 Qui si giudica l'uomo, non il pontefice. Giudizio simile al mio, e forse ancor più severo, portò su questo papa il buon Muratori, del quale niuno può mettere in dubbio la fede e la religione: «Bonifazio VIII, dic' egli, nella grandezza dell'animo, nella >> magnificenza, nella facondia, nell'accortezza, nel promuovere >> gli uomini degni alle cariche e nella perizia delle leggi e de'ca» noni, ebbe pochi pari; ma perchè mancante di quell' umiltà, >> che sta bene a tutti, e massimamente a chi esercita le veci >> di Cristo, maestro d'ogni virtù e sopra tutto di questa, e » perchè pieno di albagía e di fasto, fu amato da pochi, odiato da » moltissimi, temuto da tutti. Non lasciò indietro diligenza alcuna » per arricchire ed ingrandire i suoi parenti, per accumulare te>> sori anche per vie poco lodevoli. Fu uomo pieno di idee mon>> dane, nemico implacabile de' Ghibellini, per quanto potè: ed » essi in ricompensa ne dissero quanto male ne seppero, e il cac

nedetto XI, uomo d' indole dolce, quale a pontefice si conviene.

Era grave a Filippo il Bello che il papa, non inclinando nè ai Guelfi nè ai Ghibellini, tenesse solo per la giustizia. Onde a mantenere in Italia l'autorità del suo nome voleva un pontefice a lui devoto in tal guisa, che per crescere ad esso riputazione esaltasse i Guelfi, abbassando i nemici loro. Però dopo la morte di Benedetto XI, chiamato a sè l'arcivescovo di Bordeaux, fece segretamente con esso turpe mercato, nel quale la pontificale tiara fu messa a prezzo. Tempi assai dolorosi furono questi per la cattolica Chiesa, perchè Clemente V salito sul trono, in luogo di andare a Roma, si trasferi in Avignone, facendosi per tal modo ligio a Filippo. Onde per lui e per i papi che gli successero insino ad Urbano V, o più veramente insino a Gregorio XI (perocchè il primo rimase appena tre anni in Roma), la Chiesa perdette in parte la sua grandezza col perdere ch' ella fece l' indipendenza. Vivendo poi la romana Corte in paese, ove i costumi del clero erano già in antico venuti a gran corruttela, secondo ne fanno fede i versi de' trovatori, più non ebbe l'ecclesiastica disciplina la sua primitiva severità. Però niuno, che abbia senno, non vede come dalla dimora de' pontefici in Avignone abbiano avuto principio gli umori, che, serpeggiando per tutta Cristianità, furono

» ciarono nei più profondi burroni dell' inferno, come si vede nel >> poema di Dante. Benvenuto da Imola parte il lodò, parte il bia» simò, conchiudendo, in fine, ch' egli era un magnanimo pecca» tore. E divulgarono aver papa Celestino V detto ch'egli entre» rebbe nel pontificato qual volpe, regnerebbe qual lione, morrebbe

» come cane. »

in prima cagione del grande scisma di Occidente, e poscia delle diverse eretiche sètte, che hanno disgiunto dalla cattolica Chiesa molti popoli della Germania e dell' Inghilterra. Queste cose io ricordo per ossequio alla verità, e perchè siano palesi i motivi del fiero sdegno avuto dall' Alighieri verso i pontefici de' suoi tempi.

Essendo il papa fuori d'Italia, presero i Ghibellini nuove speranze. E saputo che Arrigo di Lussemburgo si preparava a calarvi per cingere la corona imperiale, prima ch' ei valicasse le Alpi gli mandarono ambascerie, pregandolo volesse affrettarsi al loro soccorso. Venne Arrigo, e tentò di pacificare la Lombardia, rimettendo nelle città i fuorusciti dell' una e dell' altra parte. Altro però non fece con questo che lasciarvi materia a discordie ancor più crudeli delle passate, e porvi stabile fondamento alla signoria de' Visconti. Nè seguì dalla sua venuta migliore effetto in Toscana, dove Firenze con nobilissimo ardire gli tenne fronte, comecchè Arrigo per tre mesi la campeggiasse, mettendone al ferro e al fuoco tutto il contado. Indi per febbre, altri dicono per veleno, mori a Buonconvento nelle maremme sanesi, facendo col suo esempio vedere come la parte imperiale avesse perduto riputazione in Italia. Perchè, aiutato dai Ghibellini sol di parole, non potè porre in esecuzione alcun suo disegno, ovvero le piccole mutazioni fatte da lui finirono insieme con la sua vita. Sicchè l'Italia rimase, com'era prima, in preda alla popolare licenza, battuta da' suoi tiranni, divisa dalle nemiche fazioni, che già le andavano preparando secoli vergognosi di servitù.

