566 I. I VOTI. Che prega il vate, il libero Cui le grazie educâro al mite amor, Con pia cura a' domestici Numi il votivo altare ombra di fior? ↑ Che agli agi suoi rinnovino Ben cento solchi i duri Giovenchi? o ver che fervida Vendemmia gli maturi, Dove tepe la ligure Maremma e verna il suo paterno mar,* E dove gli avi improvvidi Nè un avel di famiglia a lui lasciàr? Altri il crociato orgoglio Fra un aureo vulgo estolla, E i vili ozi gli prosperi La mal redata zolla. A me sorrida un tenue 1 Imita Orazio. Vedi Od., I, 31. 2 Com'è detto da Persio, VI: Mihi nunc ligus ora Intepet hibernatque meum mare. Persio era etrusco: ma il paese dalla Magra all' Arno fu detto qualche volta ligure, specialmente dai Greci, (Nota dell' Autore,) 1 Lare e l'italo bacco empia il bicchier Assentano fremendo al carme auster. Pieghin le orecchie altere 2 Pluto dalla febea tazza vorrò, E non le Muse indocili Fra i lusingati prandi inebrierò. Se me la patria Serra Degno produsse; e'l fremito Del mar tosco, e la terra, L'ombra di Populonia e 'l nome sta, Me tra i fantasmi dell' antica età; Prego alla sacra Italia Suoni il mio carme, e fiero Surga nell' ira vindice Del romuleo pensiero. Che se ne' campi memori Della clade che ancora ulta non fu Scenda a pugnar con impeto D'odio maturo l'itala virtù, In me, non nato a molcere Allor che su la ferrea Corda battendo colla man viril 1 Espressione oraziana: piccola casetta. 2 Cioè, alla ricchezza, ai ricchi. Vedi pag. 1, nota 2. 3 Latinismo, di cui si trovano assai esempi ne' nostri poeti: strage. Allude alla sconfitta di Novara. Dell'aste il flutto e il vasto impeto ostil. La giovenil coorte, Che delle spose immemore E tu cantavi l'isole De' beati ove il forte Ercol migrò E dove aspetta Teseo Chi la cara alla patria alma versů. A te d'intorno ardenți I tiranni fuggenti; Poi nella danza pirrica Scudo a scudo battendo e pie con pie, Incoronâr le patere Sopra la morte di Mirsilo Re.? O sacri tempi! o liberi Vati correnti in guerra Poi fra le danze e i calici Cantanti su la terra Salvata! Oggi una pallida Nube di tedio e terra e ciel copri.' E'l vate un'ombra degli antichi di Dunque posiam. Ma l'ozio Muto non sia nè vile; Si trascorrendo liberi Per la stagion servile Delle memori glorie e del disir; Li sdegni e i ferri esercitando, udir. E una rimembranza del glorioso scolio ateniese: « Carissimo Armodic, no tu mai non moristi: ma nelle isole de' beati dicono che tu sei, o'è il pie-veloce Achille, e dicono anche il Tidide Diom:de. " (Nota dell' Autore.) 2 Si accenna al frammento di Alceo serbatoci da Ateneo, X: Or convicue inebriarsi e di forza bere, dappoi che morto è Mirsilo » (Nota del Autore.} Vedi Leopardi, Ad Angelo Mai, in principio. . Salve, o mia patria! Ed arida Tuo, santa patria, e l'impeto Cantor di vecchie fole Liberti e vili sofi io non sarò: Che se nel reo servizio Precipitar co'l vulgo anch' io dovrò, Su 'l corpo mio Gliceria Sparga le care chiome E nelle insonni tenebre Chiami il mio vuoto nome, 1 Del fratel generoso 1 entro l' avel La madre, ed orbo vagoli Il padre infermo entro il deserto ostel. Ut II. mutam nequidquam adloquer cinerem. Qui, dove irato agli anni tuoi novelli Cantan su la tua fcssa erma gli augelli: 1 Vedi d bellissimo e affettuosissimo Sonetto che segue. Tu amor non senti; e di sereno ardore Non più scintilleran gli occhi tuoi belli. Ed in festa venir qui ti vid'io Oggi fa l'anno; e 'l dire anco mi sona, E ancor m'arride il tuo sorriso pio. Come quel giorno, il borgo oggi risona E si rallegra del risorto Iddio; Ma terra copre tua gentil persona. III. A VIRGILIO. Come quando su' campi arsi la pia Ed orba madre, che doleasi in vano, Da un avel gli occhi al ciel iucente gira, E in quel diffuso albor l'animo queta; Ridono intanto i monti e 'l mar lontano, Tra i grandi arbor la fresca aura sospira: IV. Poi che mal questa sonnacchiosa etade |