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>> in nullo tempo si compie nè si sazia la sete della

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cupidità: nè solamente per desiderio d'accrescere » le cose che quelli hanno, si tormentano, ma eziandio 50 > tormento hanno nella paura di perdere quelle. » E queste parole sono tutte di Tullio, e così giacciono in quello libro ch'è detto. E a maggior testimonianza di questa imperfezione, ecco Boezio in quello di Consolazione dicente: « Se quanta rena volge lo mare tur- 55 > bato dal vento, se quante stelle rilucono, la Dea » della ricchezza largisca, l'umana generazione non > cesserà di piangere. » E perchè più testimonianza, a ciò ridurre per prova, si conviene, lascisi stare quanto contra esse Salomone e suo padre grida, quanto con- 60 tra esse Seneca, massimamente a Lucillo scrivendo, quanto Orazio, quanto Giovenale, e brievemente quanto ogni scrittore, ogni poeta, e quanto la verace Scrittura divina chiama contro a queste false meretrici, piene di tutti difetti, e pongasi mente, per avere oculata fede, pur 65 alla vita di coloro che dietro ad esse vanno, come vivono sicuri quando di quelle hanno raunate, come si appagano, come si riposano. E che altro cotidianamente pericola e uccide le città, le contrade, le singulari persone tanto, quanto lo nuovo raunamento d'avere 70 appo alcuno? Lo quale raunamento nuovi desiderj discopre, al fine delli quali senza ingiuria d'alcuno venire non si può. E che altro intende di medicare l' una e l'altra Ragione, Canonica dico e Civile, tanto, quanto a riparare alla cupidità che, raunando ricchezze, cre- 75 sce? Certo assai lo manifesta l'una e l'altra Ragione, se li loro cominciamenti, dico della loro scrittura, si leggono. Oh come è manifesto, anzi manifestissimo,

Il Convito.

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quelle in accrescendo essere del tutto imperfette, quando so di loro altro che imperfezione nascere non può, quantunque che accolte sieno! E questo è quello che 'l Testo dice.

Veramente qui surge in dubbio una quistione, da non trapassare senza farla e rispondere a quella. Po85 trebbe dire alcuno calunniatore della Verità, che se per

crescere desiderio, acquistando, le ricchezze sono imperfette e però vili, che per questa ragione sia imperfetta e vile la Scienza, nell' acquisto della quale cresce sempre lo desiderio di quella; onde Seneca dice: « Se 90 l'uno de' piedi avessi nel sepolcro, apprendere vorrei. » Ma non è vero che la Scienza sia vile per imperfezione; adunque per la distruzione del conseguente, il crescere desiderio non è cagione di viltà alla Scienza. Che sia perfetta, è manifesto per lo Filosofo nel sesto dell' Etica 95 che dice: « la Scienza essere perfetta ragione di certe » cose.» A questa quistione brievemente è da rispondere; ma prima è da vedere, se nell'acquisto della Scienza il desiderio si amplia, come nella quistione si pone, e se sia per ragione. Per che io dico che non 100 solamente nell'acquisto della Scienza e delle ricchezze, ma in ciascuno acquisto il desiderio umano si dilata, avvegnachè per altro e altro modo; e la ragione è questa: che il sommo desiderio di ciascuna cosa, e prima dalla Natura dato, è lo ritornare al suo Principio. E 105 perocchè Iddio è Principio delle nostre anime e Fattore di quelle simili a sè, siccom'è scritto: « Facciamo l'uo» mo ad immagine e simiglianza nostra ; » essa Anima massimamente desidera tornare a quello. E siccome peregrino che va per una via, per la quale mai non fu,

