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Come si vede, questo gentile dibattimento amoroso non termina come altri farà che termini, con quel brutale:

<< Allo letto ne gimo alla bon' ura» (1).

Dalla piccola corte del trovatore di Lunigiana, alla splendida dei marchesi d'Este; dai miei poveri monti Apuani, dove anche oggi torreggiano gli abbandonati castelli dei Malaspina, alla mia diletta Ferrara, lieto ritrovo un giorno di poeti e d'amori, ed oggi, anch'essa, come una bella, solitaria e abbandonata.

Maestro Ferrari nacque a Ferrara, e visse alla corte dei Marchesi d'Este (2). Abbiamo la vita di lui, in provenzale, ed ognuno ne conosce l'importanza: « Maistre

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A voi vien volenteroso.

Datel dunque a un disioso.

Pur io darvelo non oso.

Per voi, donna, mi conforto

E canzon fonne e diporto.

Ser, già non ci avete torto

Se al mio amor vi siete accorto.
Donna, e che fia del conforto ?

Sere, buona fe' vi portò.

Ben son io guerito a tanto,

Donna, di pena e di schianto.

Ser, chi ama e soffre alquanto
Fa tornare in gioja il pianto.
Donna, troppo sono affranto,
Ser, d'un bacio avrete vanto.
Donna, dunque a voi mi rendo

Di man giunte riverendo.

Sere, a tanto non m'attendo,

Nè a ma' passi vo' correndo.
Donna, v'amo e non v'intendo.
Sere, il senno vai perdendo.
Donna, il core mi desía

Che vi avesse a mia balía.

Sere, ah questo mai non fia!

E voi dite gran follia.

Non temiate villania.

Non m'affido e fuggo via.

(1) Brutalità del resto che non può far meraviglia in quei tempi. Alberto di Puycibot dice in una sua canzone, parlando della propria moglie:

Qu'ans que passet l'an
Aizic un fals preyador

Ab si jos sotz cobertor:

avanti che passasse l'anno, accolse un falso amante, e lo ricevè nel suo letto. Hist. Litt. de la Fr., XIX, 505.

(2) 11 ch. E. David (Hist. Litt. de la France, XIX, 512) scrive, che Maestro Ferrari nacque in Ferrara sotto Azzo VI, principe illustre di Casa d'Este, morto nel 1212, e che menò la sua vita sotto i due figliuoli di quel principe, Aldobrandino morto nel 1215 ed Azzo VII morto nel 1264: e conchiude avvertendo che maestro Ferrari, sendo omai vecchio

Ferari fo da Feirara e fo giullar et intendez meill de trobar proensal che negus om che fos mai en Lombardia, e meill entendet la lenga proensal, e sap molt be letras, e scrivet meill ch'om del mond, e feis de molt bos libres e de beill. Cortes om fo dela persona, e bons hom fo adeo, e volontera servit as baros et as chavalers, e tos temps stet en la chasa d'Est. Ean venia que li marches feanon festa e cort, e li giullar li vinian che s'entendean de la lenga proensal, anavan tuit ab lui, e clamavan lor mastre, e s'alcus li 'n venia che s'entendes meill che i altri e che fes questios de son trobar o d' autrui, e maistre Ferari li rispondea ades, si che li era per un canpio en la cort del marches d'Est. Mas non fes mais che II cansos e una retruensa; mais sirventes e coblas fes el asai de las meillor del mon, e fe un estrat de tutas las cansos dels bos trobadors del mon, e de chadaunas canzos o sir

