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L'INVITO A LESBIA CIDONIA. '

Perchè con voce di soavi carmi

Ti chiama all'alta Roma inclito cigno,
Spargerai tu d'oblio dolce promessa,
Onde allegrossi la minor Pavia?
Pur lambe sponda memore d'impero,
Benchè del fasto de' trionfi ignuda,
Di longobardo onor pago il Tesino:
E le sue verdi, o Lesbia, amene rive
Non piacquer poi, quant'altre, al tuo Petrarca?
Qui l'accogliea gentil l'alto Visconte

2

Nel torrito palagio, 2 e qui perenne

Sta la memoria d'un suo caro pegno. 3

Te qui Pallade chiama e te le Muse,

E l'eco che ripete il tuo bell inno
Per la rapita a noi, data alla Dora,

Le note non segnate d'asterisco le ho tolte, spesso compendiandole, dalla seconda edizione colla data di Londra 1801.

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pro

Lesbia Cidonia è nome arcadico della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi di Bergamo, gentile poetessa. Ecco com' ebbe origine questo bel poemetto. Lesbia aveva promesso al Mascheroni e ad altri dotti amici di recarsi a Pavia, ma, invitata da Baldassarre Odescalchi duca di Ceri, andò invece a Roma e là si tratteneva. Allora il Mascheroni, temendo non si dimenticasse della messa, le inviò quest' Invito. In esso egli si propone d'invogliar la dotta e gentile amica a visitare la città del Ticino, mostrandole il nobile diletto che potrà venirle dal conversare co' sapienti uomini che ne illustravano la Università, e dal visitare in loro compagnia i celebri Musei, ch'egli descrive in versi mirabili di evidenza e di eleganza. Il poemetto è quindi nella sostanza didattico, ma qua e là l'esposizione scientifica è animata e abbellita di sentimenti e d'immagini liriche, e la difficoltà della materia è quasi sempre vinta dalla bellezza della forma.

2 Questo palagio esiste ancora e si chiama il castello.

3 Il marchese Luigi Malaspina di Sannazaro possiede il marmo sepolcrale d'un figliolino d'una figlia del Petrarca, esistente già nella chiesa di San Zeno, parrocchia del Petrarca quando era in Pavia, come lasciò scritto egli stesso in un codice di Virgilio.

Come più volle Amor, bionda donzella. 1
Troppo, altra volta, rapida seguendo
Il tuo gran cor, che l'opere dell' arte
A contemplar nella città di Giano
E a Firenze bellissima ti trasse,
Di leggier' orma questo suol segnasti.
Ma fra queste cadenti antiche torri
Guidate, il sai, dalla cesarea mano
L'attiche discipline, e di molt' oro
Sparse, ed altere di famosi nomi,
Parlano un suon che attenta Europa ascolta.
Se di tua vista consolar le tante

Brame ti piaccia, intorno a te verranno
Della risorta Atene i chiari ingegni ;

E quei che a te sul margine del Brembo 2
Trasse tua fama e le comuni Muse;
E quei che, pieni del tuo nome, al cielo
Chieggon pur di vederti. Chi le sfere
A vol trascorre e su britanna lance 3
L'universo equilibra; e chi la prisca
Fè degli avi alle tarde età tramanda;
E chi della natura alma reina

Spiega la pompa triplice; e chi segna
L'origin vera del conoscer nostro,
Chi ne' gorghi del cor mette lo sguardo;
E qual la sorte delle varie genti
Colora, e gli agghiacciati e gli arsi climi
Di fior cosparge; qual per leggi frena
Il secolo ritroso; altri per mano
Volge a suo senno gli elementi e muta
Le facce ai corpi; altri su gli egri suda
Con argomenti che non seppe Coo.
Tu, qual gemma che brilla in cerchi d'oro,
Segno di mille sguardi, andrai fra quelli

1 Donna Daria contessa di Salasco, nata de' marchesi Belcredi.

2 Fiume che scorre vicino a Bergamo e si getta nell' Adda. 3 Cioè, col calcolo di Newton.

Cioè, i tre regni della natura, minerale, vegetabile, animale.

Pascendo il pellegrino animo intanto
E i sensi de' lor detti: essi de' tuoi
Dolce faranno entro il pensier raccolta.
Molti di lor potrian teco le corde
Trattar di Febo con maestre dita:

Non però il suon n'udrai; ch'essi di Palla,
Gelosa d'altre dee, qui temon l'ire. 1
Quanto nell' alpe e nelle aerie rupi

