Esca infelice e credula Cangi, e a tua voglia cangiano II. LA FELICITA. Dunque gli dii non volsero Quei cari labbri in vano, Tu m' ami: il tuo resistere A torto al fin m'increbbe: Esso alla mia vittoria Pregio novello accrebbe. Neanche parlando della moda, sa dire addio alla mitologia. L'ode comincia molto bene, e, quanto allo stile, procede bene sino in fondo; ma dalla strofa nona in giù l'affetto quasi svapora dentro quelle forme mitologiche, che più non parlano al cuore. Anco il Parini ricorre alla favola, ma qualche volta, non sempre; e spesso sa ravvivare que' miti e quasi infouderci un sentimento nuovo. Il Savioli invece gli piglia alla lettera. gli lascia quello che sono, reminiscenze erudite, e non altro; si contenta di ritrarne il difuori, non ci guarda dentro. Certo vede netto, distinto, e dipinge da buon pittore. Ogni sua ode è una serie d'immagini ben disegnate e colorate. E tu le guardi con piacere, mentre passano; ma ecco, son passate tutte, senza lasciarti un'orma durevole nella fantasia o nel cuore. Tale si è il Savioli. Dal Parini a lui si fa un gran passo add ietro. Deh! più gradita all' animo I tuoi sospir dal core: Dal fianco mio non parte, Pochi la Parca indocile Anni mi lasci omai: Tu (al desiato uffizio Ti serbino gli dei) Tu l'urna ov' io riposimi Vedi pag. 56, nota 1. Poi, dove i casi il chieggano, Oltre alle fredde ceneri Novelli regni, e piacque. ' Ben condotta quest'ode, ma, come tutte le altre di questo Poeta, è di sentimento e d'immagini affatto pagana. Dice giustamente il Carrer che, leggendo le poesie del Savioli, si crederebbe di leggere quasi altrettante traduzioni dal latino. Queste parole tornano a lode dell'artista ed a biasimo del poeta. AGOSTINO PARADISI. I. LA PAROLA DI DIO. Voce di Dio, terribile La terra e il vasto empireo, Tutto di te ragiona. Tu quella sei cui servono Sbigottiti i mortali, Del primo mondo informe Da le confuse forme, Corse le vie del moto.1 Disciolse allor le rapide Piante e i robusti vanni Vecchio fiero indomabile Che corre al par con gli anni: Chi fia che non riveli? Già de l'infuso spirito Ferve al calor la terra, E dal sen cavo e fertile De le chiomate selve. 3 Ecco più tardo sorgere L'uom, che fra tutti è il primo, In cui luce e sfavilla De la divina immagine La damascena argilla. * Poesia bella e originale, e tanto più notevole in que' tempi d'imitazione. 2 Cioè il tempo e il sole; ma queste immagini e locuzioni mitologiche non istanno qui d'accordo col rimaneute. È un tributo che il Poeta paga al gusto de' tempi suoi. 3 Questa è lirica davvero, ma dalla metà in giù il canto perde qua e là assai della sua forza. Vuol dire l'argilla del Paradiso terrestre, della quale fu formato il corpo umano, perchè taluni hanno pensato che il Paradiso terrestre fosse presso al luog dove fu edificata Damasco. Vedi su questo proposito il Calmet, Dizionario biblica. |