Perché non m'accarezzi e non mi baci? Ma come si destasse in quel momento,
Del vano error che la deluse accorta, Da lui si strappa, e in atto di spavento L'avido sguardo d'ogni intorno porta; E dell'amico che al suol giace spento Vista la faccia irrigidita e smorta, Prona su lui con disperato affetto Cadendo il bacia e se lo stringe al petto. Poi vòlta al ciel siccome furibonda
La fronte con le palme si percote, Parla all' estinto e quasi ei le risponda Gli tien sui labbri le pupille immote; Perenne intanto alla dogliosa inonda Largo pianto amarissimo le gote.
A tanto duol commosso in sulla rea Nipote il fier Pagano anch'ei piangea. Ma come, dopo lungo indugio, stanca
Del gran furor del pianto l' ebbe vista, Di confortarla con quel pio non manca Umano proferir che il cor s'acquista. Le rammenta siccome all'oste franca Quando fêr d'Antiochia la conquista Scorta ei l'avesse, ed or messo del padre. Venir dicea dalle lombarde squadre.
E a confermar quel detto, il ricco brando Di domestiche imprese effigiato Venía quindi alla vergine mostrando, Dall' ignaro fratello a lui mandato Là nella grotta penitente, quando
Gli ebbe Gulfiero dal burron salvato:
Ma il suo nome a lei tacque, ben sapendo Quanto esecrato le verrebbe e orrendo. 1
1 Pagano nella sua giovinezza innamoratosi di Viclinda, moglie di Arvino, ne potendo per l'onestà di lei essere corrisposto, accecato dalla passione, aveva ucciso a tradimento il proprio padre, scambiandolo nella notte per il fratello; quindi, fatto preda ai rimorsi, si era recato nella Palestina, ed ivi da molti anni menava aspra vita di penitente in una caverna, quando vi giunsero, cogli altri cavalieri della croce, i Lombardi capitanati appunto da suo fratello.
Del genitor la spada incontanente La vergin riconobbe, e il guardo volto A chi la reca, tosto nella mente La memoria le corse di quel volto; Ed Oh perchè, dicea tutta piangente, Di morir nel serraglio mi fu tolto? Perchè fra tanta strage scellerata Questa oscura infelice hai tu salvata? Tutta la notte e tutto il giorno appresso
Intrattabil, restía d'ogni conforto,
Fra un singhiozzar, fra un piangere indefesso Al petto ansante si stringea quel morto; Ma togliendosi alfin dal freddo amplesso, Quando il secondo sol parve dall'orto, Come il Lombardo la consiglia, ha cura L'amante d'onorar di sepoltura. Sulla verde collina all'ombra molle De'sacri cedri ond'è la Siria altera, Egli là dove più fiorian le zolle Una fossa scavata avea la sera: Sugli omeri il cadavere si tolle, Dietro a cui la nipote si dispera, E aiutato da quella lagrimosa In ricco manto avvolto ivi lo posa. 1
LA RONDINELLA. 2
Rondinella pellegrina
Che ti posi in sul verone, Ricantando ogni mattina Quella flebile canzone,
Che vuoi dirmi in tua favella,
Pellegrina rondinella?
Solitaria nell'oblio,
Paragonino i giovani studiosi questo luogo del Grossi, che ispirò al Verdi quella divina musica de! terzetto de' Lombardi, a quello del Tasso, dove si descrive la pietosa morte di Clorinda.
Dal tuo sposo abbandonata. Piangi forse al pianto mio Vedovetta sconsolata?
Piangi, piangi in tua favella, Pellegrina rondinella. Pur di me manco infelice
Tu alle penne almen t'affidi, Scorri il lago e la pendice, Empi l'aria de' tuoi gridi, Tutto il giorno in tua favella Lui chiamando, o rondinella. Oh se anch' io!... Ma lo contende Questa bassa, angusta volta, Dove sole non risplende, Dove l'aria ancor m' è tolta, Donde a te la mia favella, Giunge appena, o rondinella. Il settembre innanzi viene, E a lasciarmi ti prepari: Tu vedrai lontane arene; Nuovi monti, nuovi mari Salutando in tua favella, Pellegrina rondinella.
