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Qual chi da buia carcere

Esce all'aperto, e la catena ha seco;
Qual chi, l'opaca tunica1

Toltagli, esclama: or non son io più cieco? Tal, come di miracolo

Quotidïan, ti rende il pensier mio
Grazie, e con gioia trep da

Dice: I' ti veggo ancor, sole di Dio.
Dal buio che l' attornia,

Discerne ancor sulla parete il bianco
Raggio posare, e il coglie,

Quasi candido fior, quest' occhio stanco.

Ma non distingue il tremulo

Scintillar delle stelle, e i bei colori

Dell'iride, e il sorridere

De' visi amati, e in mezzo al verde i fiori.

Ah sia continue tenebre

La mia giornata estrema tutta quanta,
Purchè tu sole all'anima

Quaggiù mi resti, oh mansueta, oh santa ! Nel paziente e vigile

Senno romita, ed umilmente altera,
Tu nel mio verno un florido

Ispirasti alitar di primavera.

La man tua fida il povero

Cieco sorregga, e di tua mente pura
L'occhio la via gl' illuinini,

Salvo mi scorga alla mia sepoltura.

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Pien di vivi dolor, che farei io?

Della sua pace il raggio

Non mi s' asconda. Orate, Angeli, a Dio.

1 Cioè, la caleratta.

III.

ARMONIA Delle cose.

A giovane donna.

Quanto tratto di ciel, quanto, o diletta,
Vincea d'acque e di terre impedimento
L'aura che reca a me della tua schietta
Voce il concento?

Di che pianeta, o di che fonte arcana

Move, e per quanti error balza e si frange
Il raggio ch' entro una pupilla umana
Sorride o piange?

E il calor ch'esce di due alme unite

In un amplesso generoso e pio,

In quant' aria si fuse, in quante vite
Corse e svanio?

Quanti moti un sol moto, e quanti adduce
Una sola cagion diversi effetti!
Piena di preghi è l'armonia, la luce
Piena d'affetti.

Una materia in varii modi ordita

Voi, zefiri, produsse, e voi, ruscelli:
Spira da un solo amor la vostra vita,
Fiori ed uccelli.

1

E tutto vive, e quel che morte al mondo Appare, è sogno de' nostr' occhi infermi. Un sereno, instancabile, profondo

Spirto i suoi germi Sparge nel giro delle sfere ardenti, Posa nel seno delle tombe oscure. E nulla cosa è vil; tutte possenti, Tutte son pure. Fervid' acqua di stagno in alta neve Biancheggia: umida terra è fior gentile;

1 Qui vale illusione, inganno; e se ne trovano esempi.

Cenere e terra, o giovanetta. è 'l breve
Tuo casto aprile.

Forse quest' aura, che le smorte foglie
Lieve baciando erra su me, rapío

Alcun de germi che fûr già le spoglie
Del padre mio.

L'aura notturna all' esule mendico
Porta i sospiri che la madre pia,
O la diletta memore, o l'amico
Fido gl' invia.

Nell' aria stessa erran confusi insieme,
Qual di suoni o di rai piene concento,
E l'inno di chi spera, e di chi geme
L'umil lamento;

E il respir de' nemici e degli amanti,
E de' servi le grida e de' tiranni,
Che, insieme miste, van sulle sonanti
Ale degli anni,

E armonia d' ineffabile mistero

Nelle lontane età diffonderanno,
E dall'odio l'amor, dal falso il vero
Educheranno.

L'una nell'altra essenza si rinfonde,
E più s' innova quanto più si mesce;
Cigno che più si tuffa, e più dall'onde
Bianco rïesce.

Entro la vita del mio stanco frale

Altre s'accendon vite a cento a cento;
E ad altri spirti il mio velo mortale
Forse è strumento.

Morte ed Amor de' tuoi mister, Natura,
De' tuoi misteri, o Fede, apron le porte;
Allevan l'alma con materna cura

Amore e Morte.

La terra e il ciel con grande amor feconda
Di picciol fiore un delicato stelo:

Con gran desio si specchia in picciol' onda
La terra e il cielo.

In ogn' istante è un'infinita ampiezza
D'anni ogni spazio è l'universo intero.
Il buio è luce, è l'umiltate altezza:
Tutto è mistero. 1

Poesia profonda di pensiero, e da studiarci sopra.

GIOVANNI PRATI.

I.

IL MONDO AL POETA.

<<< Non recatemi fior; datemi spine,

Ch' io tesser voglio una crudel corona
Per questo pazzo che canta e ragiona
Soverchio fuor del natural confine.
Se ha fragil come noi mente e persona,
Perchè tenta vie scabre e peregrine?
E che son queste fantasie divine?
Che è quest' aura, che nel cor gli suona?
Costui si poco della vita esperto,

Che di sogni e di larve s' innamora,
La corona dell' uom sappia che sia ! >>

Così grida la turba e infigge il serto;

Gocciola il sangue; il ciel se ne addolora;
Egli sorride e canta tuttavia.

II.

A LUIGI CARRER.

Scarsa, o Luigi, è l' allegrezza in questa
Riva deserta, e l'anima che sente

Non beve al nappo che il piacer le appresta
Senza poi dolorarne eternamente.

1 Soverchiamente, troppo

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