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le rime di Dante, ed hanno menomata la gloria che queste dovevano a lui produrre.

Imbattutomi a vedere come alcune delle canzoni pubblicate col nome del nostro massimo Poeta si trovavano pubblicate altresì col nome di Cino, mi cadde in pensiero di far delle ricerche intorno la loro provenienza e legittimità. Ma perchè ciò addivenne quando le rime di Dante erano omai state stampate, non potei nella prima edizione 1 dare ad esse quell'ordine che loro dar si dovrebbe, e che dò loro in questa seconda, col dividerle in tre parti: cioè collocando nella prima quelle riportate da Dante stesso nella Vita Nuova e nel Convito, quelle ch'ei cita come sue nel Volgar Eloquio, e tutte le altre che con molta probabilità posson tenersi per legittime: nella seconda le dubbie, e nella terza le spurie. Sul bel principio ch'io posi mie cure in cosiffatte ricerche aveva pensato di fermarmi sopra le sole rime contenute nel volume pubblicato dal Caranenti, Mantova 1823, ma in progresso giudicai non poter essere se non di una qualche utilità il raccogliere e l'esaminare tutte le altre, ch'erano state intralasciate dai precedenti collettori, e che potei rinvenire col nome di Dante o in antichi e rari, o in recentissimi libri a stampa. Anzi, così facendo, ebbi in mira non tanto di dare un maggior numero di componimenti, quanto e più particolarmente di porli sott'occhio del lettore, affinchè egli potesse, insieme ai critici miei rilievi, prenderli ad esame; e di portar la falce nel loglio e negli sterpi, che infestano questa bella mèsse, perchè chi dopo di me s'accingesse a voler dare altre più copiose raccolte delle rime di Dante, non dovesse supporre che questi componimenti mi fossero fuggiti di vista.

In diverso modo però giudicai dovermi contenere per le rime inedite, che ne' molti codici fiorentini rinvenni col nome di Dante; vale a dire lasciarle nell'oscurità in cui giacciono: ed eccone le ragioni.

Primieramente poco fondamento dell' autenticità d'un sonetto o d'una canzone d'antico rimatore italiano è da fare sulla semplice autorità d'un codice, poichè la maggior parte di questi non presenta delle raccolte ben ordinate, ma piuttosto degli zibaldoni o centoni di poesie, più anni appresso la morte de' loro autori trascritte, e spesso per mani diverse e in tempi varii. Gli amanuensi di tali rime erano per lo più queglino che ne indicavan l'autore; e ciò facevano secondo la propria opinione, quando non vi fosse una tradizione certa e costante, o quando essendovi non piacesse loro seguirla. Infatti come può diversamente spiegarsi il ve

1 Firenze, presso Allegrini e Mazzoni, 1835.

dere tanti di que' brevi componimenti poetici attribuiti a più autori? La famosa canzone Donna mi prega; perch' io voglio dire non potea a quei tempi ignorarsi essere di Guido Cavalcanti: era ovunque diffusa e letta; era stata tosto comentata e illustrata; l'autore avea per essa riscosso il plauso universale. Eppure agli amanuensi dei codici magliabechiano num. 1100, Cl. VII, e riccardiano num. 1093, piacque toglierla al Cavalcanti e darla all' Alighieri. Così il sonetto Fior di virtù si è gentil coraggio, che nei codici veduti dall' Allacci stava col nome di Folgore da San Gemignano, nel cod. 38, Pl. 42 della Laurenziana si vede col nome di Dante. nel cod. 47, Plut. 90 col nome di Cino, e nel cod. 118 col nome di Simone Forestani. Io potrei porre innanzi molti di questi fatti per confortare la mia asserzione; ma il lettore, io spero, rimarrà appien persuaso, dopo che avrà veduto le disquisizioni bibliografiche e critiche, che ho premesso a ciaschedun poetico componimento pubblicato col nome di Dante.

Secondariamente giudicai non dover tali rime aver luogo fra queste, perchè lo stile non le palesava punto per opera dell' Alighieri, ed a prima vista poteasi ravvisarne la falsità nel modo stesso che di una pittura di Buffalmacco, la quale portasse in fronte il nome di Giotto. Se alcun poco di somiglianza può in qualche parte avere un sonetto di Cino, una canzone del Cavalcanti, colla maniera dantesca, non potrà per certo averla nè un componimento di Butto Messo, nè un altro del Burchiello. Ed in simili abbagli appunto non sarebbero per avventura caduti (in fra gli altri) il Fiacchi ed il Ri goli, uomini peraltro di molto sapere forniti se nella pubbli cazione dei componimenti, da essi rinvenuti col nome di Dante, avessero adoperato una critica giudiziosa e circospetta.