Natura metallifera nasconde,

Quanto respira in aria e quanto in terra,
E quanto guizza negli acquosi regni,
Ti fia schierato all' occhio: in ricchi scrigni
Con avveduta man l'ordin dispose
Di tre regni le spoglie. Imita il ferro
Crisoliti e rubin; 2 sprizza dal sasso
Il liquido mercurio; arde funesto
L'arsenico; traluce ai sguardi avari
Dalla sabbia nativa il pallid'oro.
Che se ami più dell' eritrea marina
Le tornite conchiglie, inclita ninfa,
Di che vivi coler, di quante forme
Trassele il bruno pescator dall'onda !
L'aurora forse le spruzzò de' misti
Raggi e godè talora andar torcendo
Con la rosata man lor cave spire.3
Una del collo tuo le perle in seno
Educò verginella; all'altra il labbro
Della sanguigna porpora ministro
Splende; di questa la rugosa scorza
Stette con l'ôr sulla bilancia e vinse;
Altre si fêro, invan dimandi come,

4

5

Carcere e nido in grembo al sasso: a quelle
Qual dea del mar d'incognite parole

1 Cioè, tutti dati allo studio delle scienze severe, tralasciano quelli della

poesia.
2 Varie cristallizzazioni del ferro.

guono,

3 Badino gli studiosi alla grazia di quest' immagine, e delle altre che se-
e che vengono come a infiorare vagamente la severa descrizione.
Murex, conchiglia, dalla quale gli antichi tracvano la porpora.
Malleus, ostrica assai rara e di gran prezzo.

Scrisse l'eburneo dorso? e chi di righe
E d'intervalli sul forbito scudo
Sparse l'arcana musica? 2 Da un lato
Aspre e ferrigne giaccion molte; e grave
D'immane peso assai rosa dall' onde
La rauca di Triton buccina tace. 3

Questo ad un tempo è pesce ed è macigno;
Questa è, qual più la vuoi, chiocciola o selce.
Tempo già fu che le profonde valli

El nubifero dorso d'Appennino

Copriano i salsi flutti, pria che il cervo
La foresta scorresse, e pria che l'uomo
Dalla gran madre antica alzasse il capo.
L'ostrica allor sulle pendici alpine
La marmorea locò famiglia immensa:
Il nautilo contorto all' aure amiche
Apri la vela, equilibrò la conca;
D'Africo poscia al minacciar, raccolti
Gl'inutil remi e chiuso al nicchio in grembo,
Deluse il mar, scola al nocchier futuro.
Cresceva intanto di sue vòte spoglie,
Avanzi della morte, il fianco al monte.
Quando da lungi preparato e ascosto
A mortal sguardo dall' eterne stelle
Sopravvenne destin: lasciò d'Atlante
E di Tauro le spalle, e in minor regno
Contrasse il mar le sue procelle e l' ire.
Col verde pian l' altrice terra apparve:
Conobbe Abido il Bosforo; ebbe nome
Adria ed Eusin; dall' elemento usato
Deluso il pesce e sotto l'alta arena
Sepolto, in pietra rigida si strinse:
Vedi che la sua preda ancor addenta. "

1 Conchiglia detta Venus litterata.

2 Chiocciola detta Voluta musica.

3 Buccinum o murex Tritonis.

5

4 R Argonauta o nautilus, mollusco di quelli detti cefalopodi. Aristotile fu de' primi a studiarlo e descriverlo molto poeticamente.

5

Questi ultimi versi dipingono con mirabile evidenza.

Queste scaglie incorrotte e queste forme
Ignote al novo mar manda dal Bolca
L'alma del tuo Pompei' patria, Verona.
Son queste l'ossa 2 che lasciâr sul margo
Del palustre Tesin, dall' alpe intatta
Dietro alla rabbia punica discese,

Le immani afriche belve? o da quest' ossa
Già rivestite del rigor di sasso

Ebbe lor piè non aspettato inciampo?
Chè qui già forse italici elefanti

Pascea la piaggia, e Roma ancor non era;
Ne lidi a lidi avea imprecato ed armi
Contrarie ad armi la deserta Dido.3
Non lungi accusan la vulcania fiamma *
Pomici scabre e scoloriti marmi.
Bello è il veder lungi dal giogo ardente
Le liquefatte viscere dell' Etna
Lanciati sassi al ciel. Altro fu svelto
Dal sempre acceso Stromboli; altro corse
Sul fianco del Vesevo onda rovente.
O di Pompeio, o d' Ercole già colte
Città, scomparse ed obliate, alfine
Dopo si lunga età risorte al giorno!
Presso i misteri d'Iside e le danze,
Dal negro ciel venuto a larghi rivi
Voi questo cener sovraggiunse; in voi
Gli aurei lavor di pennel greco offese.
Dove voi lascio, innamorati augelli,

Sotto altro cielo ed altro sol volanti?
Te risplendente del color del foco; 5
Te ricco di corona; te di gemme

Girolamo Pompei fu maestro ed amico di Lesbia, la quale nel 1788 ne pianse la morte in una soave elegia.

2. Ossa fossili di elefanti trovate nella valle del Po e in quella del Ticino. Qui il Poeta sa accortamente accoppiare la storia alla geologia, per dare maggior varietà e interesse alla materia.

3 Vedi in Virgilio, Eneide, lib. IV, le imprecazioni di Didone morente. Materie vulcaniche in gran copia, vetrificazioni, lave, ec.

5 Flamand.

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