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Per ultimo debbo accennare, aggiungendo a ciò che fu detto da altri qualche nuovo esempio e qualche nuova osservazione, alla grande arte dimostrata da Dante nel ritrarre per mezzo del suono i fenomeni naturali: tra questi, innanzi tutto, l'effetto della luce e dei colori, trovando le corrispondenze tra i fenomeni luminosi e quelli sonori.

E per prima cosa ricordiamo come talora il Poeta, trasportando le parole dall'un senso all'altro, si valga di quelle che contengono un'idea di suono per indicare un'idea di luce. Così troviamo che per alludere all'oscurità è detto che il Sol tace o che il loco è d'ogni luce muto, frasi che adombrano, come scriveva il Venturi, le corrispondenze fra il senso dell'udito e quello della vista.

Di contro, in un passo del Paradiso (1) troviamo termini relativi alla pittura e al colore trasportati a significazione musicale. S. Pietro ha cantato, volgendosi per tre volte intorno a Beatrice; ed il suo

(1) Canto XXIV, v. 25.

canto è stato così divo che la fantasia del Poeta non è in grado di ridirglielo, di rappresentarglielo. Però, egli continua,

però salta la penna, e non lo scrivo,

chè l'immagine nostra a cotai pieghe,

non che il parlare, è troppo color vivo.

Pieghe è il termine pittorico che qui il Poeta adatta al canto di S. Pietro, continuando nel traslato col dire che la nostra immaginazione non che la nostra parola sono colori troppo vivi per ritrarlo. Intorno all'opportunità dell'aver applicato al canto l'idea di piega, così si esprime il Cesari: Ora la piega si aggiusta bene alla voce, passando da una nota all'altra dolce e mollemente, o no: cioè abbassandola e levandola, come si fa nelle pieghe de' panni; e conducendola senza salti duri nè crudi guizzi ma come per isdrucciolo soavemente (il che nella Tancia è detto portar la voce: ed Orazio: liquidam vocem). Pertanto il Poeta ha usato questa voce pieghe per la somiglianza che ha il piegar della voce con le pieghe suddette: e volle dire in sentenza: se è difficile al pittore il ben rappresentare le pieghe delle vesti, quanto più alla penna il rassemprare cotai pieghe, io dico del canto, in parole! Ma non ha colori da ciò: cotai pieghe, cioè di tal natura che non vanno in parole e che a stento (nota rincalzo!) possono essere eziandio immaginate „.(1)

È poi naturale che i colori troppo vivi non sieno

(1) Dialogo Decimo.

adatti alla dipintura delle pieghe, le quali resultano appunto dal chiaroscuro e non apparirebbero se fossero di color più vivo che il resto dell'abito, come già osservava il vecchio Lana dicendo: "Nota che 'l dipintore, quando vuole dipingere pieghe, conviene avere un colore meno vivo che quello della veste, cioè più scuro, e allora appajono pieghe: imperquello che in ogni piega l'aiere è più oscuro che in la superficie: e però se lo colore della piega eccedesse in chiarità la vesta, non farebbe piega, anzi farebbe della vesta piega e di sè superficie: e così sarebbe contrario alla intenzione del maestro pintore

Ma oltre a questo trasporto di parole dal senso pittorico al musicale, a me preme notare come esso porga occasione al Poeta per una profonda ed acutissima osservazione di estetica; giacchè nei versi citati non solo sono posti in rapporto il colorito pittorico e il colorito musicale, ma anche la determinatezza della parola coll' indeterminatezza della musica. Le idee che possono essere contenuto della musica altro non sono che idee musicali: le altre idee, cioè i veri e propri concetti, i veri e proprî ragionamenti non possono trovare nell'arte dei suoni una determinata espressione, mentre la trovano nella parola, che appunto definisce l'idea. Il Grillparzer scriveva: "Se si volesse caratterizzare rigorosamente la differenza fra la musica e la poesia, bisognerebbe richiamare l'attenzione su ciò, che l'effetto della musica comincia dall'eccitazione dei sensi, dal giuoco dei nervi,

ed, eccitato il sentimento, giunge tutt'al più in ultima istanza alla parte spirituale, mentre la poesia sveglia prima l'idea, non agisce sul sentimento che per mezzo di essa e, quale estremo grado della perfezione e dell'abbassamento, rende partecipe la parte sensuale: dunque il cammino d'ambedue è precisamente l'opposto. L'una spiritualizzamento del corporeo, l'altra incorporazione dello spirituale „. (1)

Come la poesia, così anche la pittura e la scultura possono avere un contenuto determinato e definito, per cui possiam dire che soggetto della Gerusalemme è la liberazione del Santo Sepolcro, che soggetto del tal quadro o della tale statua sono una scena familiare, una battaglia, un paesaggio, un ritratto, un gladiatore, le tre Grazie etc. etc. Ma il contenuto di un pezzo musicale, fatta astrazione dalle parole cui possa per avventura andare congiunto, è indefinito e indefinibile, nè si può significare a parole, perchè l'idea che lo informa non è un'idea razionale, ma solamente un'idea musicale. Ora se la parola, nella sua determinatezza finita, non può riuscire a ritrarre l'indeterminatezza indefinita della musica la quale, come fu detto, comincia là dove la parola finisce, è naturale ch'essa parola, come ben dice Dante, sia troppo color vivo per ritrarre le sfumature; o le pieghe, del canto, che nella sua vaga e intraducibile espressione di un'idea musicale non

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può venir significato con parole precise. Che se anche nella poesia esiste l'indefinito, che costituisce uno dei principali suoi fascini, quanto però maggiore non è desso nella musica per la stessa natura del linguaggio musicale, dal quale ogni determinatezza di concetti che non sieno puramente musicali è affatto aliena ed estranea! La bellezza di una musica si sente, s'intuisce, ma non si traduce a parole: chi non comprende che a dipingerne l'intimo fascino misterioso la parola è troppo color vivo? Ma riprendiamo il nostro cammino.

Altrove l'effetto ottico è reso dal suono stesso

del verso.

La terzina:

Quale nei plenilunii sereni

Trivia ride tra le Ninfe eterne

che dipingono il ciel per tutti i seni

non è al tempo stesso, una pittura e una musica? Così il cupo suono dei molteplici u nelle parole bruna, bruna, perpetua, luna, e la distensione d'uno di essi per la dieresi, ci rende il color cupo dell'acqua di un ruscello che scorra all'ombra di alberi i quali intercettino il passo ai raggi solari o lunari:

Avvegnachè si muova bruna, bruna,

sotto l'ombra perpetüa che mai

raggiar non lascia sole ivi nè luna.

L'effetto opposto del chiarore, della lucentezza, è reso pure, più volte, mirabilmente dal suono dei versi, come, tra i molti, da questi:

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