Qual chi da buia carcere Esce all'aperto, e la catena ha seco; Qual chi, l'opaca tunica1 Toltagli, esclama: or non son io più cieco? Tal, come di miracolo Quotidian, ti rende il pensier mio Dice I' ti veggo ancor, sole di Dio. Discerne ancor sulla parete il bianco Quasi candido fior, quest' occhio stanco. Ma non distingue il tremulo Scintillar delle stelle, e i bei colori De' visi amati, e in mezzo al verde i fiori. Ah sia continue tenebre La mia giornata estrema tutta quanta, Quaggiù mi resti, oh mansueta, oh santa! Nel paziente e vigile Senno romita, ed umilmente altera, Ispirasti alitar di primavera. La man tua fida il povero Cieco sorregga, e di tua mente pura Salvo mi scorga alla mia sepoltura. Senza di te, cadavere Pien di vivi dolor, che farei io? Della sua pace il raggio Non mi s'asconda. Orate, Angeli, a Dio. 1 Cioè, la cateralta. III. ARMONIA DELLE COSE. A giovane donna. Quanto tratto di ciel, quanto, o diletta, Di che pianeta, o di che fonte arcana Move, e per quanti error balza e si frange E il calor ch'esce di due alme unite In un amplesso generoso e pio, In quant' aria si fuse, in quante vite Quanti moti un sol moto, e quanti adduce Una materia in varii modi ordita Voi, zefiri, produsse, e voi, ruscelli: E tutto vive, e quel che morte al mondo Spirto i suoi germi Sparge nel giro delle sfere ardenti, 1 Qui vale illusione, inganno; e se ne trovano esempi. Cenere e terra, o giovanetta. è 'l breve Forse quest' aura, che le smorte foglie Alcun de germi che fûr già le spoglie L'aura notturna all' esule mendico Nell' aria stessa erran confusi insieme, E il respir de' nemici e degli amanti, E armonia d' ineffabile mistero Nelle lontane età diffonderanno, L'una nell' altra essenza si rinfonde, Entro la vita del mio stanco frale Altre s'accendon vite a cento a cento; Morte ed Amor de' tuoi mister, Natura, Amore e Morte. La terra e il ciel con grande amor feconda Con gran desio si specchia in picciol' onda In ogn' istante è un'infinita ampiezza Poesia profonda di pensiero, e da studiarci sopra. GIOVANNI PRATI. I. IL MONDO AL POETA. << Non recatemi fior; datemi spine, Ch'io tesser voglio una crudel corona Che di sogni e di larve s' innamora, Così grida la turba e infigge il serto; II. A LUIGI CARRER. Scarsa, o Luigi, è l' allegrezza in questa Riva deserta, e l'anima che sente Non beve al nappo che il piacer le appresta 1 Soverchiamente, troppo |