ed anche nel XXXII del Paradiso quando parlandosi della Madre di Maria che, contenta di contemplare la figlia, non batte palpebra pur nel cantare, è detto: Di contro a Pietro vedi sedere Anna tanto contenta di mirar sua figlia che non move occhi per cautare Osanna. Ma è tempo di venire, per chiudere, agli ultimi canti monodici. Perciò, dopo aver di passaggio notato come Cacciaguida, pur cantando cogli altri, debba, per così dire, essersi fatto apprezzare anche a solo, giacchè Dante non solamente rileva il suo merito speciale dicendo ch'era eccellente fra tutti morte di Beatrice, soggiunge: "Io immaginava di guardare verso il cielo e pareami vedere moltitudine di angeli, i quali tornassero in suso e avessero dinanzi loro una nebuletta bianchissima. E pareami che questi angeli cantassero gloriosamente; e le parole del loro canto mi parea che fossero queste: Osanna in Excelsis; ed altro non mi parea udire Il quale pensiero prende poi forma poetica nella canzone, ai versi: Levava gli occhi miei bagnati in pianti E vedea (che parean pioggia di manna) Dopo la qual gridavan tutti: Osanna. Così Dante avendo in mente, fino da quando dettava la Vita Nuova, la glorificazione della sua donna, sceglieva per accompagnarne l'ascensione al cielo quello fra tutti i canti liturgici che secondo l'etimologia ebraica significa Salute e Gloria! E che gli angeli cantassero in onore di lei ricorda pure nella canzone: Morte, poich'io non trovo a cui mi doglia, sul finire della strofa 4a ai versi: Chè mi par già veder lo cielo aprire E gli angeli di Dio quaggiù venire Per volerne portar l'anima santa gli altri, ma lo qualifica proprio col termine di artista: qual era tra i cantor del cielo artista, (1) ricordiamo il canto monodico di S. Pietro che per tre volte gira intorno a Beatrice cantando così divinamente che la fantasia del Poeta è incapace a ritrarne l'incantesimo: E tre fiate intorno di Beatrice si volse con un canto tanto divo che la mia fantasia nol mi ridice. (2) Nè questo è il solo momento in cui lo spirito dell'Apostolo canta: giacchè dopo aver udito le risposte di Dante al suo quesito intorno alla fede, gli imparte la sua benedizione cantando e (può ragionevolmente supporsi) riprendendo lo stesso motivo, cantando il quale si era aggirato per tre volte intorno a Beatrice come ora per tre volte si aggira intorno al Poeta: Così, benedicendomi cantando, tre volte cinse me, sì come io tacqui, Finalmente vanno incluse tra i canti monodici le Beatitudini cantate da ciascun angelo al passaggio da cerchio a cerchio del Purgatorio. (1) Par., XVIII, 51. Veramente la forma con cui Dante accenna alla prima di queste Beatitudini potrebbe far dubitare ch'essa fosse cantata da un coro, giacchè il Poeta parla di voci, al plurale: Noi volgendo ivi le nostre persone Beati pauperes spiritu, voci cantaron sì che nol diria sermone. (1) Ma è indubitabile che anche questa prima volta, come poi sempre, è un angelo solo che canta: e giustamente osserva il Casini che non disdice il plurale in questo caso, come non disdice in Virgilio (En. I, 64) la frase: ad quem tum Iuno supplex his vocibus usa est, e in Dante stesso nel XXII del Purgatorio ove, pure esplicitamente designando un angelo solo, dice: e le sue voci con sitiunt senz'altro ciò forniro. Anche per la descrizione della sovrumana dolcezza di questo canto intonato dall'angelo, il Poeta ricorre ad una di quelle circonlocuzioni che sono a lui abituali e delle quali già tanti esempî abbiamo incontrato dice cioè che lingua umana non sarebbe capace di esprimerne l'intima soavità e quindi di darne un'idea: cantaron sì che nol dirìa sermone. Anche quando i poeti son giunti alla scala che mena al terzo cerchio del Purgatorio, l'angelo in (1) Purg., XII, 109. tona le parole della Beatitudine Evangelica che dicono: Beati misericordes e le altre: Godi tu che vinci cioè che trionfi del peccato d'invidia : Noi montavam già partiti da linci e: Beati misericordes, fue cantato retro, e: Godi tu che vinci. (1) Non sempre il Poeta a indicare il canto dell'angelo nelle Beatitudini adopera termini musicali: ma deve intendersi, o per meglio dire è sottinteso, che queste sono sempre cantate. Così la Beatitudine riferita nel Canto XVII, Beati pacifici e quella riferita nel XIX quando l'angelo move le penne: qui lugent affermando esser beati, del quale angelo Dante aveva, pochi versi innanzi, lodato la dolcissima voce, allorchè udì: Venite, qui si varca, parlare in modo soave e benigno qual non si sente in questa mortal marca. Poi troviamo il già riferito canto dell'angelo, le cui voci con sitiunt senz'altro ciò forniro; (2) (1) Purg., XV, 37. (2) Purg., XXII, 6. e l'altro: Beati cui alluma, ecc. (1) Finalmente (e qui non solo la terminologia musicale ritorna colla parola cantava ma è anche qualificata la voce dell'angelo, tanto più viva di quelle che si odono in terra) troviamo l'angelo della Castità che: fuor della fiamma stava in su la riva e cantava: Beati mundo corde in voce assai più che la nostra viva.(2) Beati mundo corde Questo angelo per animare i poeti a traversare le fiamme purificatrici, li invita a seguire l'altro canto monodico che un altro angelo intona al di là: Poscia: più non si va se pria non morde E a questo canto essi appunto si affidano: Guidavaci una voce che cantava di là e noi attenti pure a lei venimmo fuor là dove si montava: Venite benedicti patris mei sonò dentro ad un lume che lì era tal che mi vinse e guardar nol potei. |