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GIULIO CARCANO.

LA FANCIULLA.

Specchio del cielo è la tua fronte blanda,
E'l tuo sorriso quel d'un angiol pare;
Cingi di bianche rose una ghirlanda,
Bevi il sospiro dell' aure più care!

1

Fanciulla, a te il mio core un voto manda,
Come a una santa imago in ermo 1 altare;
Così tu accogli la mesta preghiera,
Dimmi il segreto dell'età che spera.
Ti pose Iddio, ricordo della prima

Nostra innocenza, in questa età caduca,
Qual fior, che nato nel celeste clima
I nostri rei pensieri a Lui conduca !
Chi del rimorso in cor sente la lima,
Chi non ha stella che d'amor riluca,
Te, di miglior speranza animatrice,
Te contempla, o gentil, te benedice.
Quando l'eterna mano al tempo apriva
L'ampia fecondità della natura,

Perchè, al primo tuo dì, non ti nudriva
Tra i fior dell' Eden, nell' orezza pura?
Chè, forse ancor della beata riva
Ospite eletta, ignota alla sciagura,

E secura dal male, a cui non nacque,
Saría l'opra in che Dio tanto si piacque.

Ma poi che della vita ebra fidanza

La virtude innocente ebbe conquisa,

1 Romito, solingo, diserto.

Sol' essa, in questa di sciagure stanza,
Le memorie dolenti imparadisa:
Di perdon creatura e di speranza,
Lassù, dond'è venuta, ognor s'affisa;
Nè sa qual pianto grondi in sulla terra,
Ne dell'ira mortal crede a la guerra.
Ma quando il ciel sorride in sua tranquilla
Bellezza, e tace il vento e posan l'onde,
Disïando essa leva la pupilla,

Cerca l'astro natío che si nasconde:
Sugli occhi suoi una lagrima brilla;
E al sospir del suo core allor risponde;
Una prece non conta, una parola:
Così tutti i dolori, o Dio, consola !
Oh! la vid' io dalla materna faccia
Non movere i pensosi occhi sereni;
Raccolte in dolce atto d'amor le braccia,
Ridire accenti di dolcezza pieni!

Errar la vidi, con aërea traccia,
Della collina sui sentier più ameni;
E sciolta giù per gli omeri la bella
Treccia aleggiar diffusa in vaghe anella.
Ve', sul fior più recente ella s'inchina,
Lo ricoglie, lo bacia, e in sen lo pone:
Odi! all'aura gentil della mattina
Essa confida la sua pia canzone.
Seguila al colle, a mezzo della china,
Dove all'ombra si cela una magione:
È l'obblïato asil d'una mendica;
Perchè il piè ve la guidi, il cor tel dica.
Benedetta dal pianto ella n'uscio,

E dall' amor: ma fia che vi ritorni,
Anzi che il sole dica al monte addio.
Oh avventurosi immacolati giorni!
Così v'educhi ognor quest' angiol pio,
Finch'esso in cielo, alla sua patria, torni.
Ma s'ei l'ale vêr Te sì presto spieghi,

Chi fia, Signor, che per noi pianga e preghi? –

Io t'amo, o mia fanciulla, allor che accanto
A la minor sorella assisa stai;

Ti posa aperto in grembo il Libro santo,
E del popol di Dio leggendo vai:
Sembran le pure vostre fronti intanto
Incoronate di celesti rai.

Tu parli; ed essa leva gli occhi intenti,

E beve l' alma tua ne' cari accenti.
Io t'amo, allor che sola nell' adorno

Giardin folleggi, semplice e festosa;
E danzi al cespo d'ogni fiore intorno,
O parli al gelsomino ed alla rosa;
Per te sereno è il ciel, tranquillo il giorno,
E l'aria imbalsamata ed amorosa;
Per te cantando arresta il vol leggero
Sopra i rami più bassi il capinero.
Io t'amo, se nel tempio a Dio prostrata,
Nel sacro giorno che da Lui si noma,
Posi all'altar la fronte consolata,
Componi il vel su la lucente chioma!
E chieggo anch'io pietà di mia giornata,
E pace all'alma che il cordoglio ha doma:
E anch' io prego con te, perchè l'oscura
Mia prece, con la tua, salga più pura.
Deh, se1 il Signor ti vegli, in questa pia
Candida gioia, con assiduo sguardo;
Se infido amor terreno a te non sia
Auspicio impuro d' avvenir beffardo;
Nascondi i giorni tuoi, fanciulla mia,
Chè il mal qui presto alligna, e 'l ben si tardo!
Serba il tuo core, e aspetta il tuo richiamo:

O del ciel creatura, io tamo, io t'amo!

