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nella ristampa del 1821. Il Duca di Villarosa stampò quattro volumi di poesie antiche, ma tralasciò la Tenzone di Ciullo. Chi più atto a ciò di costoro? Ma essi per nostra sventura non alzarono gli occhi al di là dell' Allacci e del Crescimbeni. Palmeri, Sanfilippo, Di Giovanni, La Lumia limitandosi a distrigare epoche e fatti, diradarono varii dubbii di chi li precesse, ed io molto lor devo, come sarà ripetuto a suo luogo. Se i nominati, o altri siciliani della loro tempera, vi avessero inteso l'animo davvero, sarebbe stata da tempo dipannata l'arruffata matassa.

A spingere innanzi l'opera loro, ho messo anch' io il piede in questo ginepraio; e diffidando di me, a dissipare i miei rimorsi, ad evitare novelli errori od equivoci, ho consultato comentatori, codici e stampe qui e in terraferma, e ho richiesto di consiglio non pochi illustri miei riveriti amici, i quali mi hanno partecipato benevoli le loro idee. 3. Soccorso da tanto senno, tenterò indagare il vero titolo della lirica di Ciullo, il luogo e il tempo quando fu dettata, e di conseguenza i valori del medio evo, le difense e multe, l'antichità degli agostari, l'epoca del Soldano e del Saladino; così pure la lingua, metro e grafia adoperati dal poeta; parlerò de' codici e delle stampe, che quella ci serbarono e diffusero; de' passi più scorretti e delle loro emendazioni, del di lei merito, dandone il testo alla fine. Cosi ho procurato sodisfare il desiderio degli amatori della letteratura, che chiamerei fossile per la sua vetustà, se in gran parte non fosse ancor viva, e non suonasse rifatta sulle labbra de' minestrelli dell' età nuova, accompagnata da' loro musicali strumenti.

§. I.

Celebrità e titolo della Tenzone di Ciullo.

Non è poesia anteriore allo sgomino della Monarchia siciliana, cioè alle disfatte di Benevento e Tagliacozzo, nè più celebre, nè più diffusa di questa. Non appena nata, da Alcamo a Palermo, Napoli, Roma, Firenze, Padova, Bologna ec., si sparse per tutta la penisola. E fu universalmente accolta, perchè nella storia di quell' amor fortunato vedeano molti il caso proprio; per i suoi pregi artistici; per la lingua volgare intesa appieno dal popolo con diletto ed orgoglio; e perchè lusingando la vanagloria dei poeti; celebrava il matrimonio d'illustri personaggi. Se oggi, dopo quasi settecent' anni, ne abbiamo copia del secolo XIII, e parecchie del seguente, quante non ve ne doveano essere quando era il canto favorito de' cavalieri, delle castellane, delle corti bandite? In Sicilia piacque tanto, da farla sua il popolo de' monti e de' mari, e variandola e trasformandola tuttora la ripete, intitolandola Li multi vuci, Lu Tuppi tuppi, Li setti fratelli, La Donna Onesta, Lu Vujareddu di li Chiani, per quanto è a mia notizia. Perciò ben disse Giusto Grion poter mostrare come a Padova la Cantilena di Ciullo fosse nel 1300 divulgatissima. 4. E la prova più solenne di ciò si è l'averla Dante registrata nel Volgare Eloquio, le imprimendo il suggello dell' eternità.

Volando da un labbro all' altro e dall' uno all' altro stato italico, ricevette il marchio dialettico pugliese, romano, toscano, e così fu fidata alla carta, e qualche volta qua e là adulterando il nativo insulare. Allorchè poi da' codici passò a' tipi, e si moltiplicò con la stampa, non solo

furono accresciuti quei guasti dagli emanuensi, ma per arrota fu variamente battezzata. Si accostò meglio al vero chi la lasciò innominata. Così tra copisti, editori e storici della nostra letteratura, ebbe più nomi di Apolline presso i mitologi.

Ma qual'è quello che veramente le compete? Con quale saluteremo il ritmo vittorioso della fresca rosa di Bari, della sdegnosa e pudica giovane, che chiusa nella gloria del suo forte castello, avea resistito a conti, a cavalieri, a marchesi e a giustizieri, e si arrendeva all'incanto degl' ispirati numeri?

