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I.

I VOTI.

Che prega il vate, il libero
Vate che prega e vuole,
Adorno in veste candida,
Volto al nascente sole;
Mentre Gliceria unanime,

Cui le grazie educâro al mite amor,

Con pia cura a' domestici

Numi il votivo altare ombra di fior? ↑

Che agli agi suoi rinnovino

Ben cento solchi i duri

Giovenchi? o ver che fervida

Vendemmia gli maturi,

Dove tepe la ligure

Maremma e verna il suo paterno mar,*

E dove gli avi improvvidi

Nè un avel di famiglia a lui lasciàr?

Altri il crociato orgoglio

Fra un aureo vulgo estolla,

E i vili ozi gli prosperi

La mal redata zolla.

A me sorrida un tenue

1 Imita Orazio. Vedi Od., I, 31.

2 Com'è detto da Persio, VI:

Mihi nunc ligus ora

Intepet hibernatque meum mare.

Persio era etrusco: ma il paese dalla Magra all' Arno fu detto qualche volta ligure, specialmente dai Greci,

(Nota dell' Autore,)

1

Lare e l'italo bacco empia il bicchier
Fra gli amici che liberi

Assentano fremendo al carme auster.
Non io vorrò che facili

Pieghin le orecchie altere
I grandi al carezzevole
Suon delle mie preghiere:
Non io libare all' aureo

2

Pluto dalla febea tazza vorrò,

E non le Muse indocili

Fra i lusingati prandi inebrierò.
Prego de' serti lirici

Se me la patria Serra

Degno produsse; e'l fremito

Del mar tosco, e la terra,
Dove in gran solitudine

L'ombra di Populonia e 'l nome sta,
Aspro garzone crebbero

Me tra i fantasmi dell' antica età;

Prego alla sacra Italia

Suoni il mio carme, e fiero

Surga nell' ira vindice

Del romuleo pensiero.

Che se ne' campi memori

Della clade che ancora ulta non fu

Scenda a pugnar con impeto

D'odio maturo l'itala virtù,

In me, non nato a molcere
Con serva man la lira,
Di tua grand' alma un' aura,
Possente Alceo, respira;

Allor che su la ferrea

Corda battendo colla man viril
Guatavi altero, immobile

1 Espressione oraziana: piccola casetta.

2 Cioè, alla ricchezza, ai ricchi. Vedi pag. 1, nota 2.

3 Latinismo, di cui si trovano assai esempi ne' nostri poeti: strage. Allude alla sconfitta di Novara.

Dell'aste il flutto e il vasto impeto ostil.
Rapia la nota eolia

La giovenil coorte,

Che delle spose immemore
Ruinava alla morte.

E tu cantavi l'isole

De' beati ove il forte Ercol migrò

E dove aspetta Teseo

Chi la cara alla patria alma versů.
Ma 'l fior del sangue ellenico

A te d'intorno ardenți
Co'peana premevano

I tiranni fuggenti;

Poi nella danza pirrica

Scudo a scudo battendo e pie con pie,

Incoronâr le patere

Sopra la morte di Mirsilo Re.?

O sacri tempi! o liberi

Vati correnti in guerra

Poi fra le danze e i calici

Cantanti su la terra

Salvata! Oggi una pallida

Nube di tedio e terra e ciel copri.'
E'l carme è voce inutile

E'l vate un'ombra degli antichi di

Dunque posiam. Ma l'ozio

Muto non sia nè vile;

Si trascorrendo liberi

Per la stagion servile
Mediteremo i cantici

Delle memori glorie e del disir;
Come già i padri italici,

Li sdegni e i ferri esercitando, udir.

E una rimembranza del glorioso scolio ateniese: « Carissimo Armodic, no tu mai non moristi: ma nelle isole de' beati dicono che tu sei, o'è il pie-veloce Achille, e dicono anche il Tidide Diom:de. " (Nota dell' Autore.)

2 Si accenna al frammento di Alceo serbatoci da Ateneo, X: Or convicue inebriarsi e di forza bere, dappoi che morto è Mirsilo » (Nota del Autore.} Vedi Leopardi, Ad Angelo Mai, in principio. .

Salve, o mia patria! Ed arida
Stia questa lingua viva,
Se di te mai dimentico
Son dov' io pensi o scriva.

Tuo, santa patria, e l'impeto
Che sale ai carmi dall' acceso cor
E l'acre tedio e il fulgido
Telo dell' ira e l'elegia d'amor.
Folle censore e stupido

Cantor di vecchie fole
Me chiami pure, o Italia,
La tua diversa prole.
Adulator di trepidi

Liberti e vili sofi io non sarò:

Che se nel reo servizio

Precipitar co'l vulgo anch' io dovrò,

Su 'l corpo mio Gliceria

Sparga le care chiome

E nelle insonni tenebre

Chiami il mio vuoto nome,
Immaturo compongami

1

Del fratel generoso 1 entro l' avel

La madre, ed orbo vagoli

Il padre infermo entro il deserto ostel.

Ut

II.

mutam nequidquam adloquer cinerem.

Qui, dove irato agli anni tuoi novelli
Sedesti a ragionar col tuo dolore,
Veggo a' tepidi sol questi arboscelli,
Che tu vedevi, rilevarsi in fiore.
Tu non ti levi, o fratel mio. D'amore

Cantan su la tua fcssa erma gli augelli: 1 Vedi d bellissimo e affettuosissimo Sonetto che segue.

Tu amor non senti; e di sereno ardore Non più scintilleran gli occhi tuoi belli. Ed in festa venir qui ti vid'io

Oggi fa l'anno; e 'l dire anco mi sona, E ancor m'arride il tuo sorriso pio. Come quel giorno, il borgo oggi risona E si rallegra del risorto Iddio; Ma terra copre tua gentil persona.

III.

A VIRGILIO.

Come quando su' campi arsi la pia
Luna imminente il gelo estivo infonde;
Mormora al bianco lume il rio tra via
Riscintillando entro le brevi sponde,
E' secreto usignuolo in tra le fronde
Empie il vasto seren di melodia;
Ascolta il vïatore, e pur le bionde
Chiome che amò ripensa, e 'l corso oblia;

Ed orba madre, che doleasi in vano,

Da un avel gli occhi al ciel iucente gira, E in quel diffuso albor l'animo queta; Ridono intanto i monti e 'l mar lontano,

Tra i grandi arbor la fresca aura sospira:
Tale il tuo verso a me, divin poeta.1

IV.

Poi che mal questa sonnacchiosa etade
Di forti esempli a' vivi suoi provvede,
Altamente originale, e stupendo di pensiero e di stile.

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