2

1 Se, particella deprecativa che ha il medesimo senso di così (lat. sic). Così il Signor ti vegli!

2 Affettuosa e cara poesia.

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ALEARDO ALEARDI.

I.

IL DILUVIO.1

E quell' arcano Spirito custode
Su le cime tornò dell' Imalaia
Trepido, e attese la visibil forma,
E la misura che pigliar dovea
La vendetta di Lui che si pentiva.
Ivi dall'alto, donde tanto eliso

Orientale al mesto occhio s' apría,
Sopra ogni giogo della terra un nembo
Vide in una prefissa ora adunarsi.
L'acutissimo udì grido d' allarme
Che si inviavan gli Angeli del mare;
E un incalzante flagellar dell' onda
Su le dighe travolte. Allor comprese
Che del supplizio umano era prefisso
Esecutor l'Oceano.2 Oh! sol potría

1 Questo luogo l'ho tolto dal Canto che ha per titolo le Prime storie. Ne' versi che immediatamente precedono, il Poeta ha descritto con molta vivezza di colori le colpe degli uomini, conchiudendo la descrizione con la frase ardita della Bibbia, che Dio fu colto dal pentimento della sua fattura. E allora, dice il Poeta, l'Arcangelo custode del genere umano, vedendo i segni della imminente vendetta divina, ascende sulle vette dell' Imalaia. ec.

2 Ecce antichissime tradizioni dell' Oriente, oltre a ciò che ne reca Mosè, accennan tutte a questo cataclisma. Nelle leggende de' sacerdoti caldei Noè si scambia in Xisutro: trasfigurato con istrani racconti lo trovi nelle tradizioni egiziane. Per gl' Indiani quegli che si salva nell' arca e Satyao rata. Jao, in China il primo re, comincia coll'opera di scolare le acque diluviane, che eran giunte fino alle più alte moatagne. I Greci, quantunque meno rimote, pur ne serbano tracce.

ego adducam aquam diluvii super terram. Genesi, VI, 17. Le

(Nota dell' Autore.)

Un serafin narrar lo smisurato
Affanno che patì quel solitario
Spirito allora.

E l'Oceán saliva.

E laggiù su le ville e le cittadi

Il terrore incombeva. Era una ressa
Di supplicanti all' are, una bestemmia
Scoccata agl'impotenti idoli e ai regi;
Erano amplessi disperati e cari;
E novità di súbiti perdoni,

E un abbandono d'ogni dolce cosa.
Da Sibille guidati e da profeti
I popoli saliano in lamentoso
Pellegrinaggio alla montagna.

Invano;

Chè più di loro l' Oceán saliva;
E i palmeti ascondeva e le marmoree
Punte de le Piramidi sferzava;
E la vittoriosa onda picchiando
Al nido alpin dell' aquile, spegnea
Ogni soffio di vita: e più sinistro
Del tumulto che leva una battaglia
Parve il silenzio d'ogni voce umana.
Per l'alta solitudine dell' acque
Più non vedevi se non qualche rara
Nave carca di esangui, che l'acquisto
Si contendeano d' un' asciutta rupe;
Qualche testa di naufrago ed alcuna
Riga d'augelli, che trattava l'aere
Con ala stanca.

E l'Oceán salía:
Salia lambendo le solinghe nevi,
Dove l'afflitto spirito posava,
Ond' ei pensò che l' infelice e rea
Stirpe d'Adamo, senza più ritorno,
Fosse perduta: e già battea le penne
Per risalir col fiero annunzio a Dio.
Allorquando venir maraviglioso

Antologia della Poesia italiana moderna.

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