Canzone deriva da canto, perciò nel senso primigenio cosi furono dette tutte le poesie cantabili; di conseguenza Dante chiamò canzoni le sue liriche, e Bembo i sonetti del Petrarca. Quando i retori dettarono i precetti dell'arte poetica, così intitolarono quella lirica, che giusta l'Alighieri racchiude in se tutti i pregi degli altri, e componesi di parecchie stanze, le quali serbano per le più il medesimo ordine di rime e di versi. Tale non è il dialogo di Ciullo. Molto meno è quello che in Sicilia appellasi Canzone, cioè un' ottava con quattro rime o assonanze alterne e variamnte intrecciate.

Nè Cantilena. È questo termine musicale, male attato alla poesia, e dalla Crusca e dal Fanfani definito: << quella sorta di canto usato per addormentare i bambini, lungo, lento e nojoso ».

Ballata neppure, perchè non è regolata a tempo di ballo, nè si canta ballando, e non ha intercalare o ritornello: insomma neppur uno de' caratteri co' quali la contrasegnano Trissino, Minturno, Affò, Crescimbeni, o come la troviamo ne' classici, e segnatamente nella Raccolta di Canzone a ballo stampata a Firenze nel 1568, ove sono siffatte poesie di Lorenzo de' Medici, del Poliziano e di altri corrotti e corruttori di lui corteggiani.

Frottola non è, essendo questa tessuta di motti e mottetti epigrammatici di versi brevi, senz' ordine alcuno disposti, per lo più in baja, come quelle di Antonio Buffone e di Girolamo Benivieni, ricordate dall' Affò. Per altro le Frottole, e tutte le poesie di simil genere, cominciarono ad essere in uso dopo la metà del secolo XIV, come notava il Nannucci 5.

Serventese neppure. Se si accettasse l'opinione del Grion 6, il quale chiama sirventesi le rime, che tendono ad ottener grazia dalle donne, tali sarebbero quasi tutti i Canzonieri. Egli così scrisse, perchè fu detto che i trovatori giovaronsi di questo metro per Dio, per la Vergine, per le loro amorose. Il Galvani sottilmente scrutandone l'origine, l'uso e la forma, dimostra con peregrina erudizione e solidi argomenti, non potersi intitolare Serventese il canto di Ciullo. In pari tempo rigetta il cognominarlo Altercazione, Contrasto, Canzone responsiva a dialogo, Rima, Tenzone, e adotta Cantilena; ma io riverendolo ed esaltandone il merito, non so acconciarmi alla di lui sentenza 7. Il nome di Contrasto alla poesia popolare, quel di Tenzone alla letteraria compete.

La lirica di cui ci occupiamo è certo un dialogo, come ne abbiamo molti nel Parnaso dotto e popolare; appartiene al genere che in Sicilia appellasi Contrasti; quindi oltre di essere un dialogo semplice, è propriamente una Tenzone, che ben corrisponde alla esatta definizione datane dall' Accademia e dal Fanfani. Questa Tenzone tra il poeta e la bella, fu imitata da altri, tra cui da Mazzeo Ricco da Messina 8, e da Ciacco dell' Anguillara, se vero il concetto del Trucchi 9, entrambe sbiadito riflesso dell'antico esemplare. Di conseguenza ho estimato acconcio chiamarla semplicemente Tenzone.

§. 2.

Ove è locata la scena?

Ma ove olezzava imbalsamando l' aria di fragranze, la rosa invidiata di cui s'invaghi il paladino poeta? Non possiamo desumerlo che dai suoi versi. Sono essi evidentemente scritti dopo seguito il matrimonio, e ritraggono le condizioni topiche e sociali degli sposi. Nell' investigare il di lui stato, vedremo essere vissuto di molto nel paese dell' amata, ove un anno prima di chiederne la mano era preso di lei:

Ora fa un anno, vitama, .
Ch'entrata mi se' in mente;

e aver conoscenza della facoltà, della potenza, delle attinenze de' di lei consanguinei; ed essa al tempo medesimo essere al fatto dell'ammontare del di lui avere. Quel luogo è determinato dalla stanza quinta, che a chiarimento del vero, dovremo esaminare. La giovanetta abitava il castello del padre, ivi le vaste proprietà di costui, ivi i di lei fratelli, la madre, il monastero privilegiato, di là il dialetto di cui è intinta la Tenzone: insomma in Puglia, e precisamente in Bari la scena. Il seguito di questo Comento, ribadirà quanto affermo, perchè l' una parte dà luce all' altra, e tutte fra di loro si concatenano.

A inforsare questa mia convinzione mi si oppongono chi diede causa alla Disamina del 1858, e il Grion. Colui fra le tante edizioni della Tenzone, ripescata la più corrotta, cioè quella del Gregorio per il Notiziario di Corte, ove manca Bari, giunse a dire ch'io fantasticava. Ma

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