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2

Fêremi il core sempre la tua luce,
Come 'l raggio la stella,

Poichè l'anima mia fu fatta ancella
Della tua podestà primieramente.
Onde ha vita un pensier, che mi conduce
Con sua dolce favella

A rimirar ciascuna cosa bella

Con più diletto, quanto è più piacente.
Per questo mio guardar m'è nella mente
Una Giovane entrata, che m' ha preso;
Ed hammi in foco acceso,

Com'acqua per chiarezza foco accende:
Perchè nel suo venir li raggi tuoi,

Con li quai mi risplende,

Saliron tutti su negli occhi suoi.

3.

Quanto è nell'esser suo bella, e gentile
Negli atti ed amorosa,

Tanto lo immaginar, che mai non posa,
L'adorna nella mente, ov'io la porto;
Non che da sè medesmo sia sottile
A così alta cosa,

Ma dalla tua virtute ha quel, ch'egli osa
Oltra il poter, che Natura ci ha pôrto.
È sua beltà del tuo valor conforto,
In quanto giudicar si puote effetto
Sovra degno suggetto,

In guisa ch'è al Sol raggio di foco;
Lo qual non dà a lui, nè to' virtute;
Ma fàllo in alto loco

Nell'effetto parer di più salute.

4.

Dunque, Signor, di sì gentil natura,
Che questa Nobiltate,

Che vien quaggiuso, e tutt'altra bontate
Lieva principio dalla tua altezza;

Guarda la vita mia, quanto ella è dura,
E prendine pietate:

Chè lo tuo ardor per la costei beltate
Mi fa sentire al cor troppa gravezza.
Falle sentir, Amor, per tua dolcezza
Il gran desio ch'io ho di veder lei:
Non soffrir che costei

Per giovinezza mi conduca a morte:
Chè non s'accorge ancor, com'ella piace,
Nè com'io l'amo forte,

Nè che negli occhi porta la mia pace.

5.

Onor ti sarà grande, se m'ajuti,

Ed a me ricco dono

Tanto, quanto conosco ben, ch'io sono
Là, ov' io non posso difender mia vita;
Chè gli spiriti miei son combattuti
Da tal, ch'io non ragiono,

Se per tua volontà non han perdono,
Che possan guari star senza finita.
Ed ancor tua potenza fia sentita
In questa bella Donna che n'è degna,
Che par che si convegna

Di darle d'ogni ben gran compagnia,
Com' a Colei, che fu nel mondo nata
Per aver signoria

Sovra la mente d'ogni uom che la guata.

CANZONE QUINTA.

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1.

Io sento sì d' Amor la gran possanza,
Ch'io non posso durare

Lungamente a soffrire; ond' io mi doglio:
Perocchè il suo valor sempre s'avanza,
E'l mio sento mancare

Sì, ch' io son meno ognora ch' io non soglio.
Non dico ch' Amor faccia quant' io voglio:
Chè se facesse quanto il voler chiede,
Quella virtù, che Natura mi diede,
Nol sofferia, però ch'ella è finita.

E questo è quello ond' io prendo cordoglio,
Che alla voglia il poder non terrà fede.
Ma se di buon voler nasce mercede,
lo la dimando per aver più vita
A que' begli occhi, il cui dolce splendore
Porta conforto, ovunque io sento amore.

2.

Entrano i raggi di questi occhi belli

Ne' miei innamorati,

E portan dolce, ovunque io sento amaro:

E sanno lo cammin, siccome quelli

Che già vi son passati;

E sanno il loco, dove Amor lasciâro,

Quando per gli occhi miei dentro il menâro.
Per che mercè, volgendosi, a me fanno,
E di Colei cui son procaccian danno
Celandosi da me, che tanto l' amo,

Che sol per lei servir mi tengo caro.
E' miei pensier, che pur d'amor si fanno,
Come a lor segno, al suo servigio vanno:
Per che l' adoperar sì forte bramo,
Che, s'io 'l credessi far fuggendo lei,
Lieve saria; ma so ch'io ne morrei.

3.

Ben è verace amor quel che m'ha preso,
E ben mi stringe forte,

Quand' io farei quel ch' io dico per lui.
Chè nullo amore è di cotanto peso,
Quanto è quel, che la morte

Face piacer, per ben servire altrui:
Ed in cotal voler fermato fui

Si tosto, come il gran desio ch' io sento
Fu nato per virtù del piacimento,
Ch'è nel bel viso du' ogni ben s' accoglie.
Io son servente: e quando penso

cui,

Qual ch' ella sia, di tutto son contento;

Chè l' Uom può ben servir contra talento:
E se mercè giovinezza mi toglie,

Aspetto tempo che più ragion prenda;
Purchè la vita tanto si difenda.

4.

Quand' io penso un gentil desio, ch'è nato
Del gran desio ch' io porto,

Ch' a ben far tira tutto il mio potere,
Parmi esser di mercede oltra pagato;
Ed anche più ch' a torto

Mi par di servidor nome tenere:
Così dinanzi agli occhi del piacere
Si fa 'l servir mercè d'altrui bontate,
Ma poich' io mi ristringo a veritate,

Convien che tal desio servigio conti;
Perocchè s'io procaccio di valere,
Non penso tanto a mia proprietate,
Quanto a Colei che m'ha in sua podestate;
Chè 'l fo perchè sua cosa in pregio monti:
Ed io son tutto suo; così mi tegno;

Ch' Amor di tanto onor m'ha fatto degno.

5.

Altri ch' Amor non mi potea far tale,
Ch'io fossi degnamente

Cosa di quella che non s'innamora,
Ma stassi come donna, a cui non cale
Dell' amorosa mente,

Che senza lei non può passare un'ora.
Io non la vidi tante volte ancora,

Ch'io non trovassi in lei nuova bellezza;
Onde Amor cresce in me la sua grandezza
Tanto, quanto il piacer nuovo s' aggiugne.
Per ch' egli avvien, che tanto fo dimora
In uno stato, e tanto Amor m'avvezza
Con un martiro e con una dolcezza,
Quanto è quel tempo che spesso mi pugne,
Che dura dacch' io perdo la sua vista
Infino al tempo ch'ella si racquista.

6.

Canzon mia bella, se tu mi somigli,
Tu non sarai sdegnosa

Tanto, quanto alla tua bontà s'avviene:
Ond' io ti prego che tu t'assottigli,
Dolce mia Amorosa,

In prender modo e via, che ti stea bene.
Se Cavalier t'invita, o ti ritiene,
Innanzi che nel suo piacer ti metta,

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