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« La bontà e la bellezza di ciascun sermone sono intra loro partite e diverse, chè la bontà è nella sentenza e la bellezza nell' ornamento delle parole; e l'una e l'altra è con diletto, avvegnachè la bontade sia massimamente dilettosa. » Così l'Allighieri, spiegando sè stesso nel suo dottrinale Convito: dove appunto avea divisato di commentare quattordici delle sue Canzoni, perchè a' molti « la lor bellezza più che la loro bontà era in grado. » Ma, come abbiamo potuto ravvisare per effetto, solo tre di esse Canzoni ci pervennero belle e dichiarate. L'una, che determina la natura d'Amore e distingue l'amore sensibile dall' amore spirituale contrastanti nell'animo del Poeta, si potrebbe perciò intitolare dall'Amore. E poichè in quel contrasto l'amore per la Filosofia restò vittorioso, di questa si esaltano le lodi nella seconda Canzone, che indi se ne appropria il nome. Aggirandosi poi la terza sulla Nobiltà, desiderabile sovrattutto nelle Anime filosofanti, dalla Nobiltà la si denomina a buona ragione.

Ond'è che ora sarebbe a rintracciarsi quali fossero le altre Canzoni che doveano far parte del Convito, e se fra quelle, che ci rimangono sicuramente proprie di Dante, alcuna ve ne sia meritevole di venir allogata in esso Libro. Una siffatta ricerca, oltrechè può giovare a viemeglio chiarire l'importanza del Libro medesimo, basterà forsanco a renderlo meno imperfetto, quanto alla sua forma, e più concorde al primitivo disegno. Bensì è da porre a tale proposito

una gran diligenza per allontanare le sterili e pronte congetture, riguardando invece ai fatti, sui quali l'evidenza e la forza del Vero ne obblighi a posarci e stabilire le nostre deduzioni. In consimili studj se qualche volente intelletto cerca le novità e pretende di farle accogliere come sicure invenzioni, potrà a tutta prima occupare l' altrui meraviglia, l'assenso non mai. E dove ciò manchi, il resto non approda a nulla: Nisi id quod facimus utile est, stulta est gloria.

Importa or dunque tenere in prima ben fermo il pensiero, come le suddette Canzoni fossero tutte « materiate di Virtù e di Amore » che nel Convito, significando la stessa cosa che Studio, viene poi a indicare l'abitudine del Sapere, sì per acquistarlo e sì per usarne. Di che l'Autore dirittamente potè ivi proporsi di voler guidare gli uomini a Virtù e Scienza. Al quale uopo gli convenne puranco di collegare que' componimenti per modo, che l'uno servisse all' altro e tutti insieme cooperassero a formare un Libro di Scienza morale. Questo premeditato disegno apparisce di certo nelle tre Canzoni a noi tramandate col loro rispettivo commento. Anzi possiamo indi persuaderci, che Dante, mentre stava applicato all'impreso Lavoro, lo avesse già concepito per intero e in ciascuna sua parte, se pur non l'ebbe, più che abbozzato, composto di primo getto.

Tant'è, che nel ventesimosesto Capitolo del Trattato quarto, là dove si tocca della Temperanza, virtù necessaria alla Giovinezza, l'assennato Scrittore, che ne adduce in esempio Enea, promette di voler dire nel settimo Trattato come e con quanta piacevolezza d'affetto quel valoroso Capitano si vide accolto dall'innamorata Didone, e tuttavia non gli mancò forza sovra sè stesso e virtù per dipartirsene. Quindi, avuto anco risguardo che il primo Trattato è una Introduzione o il Proemio a tutta l'Opera, può inferirsene che la materia del settimo Trattato e perciò della sesta fra le Canzoni prescelte e ordinate per il Convito, doveva precisamente risguardare la Temperanza.

Il Trattato quattordicesimo poi, insieme con la tredicesima Canzone, non v' ha dubbio, e l' Allighieri stesso cel rafferma,

che avevano per soggetto la Giustizia, e che quivi per di più si sarebbe fatto conoscere perchè li Savj abbiano trovato l'arte di nascondere la Verità sotto bella menzogna.

