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II.

COGNIZIONI MUSICALI DI DANTE.

Quanto alle cognizioni che il Poeta nostro ebbe di tal disciplina, varie sono le opinioni di coloro che ne trattarono: e la maggior parte degli scrittori moderni non accetta senza benefizio d'inventario quanto ne scrisser gli antichi. Esaminiamo dunque rapidamente queste diverse opinioni.

Il Boccaccio (1) scrisse che Dante: "sommamente si dilettò in suoni e canti nella sua giovinezza e a ciascuno che a quei tempi era ottimo cantatore e sonatore fu amico ed ebbe sua usanza: ed assai cose da questo diletto tirato compose, le quali di piacevole e maestrevole nota a questi cotali facea rivestire Veramente, per quanto sia stata ritenuta molto romanzesca la Vita di Dante scritta da messer Giovanni, in questo passo nulla troviamo d'inverosimile nè di esagerato. Che Dante si dilettasse in suoni e canti nella sua giovinezza è molto possibile e presumibile: ciò non farebbe uscire il Poeta dalla modesta schiera dei dilettanti, e non si comprende perchè non debba aver egli potuto seguire le naturali attitudini del suo temperamento

(1) Vita di Dante.

d'artista esercitandosi a trattare qualche strumento e magari anche la voce. Oh basta esser qualche cosa meno di Dante per levarsi il gusto di canticchiare o di strimpellare uno strumento qualsiasi!

Quanto alle altre cose che dice il Boccaccio, sono tutte documentate e provate. Che l'Alighieri fosse amico ai migliori sonatori e cantori del tempo è affermato dal Poeta medesimo nella Commedia, là dove parla di Casella e di Belacqua: che componesse, non musica, ma poesie da mettere in musica, è provato dal fatto stesso di Casella che pose le note sotto la canzone

Amor che nella mente mi ragiona,

dalla dichiarazione di Dante stesso di averlo fatto talvolta, sebbene di rado, come dice nel Cap. XII, Tratt. II del Convivio, e anche da quanto si rileva dal Cap. XII della Vita Nuova, ove nella Ballata che comincia

Ballata, io vo' che tu ritrovi Amore

si accenna al dolce suono e alla nota soave che l'accompagna, e nella prosa che precede, Dante si fa apertamente consigliare da Amore apparsogli in sogno a far rivestire di note le sue poesie prima d'inviarle a Beatrice: E non le mandare in parte alcuna sanza me, onde potessero essere intese da lei, ma falle adornare di soave armonia, nella quale io sarò

tutte le volte che farà mestiere. (1) A quanto racconta il Boccaccio su questo proposito possiamo quindi, mi sembra, prestar fede piena.

Leonardo Bruni (2) si limita a dire che Dante dilettossi di musica e suoni; neppur qui dunque nulla di strano e d'inverosimile.

Giannozzo Manetti (3) traduce con altre parole il concetto medesimo di Giovanni Boccaccio, dicendo che Dante: in adolescentia vero sonis cantibusque usque adeo oblectabatur ut cum eius temporibus peritioribus artis musicae magistris frequentius conversaretur, quorum nimium summa quadam voluptate allectus atque exhilaratus, Florentino idiomate et soluta oratione et carmine multa egregie composuit. Quindi per le parole del Manetti nulla di più positivo sappiamo.

Invece più oltre di costoro si spinse Francesco Filelfo, (*) il quale affermò che il nostro Poeta: Canebat suavissime, vocem habebat apertissimam, organo citharaque callebat pulcherrime ac personabat, quibus solebat suam senectutem in solitudine delectare. Se bene osserviamo, la diversità che corre tra le parole del Filelfo e quelle degli altri che abbiamo prima citato, consiste sopra tutto nell'avere egli, certo cervelloticamente, voluto precisare e i pregi naturali della voce di Dante e l'arte sua nel cantare, aggiungendo

(1) Vedi anche Appendice.

(2) Vita di Dante.

(3) Specimen Historiae litterariae Florentinae Saeculi Decimitertii ac Decimiquarti, sive Vitae Dantis, Petrarchae ac Boccaccii.

(4) Vita Dantis.

inoltre l'indicazione specificata degli strumenti sui quali si era addestrato. Ora è evidente che manca ogni prova sia del fatto che la voce di Dante fosse apertissima, sia dell'aver egli cantato soavissimamente, sia dell'aver egli sonato la cetera e l'organo. E mentre non pare strano che si dilettasse di suoni e canti nella sua giovinezza, come diceva il Boccaccio, certo non piace figurarsi che con essi dilettasse suam senectutem, nella quale l'animo suo doveva esser occupato da ben altri pensieri.

A parte ciò, anche il Filelfo non fa in sostanza che parafrasare, ampliandolo, ciò che dissero il Boccaccio e gli altri, ossia che Dante sonava e cantava: ma non pretende affatto di farlo passare per un compositore di musica. Onde, come giustamente osserva il Papini, (1) erano inutili le fiere proteste del Bartoli, il quale, coll'affermare che Dante non seppe scrivere una nota, volle, come suol dirsi, sfondare una porta aperta, confutando ciò che nessuno sosteneva. Non ci voleva che un certo signor Fondi (2) per immaginare, proprio ora, che Dante inventasse le melodie e se le facesse poi scriver da altri!

Il Missirini (3) credette a occhi chiusi a tutto ciò che aveva raccontato il Filelfo e, per avvalorarlo, citò esempî di filosofi antichi che si degnarono di consacrarsi alla musica, tra i quali Socrate stesso,

(1) Dante e la Musica. Venezia, Olschki, 1895.

(2) In Rivista Musicale Italiana, anno X, fasc. 1o.
(3) Vita di Dante.

BONAVENTURA, Dante e la Musica 3

del quale Erasmo scriveva: Tanti fecit musicam vir sapientissimus ut iam grandaevus nequaquam discere erubesceret.

Ma quella che veramente appare una supposizione fantastica è che Dante abbia avuto Casella per maestro di musica. Lo dissero, senza però darlo per certo, il Filelfo e il Lastri; lo ripeterono il Pelli, il Ginguené, il Fraticelli e altri ancora. Ma il Balbo osservò che nulla vi era di positivo in proposito, e questa è ormai, si può dire, l'opinione di tutti i moderni.

Si può dunque concludere che quanto alle cognizioni pratiche che Dante potè aver della musica, non si hanno nè si possono aver documenti: giacchè a quei tempi non esisteva un fonografo che fermasse le sue sonate, se qualche strumento sonò, o le sue cantate, se esercitò anche la voce, come non vi eran giornali che ne rendessero conto. D'altra parte non è impossibile nè inverosimile che si sia dilettato anche di musica, come affermarono gli antichi scrittori, che non si possono categoricamente smentire.

Relativamente poi alle sue cognizioni teoriche, è ragionevole innanzi tutto affermare che, essendo a quel tempo compresa la Musica tra le scienze del Quadrivio, Dante debba pure averla studiata; è ragionevole affermare, col già citato Papini, che, come ad altri letterati del tempo, inferiori a Dante non solo per altezza d'ingegno ma anche per vastità di cultura, così anche a lui dovessero esser note le

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