Queste cose mi parve fossero da ricordare a dichiarazione del poema di Dante e della sua vita. Durante la quale, benchè non lungo ne fosse il corso, accaddero tanto meravigliosi, improvvisi e fieri accidenti, che certo la sua fantasía ne dovè essere impressionata profondamente, sicchè la naturale disposizione che egli aveva alla poesía per quella impressione molto si accrebbe, e per essa e per altri affetti vivamente sentiti egli fu poeta. Dante era ancor fanciulletto, quando il santo re di Francia Luigi IX passò in Affrica con grande naviglio e con molti armati a combat. tere i Saracini: e poi sulla nuda terra in abito e con parole di penitente là si mori, presso alle rovine dell'antica Cartagine, aggiungendo nuove e meste memorie a un luogo, che per sè stesso tacitamente insegnava quanto sia grande la vanità delle cose umane. Indi a poco i Pisani furono rotti dai Genovesi presso allo scoglio della Meloria, onde in Pisa, siccome scrive il Villani,'« non v'ebbe casa o famiglia, che non » rimanesse vota di più uomini morti o presi in detta » sconfitta, e d'allora innanzi Pisa non ricoverò mai » suo stato, signoría, nè podere. » E perchè alla pisana infelicità mancasse il più dolce d' ogni conforto, la compassione cioè dell'universale, la miserabile morte del conte Ugolino e de' suoi figli e nipoti commosse tutti i buoni in Italia a vivissima indignazione contro di lei. E che questa sentisse Dante, meglio di ogni altro lo provano i versi, con cui ha dipinto il disperato dolore di quell' uomo, colpevole forse con

'Storie fiorentine, lib. vii, cap. XCII.

tro la patria, ma più che colpevole, sventurato; lo provano specialmente le fiere parole, con cui vitupera la crudeltà dei Pisani. Dante era giovine allora, e il cuore de' giovani non si arrende alle ragioni di Stato, si apre facile alla pietà; quindi i giovanili giudizii si fondano quasi sempre sopra di questa.

Il gran poeta non aveva compiuto i diciassette anni, quando i Palermitani e gli altri popoli di Sicilia, non potendo più tollerare la tirannía del re Carlo, alzarono quel feroce concorde grido di « muoiano, muoiano tutti i Francesi, » e tutti i Francesi furono morti. Poi udi narrare o forse vide con gli occhi suoi la crudeltà di Filippo il Bello contro i Templarii, vide le scellerate rapine, le apparecchiate torture, gli accesi roghi, e udi da quelli levarsi tremenda voce, annunziatrice di morte al re peccatore. Quasi nel tempo stesso all' orecchio dell' esule ghibellino, o più veramente a quello dell' intrepido difensore della giustizia giungeva il grido dell' elvetica libertà, la quale rimane e perdurerà a lungo immota, siccome i monti presso cui nacque; mentre gli ordini di que' tempi sono per tutta Europa caduti, spente le famiglie dei re dominanti allora, morte le passioni che agitavano tutti i cuori e tutte le menti. L'impresa tentata da pochi rozzi pastori sorti lieto fine: i disegni degli ambiziosi caddero a vuoto, od ebbero corta vita, quasi a Dio piacesse far manifesto, nè le città nè i regni poter durare senza giustizia, e l'aiuto suo non mancare a quelli che prendono virilmente l' armi per lei.

Anche noi vedemmo rovine di troni, sollevamenti di popoli, furori di sètte, crudeli guerre dai cittadini

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