IV. A MARGHERITA B. M. (Nella morte di un suo figlioletto.) Non anco esperta de' terreni affanni, Che t' ardea ne sereni occhi e nel viso, 1 E d'ogni tua speranza il fior preciso Cesse al tempo e alle cure, e tal son fatto Se alcun, del falso lume al primo albore V. AD ANNA F. (In morte del suo figlioletto.) Quando tra il sonno, che serpeggia lieve T'abbraccia e bacia e i tuoi baci riceve, No, sventurata; il figlio, il figlio stesso Egli è, che dalla pace ove dimora Torna bramoso al tuo materno amplesso. Vale propriamente tagliato prima del tempo, ed ha qui molta proprietà. Lat. præcido, da præ, innanzi, e cædo, taglio. E tutta notte, finchè giunga l'ora Ch' ei ti fu tolto, a te veglia dappresso, E svanisce cogli astri in sull' aurora. VI. ALLA STESSA. Quando aïta al tuo duol speri o conforto, Dicendo: oh invan sì bello, è il tuo dì corto: Ne sol quel fior, ma lunga èsca a' tuoi pianti Che scorra mormorando a te davanti. Senza speme è il tuo danno; e se d'oblio Lusingano il tuo duol, mentono i canti. Oh! piangi, piangi: teco piango anch' io. VII. UN PADRE ALLA FIGLIA MORTA. Di teneri giacinti un molle serto, E d'un tuo riso almen, s' altro è disdetto, Tanto fidò nel filïale affetto, Tanto l'amor paterno in lui potea! 1 1 "Dante e Petrarca, anime divinamente amorose, deltarono sonetti pieni di così profonda e gentile tristezza, da sforzar gli occhi alle lacrime. Dopo di loro questo componimento si mantenne, è vero, nobile ed illustre sotto la penna di altri scrittori, ma quella prima indole di semplicità e d'afietto non ebbe più. Solo negli ultimi tempi Foscolo e Carrer, lamentando i travagli della vita raminga e sconsolata, ricordarono un tratto quegli antichi maestri » Così Giovanni Prati (vedi in fronte alle sue Poesie. Napoli, 1847); ed io che in questo la penso come lui, trattandosi di sonetti, ho riportato volentieri le parole d' un' uomo che ne giudica così bene, e, quel che importa assai più, gli sa fare così bene. GIUSEPPE GIUSTI. umore. I. IL BRINDISI DI GIRELLA. Dedicato al signor di Talleyrand buon' anima sua. Girella (emerito Di molto merito), Della sua cronaca Particolare Gli uscì di bocca La filastrocca. Viva Arlecchini E burattini Grossi e piccini ; Viva le maschere D'ogni paese, Le Giunte, i Club, i Principi e le Chiese ! Da tutti questi, Con mezzi onesti, Barcamenandomi3 1 Levando la briglia all' umor faceto, cioè abbandonandosi tutto al buon 2 Vale, non seppe più usar prudenza nè contenersi: In vino veritas. 29 Tra il vecchio e il nuovo, Viva Arlecchini E burattini; Viva i quattrini! Viva le maschere D'ogni paese, Le imposizioni e l'ultimo del mese! Io, nelle scosse Delle sommosse, Tenni, per ancora Di monasteri. Viva Arlecchini E burattini, care la destrezza di colui, che procedendo con tutta cautela e, se occorre, con furberia, sa farsi benevoli gli uomini di sentimenti diversi e opposti, e trarne vantaggio. Cioè, costante ne' proprii principii e che non sa barcamenarsi. |