a un'epoca in cui il Marchese Azzo VII tuttor viveva, la morte del trovatore vuolsi assegnare ad anno di poco anteriore al 1264. Ma questo argomento non fa prova, perchè pone come certo ciò che è dubbio e che devesi d'altronde indagare, quale cioè fosse il Marchese d'Este, alla cui corte fu onorevolmente accolto Maestro Ferrari. Se l'antico Manoscritto Estense membranaceo, che porta in fronte la data del 1254, fosse evidentemente scritto per intero nell'anno istesso, o nel corso di due o tre anni consecutivi, se ne avrebbe un argomento certissimo a comprovare che Maestro Ferrari morisse prima del suddetto anno 1254 o poco dopo, e perciò prima di Azzo VII, che verrebbe perciò ad essere il principale suo mecenate. Ma il fatto si è che quel ms. consiste di due parti distinte, e la prima cui spetta l'elenco dei nomi de' Trovatori scritto nel 1254, è tutta di una scrittura uniforme, e probabilmente scritta per intero nell'anno medesimo; ma la seconda, che contiene buon numero di canzoni di Pietro Cardinale, e la vita di Maestro Ferrari con le stanze d'altri Trovatori scelte dal Ferrari, è di carattere assai diverso, si che si può ragionevolmente reputare scritta alquanti anni dopo la prima, e fors' anche dopo la morte del Marchese Azzo VII. In tale dubbio ed incertezza parmi dover ricorrere ad altro indizio, donde arguire approssimativamente l'età in cui visse e fiori Maestro Ferrari; e tale si è quello dell' andar ch'ei faceva in sua vecchiezza a Trevigi da Messer Gherardo da Camino e suoi figliuoli. Se lo scrittore della vita con le parole a Trevis a Meser Giraut da Camin et son fils, intese accennare Gherardo già Signore di Trevigi, l'andata a lui di M. Ferrari non potrebbe reputarsi anteriore al 1283, allora ch'egli fu acclamato Capitano Generale di quella città. Che se la parola a Trevis non deesi prendere in senso si stretto, M. Ferrari potè anche assai prima recarsi a Casa di Messer Gherardo da Camino, che fino dal 1263 viveva nelle prime sue signorie, e che nel 1264 fu presente al giudizio che intorno ad una lite di eredità fece il Podestà di Padova con quel di Trevigi, dicendosi emancipatum a patre suo. Ma il ricordare che fa il biografo anche i figliuoli di Gherardo da Camino, che insieme col padre facevano grande onore a M. Ferrari, mostra che quelle visite ed accoglienze debbansi ritardare di alquanti anni dopo la morte del Marchese d'Este Azzo VII. I figliuoli di Gherardo dovevano essere adulti allor che facevano quelle oneste accoglienze a M. Ferrari; e sebbene l'età loro non sia ben certa, pure si sa che Agnese, che sola con Rizzardo nacque a Gherardo della prima sua moglie, si maritò in Niccolò de' Maltraversi nel 1287. Ella doveva in allora contare tutto al più 30 a 25 anni dell'età sua; e, ad eccezione di Rizzardo, gli altri di lei fratelli e sorelle, siccome nati dalla seconda moglie di Gherardo, doveano essere di lei più giovani. Nominandosi dunque indistintamente i figliuoli di Gherardo, che accoglievano ed onoravano M. Ferrari, parmi assai verisimile che ciò si facesse dopo che il padre loro nel 1283 fu acclamato Signor di Trevigi. D'altra parte Gherardo da Camino, del pari che il padre suo Biancquino, siccome guelfo, fu costantemente amico de' Marchesi d'Este, sì che il biografo potè dire con tutta ragione che Gherardo e' suoi figliuoli accoglievano ed onoravano M. Ferrari già vecchio, si per la bontà di lui, come per l'amore del Marchese d'Este, cioè d'Obizzo, che nel 1264 successe all'avo suo Azzo VII, e mori nel 1293 in Ferrara. Se pertanto

ventes tras I coblas o II o III, aquelas che portan la sentenças de la canços; ço son tut li mot triat; et aquest estrat è scrit isi denan; ed en aqest estrat nu in vol meter nullas de la soas coblas, mais quel de cui es lo libre li 'n fe scriure, per che fos recordament de lui. E maistre Ferari, quand el era çoven, s'entendet en una dona ch'ac nom madona Turcla, e per achela dona fe el de molt bonas causas. E quan ven ch'el fo veil pauc anava a torn, mais ch'el anava a Trevis a meser Giraut da Chamin et a sos fils, et il li fasian grand honor e'l vesian voluntera e molt l'aqulian ben, e li donavan voluntera per la bontat de lui e per l'amor del marches d'Est » (1).

