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ALLA SANTA MEMORIA

DELLA MIA CARISSIMA FIGLIA ROSA

DA TUTTI AMATA E DESIDERATA

PER BONTÀ VERA

PER MODESTA DOTTRINA PER RARO INGEGNO

MORTA

NEL FIORE DEGLI ANNI E DELLE SPERANZE

MA SEMPRE VIVA DENTRO AL MIO CUORE

SICCOME È PUR SEMPRE VIVA IN SENO DI DIO

IO CATERINA FERRUCCI

DEDICO LA RISTAMPA DI QUESTE LEZIONI

NELLE QUALI

MI FURONO SPESSO DI GRANDE AIUTO

LA SUA ERUDIZIONE ED I SUOI CONSIGLI.

FERRUCCI, Lezioni. —I.

Leggendo le antiche storie notiamo, siccome in Roma, finchè vi si mantenne la libertà, fiorissero l'eloquenza e la poesía: e come quella per gare di parte e pe' corrotti costumi dei cittadini essendo venuta a diminuire e poscia a mancare, più non vi fossero eccellenti oratori, nè grandi poeti. Anche vediamo, essere la stessa cosa accaduta in Grecia, dopo che fu sottoposta al dominio dei Macedoni prima, poi dei Romani: perchè l'arte vanissima dei sofisti vi usurpò il luogo, che la vera eloquenza già vi teneva. Che se prendiamo a considerare tempi meno lontani dai nostri, ci è manifesto, in mezzo alle ire delle fazioni, alle guerre civili e alle forestiere, mentre il libero reggimento durava sotto diverse forme in Italia, l'ingegno dei nostri avere avuto tanto meraviglioso vigore da potere in non poche parti eguagliare nella eccellenza delle lettere e delle arti i Greci e i Latini. Ma quando il nostro paese fu, per non avere più armi proprie e per effetto delle intestine discordie, costretto a patire dove la tirannide de' suoi principi, dove la occupazione degli stranieri, parve

che gli occhi degl' Italiani non avessero più virtù di scorgere il bello, e che negli animi loro ammolliti e servi fosse ogni nobile affetto venuto meno. Onde noi avemmo prima i delirii dei Secentisti: quindi l'effeminata scuola degli Arcadi, e prosatori, ne' quali, salvo un piccolo numero di coloro, che avevano i classici ad esemplare, tu mai non vedi nè la gravità de' concetti, nè la graziosa semplicità dello stile, tanto a ragione da chiunque ha senno ammirata nei nostri antichi. A ciò pensando io sino dalla mia giovinezza, aveva sperato, che, dove l'Italia recuperasse la signoría di sè stessa, sarebbe in breve a tutti palese, la corruttela del gusto, la fiacchezza e sterilità delle menti doversi solo imputare a una lunga e ostinata malignità di fortuna. La quale speranza era in me fatta più viva dal ricordare, siccome anche in tempi di servitù pochi nobilissimi ingegni, quali furono al certo quelli dell'Alfieri, del Giordani, del Leopardi, del Marchetti, del Costa, del Niccolini, perchè libero conservarono l'animo loro, e presero i classici a norma nello scrivere e nel pensare, acquistarono a sè e all'Italia splendida gloria. Quindi, allorchè per benigna disposizione del Cielo fu dato alla patria nostra di conseguire la indipendenza e la libertà, già da lei invano per molti secoli sospirate, ne presi grande consolazione, e tenni per fermo che avrebbero i buoni studii di nuovo tra noi portato abbondanti frutti, e che i costumi dei nostri, deposta

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