Ed io tutte le mattine
Riaprendo gli occhi al pianto, Fra le nevi e fra le brine Crederò d'udir quel canto, Onde par che in tua favella Mi compianga, o rondinella. Una croce a primavera
Troverai su questo suolo: Rondinella, in su la sera Sovra lei raccogli il volo: Dimmi pace in tua favella, Pellegrina rondinella. 1
1 Questa Canzonetta è doventata popolare in Italia ed è stata posta in musica da celebri maestri non tanto per quell' affetto malinconico che ispira, quanto perche si associa ai tristi casi di Bice, e rammenta una scena delle più patetiche nel Marco Visconti. Vedi cap. XXVI.
Tra le foci del Tevere e dell' Arno, Al mezzodì giace un paese guasto: Gli antichi Etruschi un dì lo coltivarno, E tenne imperio glorïoso e vasto: Oggi di Chiusi e Populonia indarno Ricercheresti le ricchezze e il fasto, E dal mar, sovra cui curvo si stende, Questo suol di Maremma il nome prende. Da un lato i lontanissimi Appennini Veggionsi quasi immensi anfiteatri, E dall' altro tra i nuvoli turchini Di San Giulian le cime e di Velatri; 2 E dalla parte dei flutti marini, Sempre di nebbia incoronati ed atri, Sembrano uscir dall' umido elemento I due monti del Giglio e dell' Argento. Sentier non segna quelle lande incolte,
E lo sguardo nei lor spazi si perde: Genti non hanno, e sol mugghian per molte Mandre quando la terra si rinverde; Aspre macchie vi son, foreste folte
Per gli anni altere e per l'eterno verde,
* Le note non contrassegnate di asterisco sono dell' Autore.
2 Velatri, antico nome di Volterra.
Dell' Argento, Monte Argentario. Per gli altri particolari della Maremma
e suo clima, vedi Targioni, Viaggio in Toscana.
E l'alto muro delle antiche piante Di spavento comprende il viandante. Dalla loro esce il lupo ombra malvagia Spiando occulto ove l'armento pasca; Il selvatico toro vi si adagia,
E col rumore del mare in burrasca L'irto cinghiale dagli occhi di bragia. Lasciando il brago fa stormir la frasca, E se la scure mai tronca gli sterpi, Suona la selva al sibilar dei serpi. Acqua stagnante in paludosi fossi, Erba nocente che secura cresce; Compressa fan la pigra aria di grossi Vapor, d'onde virtù venefica esce; E qualor più dal Sol vengon percossi, Tra gli animanti rio morbo si mesce: Il cacciator fuggendo, dal lontano Monte contempla il periglioso piano. Ma il montagnòlo agricoltor s' invola
Da poi che ha tronca la matura spica; Ritorna ai colli, e con la famigliuola Spera il frutto goder di sua fatica:
Ma gonfio e smorto dall' asciutta gola Mentre esala l' accolta aria nemica, Muore, e piange la moglie sbigottita Sul pan che prezzo è di sì cara vita. 1 Io stesso vidi in quella parte un lago
Impaludar di chiusa valle in fondo; Del dì poche ore il Sol vede, e l' immago Di lui mai non riflette il flutto immondo,
E non s'increspa mai, nè si fa vago
1 I campagnoli che abitano l'Appennino toscano, e massimamente quelli della Provincia pistoiese, sogliono andare per varii mesi dell'anno a coltivar la Maremma: il frutto delle loro fatiche e privazioni serve di sostegno a quella parte di famiglia che rimane al paese nativo: ivi ritornano nell' estate, meno a'cuni che di frequente muoiono per l'arie mal sane, ove li trasse il generoso desiderio di sollevare gl' indigenti congiunti Questa generazione di uomini è piena di virtù, e pochi son quelli che non cantino con grazia le loro leggende e i canti del Tasso; molti di essi anche improvvisano in versi, ed a questi costumi si riferisce l'ottava 45 del terzo Canto, ove s'introduce a cantare uno di questi rustici poeti.
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