Questa vita, come nota Emeric David (2), è assai importante per la storia dei costumi di quel tempo, come anco per quella della poesia provenzale. Quei trovatori che vanno a Ferrara a rallegrare coi loro versi le feste del marchese d'Este, questo poeta che vive presso il suo principe, che risponde improvviso alle loro tenzoni; che copia di sua mano le opere de' più celebri trovatori, e non vuole per modestia mettere le proprie nella raccolta; questo vecchio che va a visitare un amico da Ferrara a Treviso, e vi è accolto a grande onore, sia per la sua bontà, come per riguardo al suo principe: tutto questo ci presenta un quadro interessante ed originale. Fino ad ora nessuna poesia si conosceva del trovatore ferrarese. È stato primo il signor Galvani a darci di lui la risposta a Raimondo Guglielmo (3), il quale « fattolisi innanzi, per provare il senno 'I savere del maestro

M. Ferrari era in età senile circa l'anno 1283, la di cui nascita vuolsi fissare intorno al principio del secolo XIII; di che ne consegue che li Marchesi d'Este, i quali l'ebbero in casa loro insieme co' giullari allor che facevano festa e corte, furono Azzo VII ed Obizzo, e non già Aldobrandino morto nel 1215, quando Maestro Ferrari era tuttora in età fanciullesca, e fors' anche puerile. Cavedoni, Ricerche storiche intorno ai Trovatori Provenzali accolti ed onorati nella Corte dei Marchesi d'Este nel secolo XIII, nelle Memorie della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, T. II.

(1) Choix, ecc., V. 147. Ne piace dar qui pure la bella traduzione di essa vita, fatta dal signor Galvani (Novellino provenzale, pag. 204): « Maestro Ferrari fu da Ferrara, e fu giullare, ed intendette meglio di trovar provenzale, che nessun uomo che fosse mai in Lombardia e meglio intendette la lingna provenzale, e seppe molto bene lettere e scrisse meglio ch' uomo del mondo, e fece di molti buoni libri e di belli. Cortese uomo fu della persona, e buon uomo fu appo Dio, e volentieri servì ai Baroni ed ai Cavalieri, e tutto tempo stette nella Casa d'Este. E quando venia che li marchesi fessono festa e corte, li giullari che li veniano, che s'intendeano della lingua provenzale, andavano tutti a lui, e lo chiamavano loro maestro. E s'alcuno li ne venia che s' intendesse meglio che gli altri, e che fesse questioni di suo proprio trovare e d'altrui, e Maestro Ferrari gli rispondeva all'improvviso, sì ch' egli era avuto per un campione del gajo savere nella corte del Marchese d'Este. Ma non fece più che due canzoni e una Ritroenza, ma Sirventesi e Cobbole fece egli assai delle migliori del mondo, e fece un estratto di tutte le canzoni de' buoni trovatori del mondo, e di cadauna Canzone o Sirventese trasse una cobbola o due o tre, quelle che portano le sentenze delle canzoni, ed ove sono tutti li motti scelti e triati. E Maestro Ferrari, quand'elli era giovane, s'intese in una donna ch'ebbe nome Madonna Turca, e per quella donna fece egli di molte buone cose. E quando venne ch'elli fu vecchio, poco andava attorno, ma ch'egli andava a Trevigi a messer Girardo da Camino, e a suoi figli, ed elli gli facean grande onore, e 'l vedean volentieri, e molto l'accogliean bene, e gli donavan volentieri per la bontà di lui, e per l'amore del marchese d'Este.»