Una terza osservazione debbo aggiungere, ed è questa: che l'identità de'nomi può anch' essa facilmente trarre in inganno Un Dante, contemporaneo del nostro, scrisse in poesia volgare: è questi il maianese, del quale le deboli rime furono pur troppo confuse talvolta con quelle del fiorentino. Un altro Dante, pronipote del celebre, fiori in Verona nel secolo XV, e fu buon poeta latino e volgare, come ne fanno fede Lilio Gregorio Giraldi, dicendo che latina et vernacula lingua non sine laude versus scripsit, e Pierio Valeriano che in un suo endecasillabo lo chiama poetam optimum. Due altri Alighieri, cioè Pietro ed Jacopo, figlioli del nostro Poeta, attesero anch' eglino alla volgar poesia: infatti di Pietro si leggono alcune rime ne' codici della Laurenziana e

1 Vedi il Catalogo del BANDINI, e il MAZZUCCHE LI, Scrittori d'Italia, vol. 1, parte I, pag. 495.

si citano nel Vocabolario della Crusca. Altre, esistenti in un codice appartenente a G. B Boccolini di Foligno, son ricordate dal Crescimbeni, ed alcune si hanno pure nella Riccardiana. Le rime di Jacopo, sappiamo dal Mazzucchelli che si conservano manoscritte in Roma nella Vaticana e nella Ghigiana a' codici 1124 e 539, in Pesaro in un codice miscellaneo esistente presso A. degli Abati Olivieri, e in Firenze nella Strozziana e nella Laurenziana 4 e in alcuni testi a penna già del bali Gregorio Redi e si citano nel Vocabola rio della Crusca e dal Crescimbeni.5

Adunque la indicazione o di Dante o di Alighieri, sì per gli arbitrii de' copisti, sì per le somiglianze de' nomi, non può unicamente essere il fondamento della originalità di quelle rime, come han creduto finora (generalmente parlando) i varii editori di esse; ma deve esserlo il componimento stesso, preso in esame. Ciascuno de' sommi poeti, come de' sommi artisti, ha il suo stile e la sua maniera particolare, per la quale può ben ravvisarsi; e Dante specialmente, grande al pari d'Omero nel magistero poetico, si distingue da ogni altro poeta per l'elevatezza de' concetti, per la forza della elocuzione e per la novità delle idee.

Ma si opporrà forse da alcuno che quandoque bonus dormitat Homerus, cioè non esser tutt' oro quel ch'è di Dante, e poter egli avere scritti nell' incominciare del suo poetico studio dei deboli componimenti. Io però senza impugnar questo affatto, farò osservare che in tutto intiero un Sonetto, in tutta intiera una Canzone, la qual sia di Dante, è impossibile non rinvenire alcun tratto che palesi quel gran poeta,

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come nel suo Poema non s'incontrano quattro consecutivi ternarii, nei quali non risplenda qualche bellezza. Nella Vita Nuova abbiamo i primi saggi del suo poetico ingegno, e nella Vita Nuova appunto si trova il bellissimo sonetto Tanto gen. tile, di cui abbiamo fatto parole più sopra, gli altri lodati dal Muratori, e le canzoni e le ballate, delle quali con molta lode parlò il Ginguené.

Or dunque anche questi primi saggi poetici dell' Alighieri erano tali da stare al di sopra de' componimenti di tutti gli altri rimatori di quell'età; e Dante veniva così a pelesarsi

1 Storia della volgar poesia, vol. V, pag. 12

2 Nei Cod. IX e XXVI. Vedi il Catalogo del LAMI.

3 Scrittori d'Italia, vol. I, parte 1, pag. 492.

Cod. 42, Plut. LI.

Storia della volgar poesia, vol. III, pag 1850.

per un grand' ingegno fin dal principio ch' egli si diede alle lettere. Laonde io ripeterò che non la fallace autorità di uno o più codici dee essere il fondamento dell' autenticità delle rime di Dante, ma sì il componimento stesso, considerato e per rispetto allo stile e per rispetto alle particolarità, risguardanti le opinioni e la vita del Poeta.