che ogni casa, che da lungi vede, crede che sia l'al- 110 bergo, e non trovando ciò essere, dirizza la credenza all' altra, e così di casa in casa tanto che all'albergo viene; così l'Anima nostra, incontanente che nel nuovo e mai non fatto cammino di questa Vita entra, dirizza gli occhi al termine del suo sommo Bene, e però qua- 115 lunque cosa vede, che paja avere in sè alcun bene, crede che sia esso. E perchè la sua conoscenza è imperfetta, per non essere sperta nè dottrinata, piccioli beni le pajono grandi; e però da quelli comincia prima a desiderare. Onde vedemo li parvoli desiderare mas- 120 simamente un pomo; e poi più oltre procedendo, desiderare uno uccellino; e poi più oltre, desiderare bello. vestimento; e poi il cavallo, e poi una donna: e poi ricchezza non grande, e poi grande, e poi più. E questo incontra perchè in nulla di queste cose trova quello 125 che va cercando, e credelo trovare più oltre. Per che vedere si puote che l'uno desiderabile sta dinanzi all'altro agli occhi della nostra Anima per modo quasi piramidale, chè 'l minimo li copre prima tutti, ed è quasi punta dell' ultimo desiderabile, ch'è Dio, quasi 130 base di tutti. Sicchè quanto dalla punta vêr la base più si procede, maggiori appariscono li desiderabili; e quest'è la ragione per che, acquistando, li desiderj umani si fanno più ampj l'uno appresso l'altro. Veramente così questo cammino si perde per errore, come le 135 strade della terra: chè siccome da una città a un'altra di necessità è un'ottima e dirittissima via, e un'altra che sempre se ne dilunga, cioè quella che va nell'altra parte, e molte altre, qual meno dilungandosi e qual meno appressandosi; così nella Vita umana sono diversi 140

cammini, delli quali uno è veracissimo, e un altro fallacissimo, e certi men fallaci, e certi men veraci. E siccome vedemo che quello, che dirittissimo va alla Città, compie il desiderio e dà posa dopo la fatica, e quello, 145 che va in contrario, mai nol compie e mai posa dare non può; così nella nostra Vita avviene, che lo buono camminatore giugne a termine e a posa: lo erroneo mai non vi giugne, ma con molta fatica del suo animo sempre cogli occhi golosi si mira innanzi. Onde avvegnachè 150 questa ragione del tutto non risponda alla quistione mossa di sopra, almeno apre la via alla risposta ; chè fa vedere non andare ogni nostro desiderio dilatandosi per un modo. Ma perchè questo Capitolo è alquanto produtto, in Capitolo nuovo alla quistione è da rispondere, 155 nel quale sia terminata tutta la disputazione che fare s'intende al presente contro alle ricchezze.

CAPITOLO XIII.

Alla quistione rispondendo, dico che propriamente crescere il desiderio della Scienza dire non si può, avvegnachè, come detto è, per alcuno modo si dilati. Chè quello, che propriamente cresce, sempre è uno: il desi5 derio della Scienza non è sempre uno, ma è molti, e, finito l'uno, viene l'altro; sicchè, propriamente parlando, non è crescere lo suo dilatare, ma successione di piccola cosa in grande cosa. Che se io desidero di sapere i Principj delle cose naturali, incontanente che io so

questi, è compiuto e terminato questo desiderio; e se poi 10 io desidero di sapere che cosa è e com'è ciascuno di questi Principj, questo è un altro desiderio nuovo. Nè per lo avvenimento di questo, non mi si toglie la perfezione, alla quale mi condusse l'altro; e questo cotale dilatare non è cagione d'imperfezione, ma di perfezione 15 maggiore. Quello veramente della ricchezza è propriamente crescere, ch'è sempre pure uno, sicchè nulla successione quivi si vede, e per nullo termine e per nulla perfezione. E se l'avversario vuol dire, che siccome è altro desiderio quello di sapere li Principj delle 20 cose naturali e altro di sapere che elli sono, così altro desiderio è quello delle cento marche e altro è quello delle mille; rispondo, che non è vero; chè 'l cento si è parte del mille e ha ordine ad esso, come parte d'una linea a tutta la linea, su per la quale si procede per 25 uno moto solo; e nulla successione quivi è, nè perfezione di moto in parte alcuna. Ma conoscere che sieno li Principj delle cose naturali, e conoscere quello che sia ciascheduno, non è parte l'uno dell'altro, e hanno ordine insieme come diverse linee, per le quali non si 50 procede per uno moto, ma, perfetto il moto dell' una, succede il moto dell'altra. E così appare, che dal desiderio della Scienza la Scienza non è da dire imperfetta, siccome le ricchezze sono da dire per lo loro, come la quistione ponea. Chè nel desiderare della 35 Scienza successivamente finiscono li desiderj e viensi a perfezione, e in quello della ricchezza no; sicchè la quistione è soluta e non ha luogo l'istanza.

Ben puote ancora calunniare l'avversario, dicendo che, avvegnachè molti desiderj si compiano nell'acqui- 40

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