Rispetto all' ultimo Trattato ed alla Canzone quattordicesima, sappiamo eziandio con più di certezza, che doveano aggirarsi sulla Virtù in generale, quasi per compendio delle cose ragionate nell' ampio Volume. E siffatta Canzone ben avvisò il Fraticelli, che fosse quella che comincia: Doglia mi reca nello core ardire, perocchè in essa e singolarmente nella strofa quinta s'accenna quanto caro costa quello che si prega per ottenerlo; » ciò che appunto l'Autore aveva promesso di ragionare in quel Trattato predisposto a degno compimento del Convito. Or essa Canzone, fra quante altre corrono sotto il nome di Dante, è la sola, che sinora possa dirsi con tutta certezza, che sarebbe stata posta in quel Libro con la opportuna dichiarazione.

Bensì in alcuna delle rimanenti Canzoni, oltre che vi si ravvisa la materia di Virtù e di Scienza, vi si discopre la forma del tutto corrispondente a quella delle Canzoni per effetto appropriate al Convito, sicchè niuno potrebbe rifiutarle quasi immeritevoli di appartenervi. Veramente il codice Riccardiano 1044 le determina e ce le indica tutte, numerandole per cosi distinta maniera:

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CANZONE I. Voi che, intendendo, il terzo Ciel movete.
II. Amor, che nella menle mi ragiona.
III. Le dolci rime d' Amor, ch' io solia.
IV. Amor, che movi tua virtù dal Cielo.

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V. Io sento si d' Amor la gran possanza.
VI. Al poco giorno, ed al gran cerchio d'ombra.
VII. Amor, tu vedi ben, che questa Donna.

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VIII. Io son venuto al punto della rota.

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IX. E' m' incresce di me si duramente.

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X. Tre donne intorno al cor mi son venute.

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XI. Poscia ch' Amor del tutto m' ha lasciato.

XII. La dispietata mente, che pur mira.

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XIV. Amor, dacchè convien pur, ch'io ni doglia.

Sebbene io non possa credere che tutti questi componimenti poetici fossero dal sapiente Autore preparati od almeno eletti ad esser parte di quell' Opera, nondimeno stimo conveniente di qui aggiugnerli come Appendice ai tre primi, che quivi sortirono il loro commento. E di ciascuno ripeterò quello che mi parve di dover confermare nella edizione del CANZONIERE di Dante, già pubblicata nel 1865. Vi apporrò da ultimo anche la Ballata: Voi che sapete ragionar d'Amore, perchè non solo vien rammentata nel Convito, ma perchè vi serba un'attinenza strettissima, e giova inoltre viemeglio farne comprendere certe sentenze e l'arte propria del rigido Maestro. Per cosiffatta disposizione questo Convito, oggimai non potendo più rendersi intero, sarà almanco tal quale il suo benefico Dispensatore ci porse modo di parteciparvi e di rifornirlo. Che se poi non fosse « tanto splendido, quanto conviene atla sua grida, » prego anch' io l'anime degne e gentili e studiose di Dante, che « non al mio volere, ma alla mia facultate imputino ogni difetto, » perocchè la mia voglia è qui seguace di liberalità vera e compiuta.

CANZONE QUARTA.

1.

Amor, che muovi tua virtù dal Cielo,
Come 'l Sol lo splendore,

Chè là s'apprende più lo suo valore,
Dove più nobiltà suo raggio trova,
E com' el fuga oscuritate e gelo,
Così, alto Signore,

Tu cacci la viltate altrui del core,

Nè ira contra te fa lunga prova:

Da te convien che ciascun ben si muova,
Per lo qual si travaglia il mondo tutto:
Senza te è distrutto

Quanto avemo in potenza di ben fare;
Come pittura in tenebrosa parte,

Che non si può mostrare,

Ne dar diletto di color, nè d'arte.

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