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Se nessuno, per quanto sia a nostra notizia, si è accinto finóra a entrar di proposito in queste critiche ricerche, alcuni peraltro sospettarono forte dell' originalità di varie rime a Dante attribuite, e fra questi il Dionisi ed il Perticari, che tanto studio posero intorno le opere del nostro Poeta. Il primo di essi fra le altre cose disse: « Le rime legittime di Dante, le quali sono per anche terra incognita alla Repubblica delle Lettere, debbono essere separate dalle spurie, cacciatevi per entro dalla vanità degl' imperiti editori. Di ventidue ⚫ cánzoni a lui attribuite nella stampa del Zatta, sole tredici sono sue. Sonetti ancora e ballate gli furono attribuite che di lui non sono. » Ed il Perticari: Di due fregi dovrebbe » órnarsi una ristampa delle rime di Dante; e le farebbero grande onore. L'uno sarebbe una bella chiosa, che le rischiarasse; l'altro un severo giudicio che sequestrasse le » certe dalle non certe; le legittime dall'adultere. Il primo è la» voro di lunga fatica, e grave d'assai; il secondo è opera assai » difficile e sottile. Nei Codici si leggono versi or col titolo di Dante, or con quello di Alighieri; onde pel nome so» vente si baratta l'oro del poeta divino, col piombo di Dante » da Maiano; e pel cognome si cangiano rime del padre con ⚫ quelle de' figli e de'nepoti di lui, poeti infelici, i quali ven> nero al mondo per mostrare che la virtù de' maggiori rado " si travasa d'una in un'altra generazione Ora i cercatori • de' vecchi libri hanno spacciato per opere del nostro Poeta tutte quelle, che hanno trovato sotto il sigillo ora di quel nome, ora di quel cognome; nè hanno badato alla confusione della persona de' figli con quella del padre, e dello scomposto e pedestre Maianese coll' altissimo Fiorentino. Ecco ragione, per cui molti di quei versi che da Dante si nominano, sono trovati indegni di sì gran nome. Qui è dun» que necessaria la facella della critica, che entri in questo buio e lo squarci. È necessario che alcun maestro esamini bene i codici più solenni; e scelga quelle rime che sono segnate più della interna loro bellezza, che dal solo titolo » esterno; e quelle conceda alla imitazione e al diletto degli » Italiani. Di quante rimangono si dovrebbe far poi un' ap» pendice, siccome gli eruditi del secolo XV fecero delle cose

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! Aneddoto II, pag. 97.

» dubbie de' classici latini e greci. » Questi due valenti let: terati, il Dionisi ed il Perticari, aveano dunque veduta la necessità d'un lavoro critico intorno le rime pubblicate a stampa col nome di Dante, lavoro chiamato a giusto titolo non facile e piano. Il Witte altresì fece recentemente su questo proposito alcune ricerche, le quali per vero dire non gli riuscirono infruttuose, e pubblicò le sue scoperte in un giornale letterario di Germania 2 Ma noi peraltro dobbiamo dir francamente, che non sempre possiamo convenire con quel dotto professore alemanno; perciocchè egli stesso è caduto talvolta in alcuno di quei falli, da lui rimproverati agli editori delle rime dantesche. L'insufficienza della sola autorità d'alcun codice, alla quale quegli editori sono stati da tre secoli soliti ad appoggiarsi; questa insufficienza, della quale abbiam toccato più sopra, era stata pur da lui decisamente riconosciuta. Eppure mandò in pubblico, siccome del Poeta divino, alquante rime delle quali non puote al certo esser Dante l'autore, e delle quali l'originalità non comparisce appoggiata all'autorità di più codici, o di alcuno almeno di quelli chiamati solenni dal Perticari. Vorranno facilmente condonarsi ad uno straniero, studiosissimo peraltro e benemerito della nostra letteratura, cotali abbagli, se pougasi mente a questo: che de' maggiori ne sono stati commessi dagl' Italiani, e non solo dal Fiacchi e dal Rigoli (com' ho accennato), ma puranche dallo stesso dotto ed accurato Muratori.

Anche Ferdinando Arrivabene, non ostante l' aver rilevato, che malamente fu a Dante attribuito qualche poetico componimento, il quale non gli appartiene, diede a divedere di non aver fatto mature considerazioni, quando esclamò: Guai se

1 Lettera al signor Luigi Caranenti, da questo premessa alla sua edizione delle Rime di Dante, citata di sopra.

2 Aveva già condotto a termine il mio lavoro, quando pervenni a sapere che esisteva un articolo sulle rime liriche di Dante, dettato in tedesco dal signor Carlo Witte, professore nell' Università di Breslavia, e studiosissimo dell'italiana letteratura. Siccome io non conosceva quella lingua, in che l'articolo era scritto, ebbi ricorso al chiarissimo signor Alfredo Reumont (allora segretario di legazione, presso la Corte di Toscana), e dalla traduzione, che egli per sua gentilezza volle farne, vidi che il professore alemanno dà in quell' articolo notizia d'alcune di quelle cose medesime, che, per mezzo di lunghe ricerche, erano omai pervenute alla mia conoscenza. Se dirò, che non mi sorprese il vedere, che ad alcuno fosse caduto in pensiero di incominciare a far quello a che il Perticari stimolava gl' ingegni, debbo dire egualmente a lode del Witte, ch' egli è stato il primo a fare quelle ricerche bibliografiche, le quali tornavano indispensabili a voler riordinare il Canzoniere di Dante.

3 Amore e Rime di DANTE ALIGHIERI, pag. CCLVII e sog.

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