(2) Hist. litter. de la France, XIX, 513.

(3) Novell. Prov. 206-7.

BARTOLI. Letteratura Italiana.

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Qui s'adona

Vais gen bona:

E car vos say en bo

No taign spona

N'il somona

Qe us onre n'us dea pro.

Mas felona
Gen bricona

Ab luy no fay son pro

Ed ebbero pure i loro trovatori Genova e Venezia. Lanfranco Cigala « si fo de la ciutat de Genoa; gentils hom e savis fo; e fo jutges cavalliers, mas vida de juge menava. Et era grans amators; et entendia se en trobar e fo bon trobador, e fes mantas bonas cansos; e trobava volontiers di dieu » (1). Trovatore filosofo, da porsi con Giraud de Borneil, Cadenet e Pierre de Corbiac (2), egli, nobile giudice e cavaliere, cantò nei suoi versi una fanciulla di casa Cibo, che divenne poi sua moglie. Ad essa sembrano dirette alcune delle sue poesie (3), nelle quali egli la chiama la donna Na bel riz (4). Si hanno di lui, oltre i canti di amore, una sirventese fatta mentre San Luigi si apparecchiava alla Crociata (1248), alcune tenzoni, un inno alla Madonna, e finalmente un'altra sirventese, che ha per noi un interesse maggiore. Si combatteva tra il papato e l'impero la seconda gran lotta. Quando, nel.1242 Bonifazio III marchese di Monferrato, Manfredi marchese del Carretto ed i marchesi di Ceva, abbandonata la parte imperiale (e dicesi per denaro) si obbligarono nelle mani del legato apostolico di farsi campioni di Roma (5). Più tardi sembra che Bonifazio ritornasse tra i partigiani di Federigo (6). Contro questa mutabilità si scaglia fieramente il Cigala, in una sirventese, che è per l'Italia come un canto istorico (7). Egli è assai presumibile che il trovatore fosse mosso a tant'ira non dall'avere Bonifazio disertato l'imperatore, ma piuttosto dall'aver fatto ritorno a lui, abbandonando così la lega dei Genovesi e Milanesi. Ecco la terribile Sirventa (8):

(1) Raynouard, Choix. V. 244.

(2) Hist. litt. de la France, XIX, 560 e segg.

(3) Joios d'amor. Mss. della Biblioteca Imp. 7225.

(4) È noto che i trovatori si piacevano di parlare delle loro amanti sotto nomi supposti: << cette discretion chevaleresque, dice Raynouard (Choix, II, 47), sans nuire au plaisir que goûtaient celles qui étaient les objets de leurs cants, y ajoutait le charme piquant du mystére, et trompait plus aisément la jalousie et l'envie. » Bernardo di Ventadour, per esempio, chiama la viscontessa Agnese di Montluçon, Bel Vezer, ed Eleonora duchessa di Normandia, Conort; Rambaud de Vaqueiras chiama Beatrice di Monferrato, Bels Cavaliers. Cf. anche Fauriel, Hist. de la Poesie Prov., II, 23. (5) Cf. Muratori, Annali, ad an. 1242.

(6) Cf. Hist. Montferr. in Muratori, Rerum Ital. Script., XXIII, 387.

(7) Emeric David dice ch'essa è « d'une virulence excessive, et sort-elle même, en quelques endroits, des bornes établies par le goût jusque dans ces sortes d'ouvrages. Hist. Litt. de la Fr., XIX, 562.

(8) Raynouard, Choix, IV, 210. Essa apparterrebbe al genere storico-satirico. << Le « sirventes historico-satirique, scrive Diez, est le protêe du genre; il verse le blâme sur la conduite des princes, des nations, et leur remontre les voies de l'honneur et de l'équité. La littérature provençale, abonde en cette espèce; mais la satire peu mesurée ou plutôt amère s'oublie jusqu'à la menace et l'injure. » E cita appunto questa serventese del Cigala.

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