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altra forza salvo che quella della materia, nè a Dio nè alle sovrumane speranze innalza il pensiero, siccome serve alle naturali passioni nella sua vita; così nello scrivere e nell' inventare imiterà la natura, qual' è in effetto, non potendo nobilitarla col bello ideale, a lui neppure pensabile e immaginabile, perchè la sua mente involuta nel senso non vede e non sente in sè stessa e fuori di sè quanto è spirituale e divino.

Essendo chiaro pertanto a chiunque ha senno, le dottrine dei materialisti e degli atei corrompere la bontà dei costumi e diminuire la gagliardía dell'ingegno, niuno ardirà negare, essere in quelle la principale cagione delle discordie, che tengono in turbamento gli Stati. Certo anche nei tempi da noi remoti furono gare fra i nobili ed i plebei, sicchè tra loro gli abitatori di una medesima terra vennero a guerre fraterne. Ma l'autorità della religione contenne più volte le ire civili; e quando un esercito forestiero metteva in pericolo la pubblica libertà, ognuno, deposti gli odii di parte, correva alla difesa di lei: perchè in Roma antica, finchè l'orgoglio e la cupidigia non vi guastarono ordini civili e costumi, essendo l'amore della patria avuto per santo, stimavasi empio ed indegno di vivere nell' umano consorzio chi avesse per ambizione cercato, non dirò la rovina, ma solo l'abbassamento della grandezza di lei. Dal che poi avvenne che le nimistà fra il popolo e gli otti

mati non vi avessero la bestiale fierezza, che hanno nei nostri tempi. Volevano i seguaci dei Gracchi, siccome vogliono i Comunisti moderni, rapire ai ricchi gran parte del loro avere. È da ricordare però che le terre possedute da quelli avrebbero dovuto al popolo appartenere, se i patrizii con male arti non avessero fatta priva di effetto l'autorità delle leggi. Onde la plebe pigliava l'armi a recuperare ciò che doveva esser suo, non ad usurpare l'altrui. Ma niuno mai fra gli antichi pensò ad abolire il diritto di eredità, a vietare che l'uomo con religiosi riti veneri Iddio, nè a variare in guisa gli ordini dello Stato e della famiglia: chè, se questi disegni avessero effetto, sarebbero le società umane mutate in turpi masnade di barbari e di ladroni. E dove mai tra gli antichi si videro uomini dello stesso paese combattersi insieme furiosamente, mentre il nemico già vincitore in molte battaglie teneva assediata, e giorno e notte assaltava la principale di tutte le città loro? dove mettere il fuoco ai più maestosi edificii di lei, e abbattere monumenti, che del valore dei loro padri erano ai posteri testimonio? dove uccidere vecchi inermi, per santità di ufficio, per innocenza di vita, per bontà e altezza d' animo venerandi?

A questi efferati eccessi vennero, non è gran tempo, uomini appartenenti ad una nazione, che aveva fama di essere la più civile di Europa, per avere essi prestato fede alle lusinghiere dot

trine di empii sofisti. Non è forse difficile ad accadere che quelli, i quali furono civilmente educati, conducano vita in apparenza non rea, quantunque l'errore perverta le loro menti: ma quando la plebe, perduto il timore di Dio, più non discerne il bene dal male, il lecito dall' illecito, chi potrà raffrenare l'impeto suo? Può forse alcuno tenere ne' consueti confini il mare, quando è in tempesta, o impedire che la furia del vento non crolli o non getti a terra quanto è di ostacolo al suo furore?

Da quello che nel giro di pochi mesi avvenne di là dalle Alpi, dovrebbero i governanti nostri inferire come sia di grande pericolo alla sicurezza e alla tranquillità dello Stato permettere che le menti dei giovani siano in alcune scuole imbevute di perniciosissimi errori, mentre essi per essere affatto nuovi nei filosofici studii non possono ancora avere la cognizione del vero. Amica della libertà, io lodo che tra i sapienti siano discussi sistemi e questioni di ogni maniera: perchè la libera discussione della verità e dell' errore genera l'evidenza di quella, e fa che di questo sia a tutti palese la falsità. Ma stimo cosa irragionevole affatto, anzi inumana e crudele, con cavillose argomentazioni ingannare le menti dei giovanetti e mettere in esse il dubbio e il dispregio di ciò, ch' essendo sicura guida della coscienza è freno alla volontà. Anche è da notare, come i discorsi

e gli esempii di quanti furono guasti da un sofistico modo d'insegnamento seducono a poco a poco l'inesperta ragione dei popolani. E perchè invero vediamo noi le rapine, le uccisioni, gl'incendii anche nel nostro paese moltiplicare, se non perchè il giudizio del popolo è pervertito da quei sofisti, che spacciandosi arditamente per banditori di verità e di giustizia parlano sempre dei violati diritti umani, non mai però dei non compiuti doveri? O voi, che mascherandovi da Catoni siete in effetto più cupidi ed ambiziosi di Catilina, deh ! non togliete alla povera plebe la fede degli avi suoi. In che dovrà essa credere, in chi sperare, quando non si confidi nella bontà di Dio? O come potrà tollerare il freddo, la fame, la nudità, le fatiche, e vedere senza invidia gli ornati palagi, le laute mense, le nuove sfoggiate vesti dei ricchi, se più non si prostra amorosamente innanzi alla Croce, promettitrice di eterna felicità agli umili di cuore e ai pazienti? E non sarà da temere che le libere instituzioni siano di corta vita fra noi, poichè dai più è conculcata l'autorità del dovere per essere dalle cattedre ed in mille altri modi insegnato agli uomini d'ogni età e d'ogni grado ad avere in disprezzo l'origine d'ogni legittima autorità, cioè quella d'Iddio?

Parra forse ad alcuno che questo non fosse il luogo di trattare di cose, le quali non sembrano a prima vista avere attinenza col modo che

è da tenere, affinchè gli studii delle lettere siano tra noi ricondotti all' onore antico. Ma io qui ho voluto parlarne, perchè il vero, il buono ed il bello avendo tra loro egualità di principio, se uno di essi sia per malizia o per ignoranza viziato in alcuna sua parte, anche la nativa bontà degli altri patisce grandissima alterazione. Spero io pertanto, che quando l'amore del bello venga riacceso nei cuori dei nostri giovani per l'accurato studio dei classici, le menti di essi saranno eziandío portate a cercare il vero e le volontà loro ad amare il bene. Per la quale speranza con pronto animo condiscesi a chi m' ha chiesto la permissione di dare per la seconda volta alle stampe le mie Lezioni sulla storia dei primi quattro secoli della Letteratura italiana. Io desidero che dalla lettura di questi libri, nei quali con mano debole e rozza ho delineato le sempre nuove bellezze dei nostri classici, siano i giovani persuasi, non potersi mai conseguire nè schietta bontà di stile, nè rettitudine di giudizio da chi non li tiene per suoi maestri. Anche vorrei che nel dare opera a quella scienza, che tratta dei modi, con che si deve ordinare lo Stato, accrescere la ricchezza pubblica e mantenere la libertà, più che nei libri de' forcstieri studiassero in quelli degli scrittori politici del Cinquecento. Imperocchè, siccome non in tutti i luoghi ugualmente crescono rigogliose le stesse piante, volendo ciascuna specie di esse la sua

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