Pien di speme e di gioia: Diman tristezza e noia Recheran l' ore, ed al travaglio usato Cotesta età fiorita È come un giorno d'allegrezza pieno, Che precorre alla festa di tua vita. Stagion lieta è cotesta. Altro dirti non vo'; ma la tua festa Ch' anco tardi a venir non ti sia grave.2 1 Vedi pag. 429, nota 1. 2 Il concetto che informa tutta questa mesta poesia è il seguente: Un bene è più dolce sperato, che ottenuto; anzi una cosa è bene fin che la speri, non è più quando l' hai conseguita. Così nel tempo della fatica riguardi come un gran bene il riposo, ma poi nel riposo t'annoi; tinchè sei fanciullo desideri doventar uomo, ma quando sarai uomo fatto penserai con mesto desiderio a' placidi e innocenti diletti della fanciullezza, che più non ritorna. Insomma il bene o è sperato, o ricordato, anzi neanche ricordato, ma immaginato solamente, e non goduto mai. Vano è il bene, vana è la speranza, e tutto è vano, fuorchè il solo dolore. È questa la filosofia sconsolata del Leopardi, ch' egli attinse più che altro dalla propria sven tura, e che espresse sempre, sia in prosa, sia in poesia. Il Leopardi adunque non canta altro in sostanza che il dolore e la morte, anzi il proprio dolore e la morte delle proprie speranze; è lirico essenzialmente soggettivo, e come tale non ha forse in Italia chi lo pareggi. Ora sotto questo rispetto del bono considerarlo i giovani studiosi, se vogliono gustarlo davvero, ed evitare l'errore, nel quale cadono molti, di dare un valore assoluto ed universale a certe sentenze, le quali non esprimono altro che lo stato d'animo di questo grande e sfortunato ingegno. Vedi nell' Antologia della prosa la lettera del Pellico, dove discorre della monomania Foscoliana, e applica ciò che dice anche a questo caso (pag. 27); e invece di pigliare le opinioni belle e fatte dagli altri, avvezzati a formarti opinioni giuste da te, rispettando però sempre quelle degli altri. 432 LUIGI CARRER. I. ALLA TERRA. Grato a' tuoi doni fin ch' io viva, e a quella Che, fra i volgari tumuli e le croci, Serba il fral della madre, e aspetta il mio. Rimane omai che il vagheggiarti, o cara Lontana, tale al mio pensier ti mostri Nè ancor scotea l'arborea chioma il monte L'empie conquiste e immortalò coi carmi. Qui vale agitato, stanco. 2 Resoluta o risoluta qui vale sciolta o molle, soffice, facile a sciogliersi. Vere novo, gelidus canis quum montibus humor Liquitur, et Zephyro putris se gleba resolvit. VIRG., Georg, 1, 43. Antologia della Poesia italiana moderna. 28 Sei bella, o Terra, e di tesor feconda! Alte d'un mondo, lieto al par del nostro Qual parte scaldò il sol, quando in pria diede E qual, come corteccia, a mano a mano Che indarno lamentò la tolta luce. * A me basta la vista onde mi béo Delle zolle dipinte, e l'ineguale Dolce all'orecchio il suon della zampogna, Olezzanti del Maggio, della state Alte per profonde, perchè queste due parole esprimono in sostanza la stessa cosa, guardata però ora da un estremo, ora dall' altro. Entrai per lo cammino alto e silvestro. DANTE, Inf., II, in fine. 2 Poeta e non scienziato, non vuol trattare la parte veramente scientifica del suo tema. Il lettore paragoni quest' Inno all' Invito a Lesbia Cidonia (pag. 86). Là v'è più scienza e adorna di vaga poesia, qui c'è più fantasia, più lirica. 3 Mi giova latinamente per mi piace, mi diletta. |