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LUOGHI DEL CONVIVIO

CHE ILLUSTRANO IL POEMA DI DANTE

Più di trent'anni fa, nella prima stampa del mio Comento, notavo l'utilità del raffrontare Dante con Dante stesso, offrendone qualche saggio. Nella ristampa lo feci con maggiore larghezza, quanto concedevano gli altri non lievi assunti dell'umile mio lavoro, e segnatamente la cura dell'accennare alle molte fonti di biblica e di pagana poesia, di teologica e filosofica tradizione, alle quali attinse il Poeta, fonti da comentatori e dotti e pii non ancora sufficientemente indicate. A illustrare Dante con Dante attende di proposito il prof. Giuliani: ma non potrebbe senza prolissità minuziosa e senza ripetizioni frequenti scendere a que' riscontri d'immagini e di locuzioni che pur dànno a conoscere l'intima mente dello scrittore; e chi non le osservi, non può dire di intenderlo rettamente. Un dizionario dantesco, più compiuto che quello del sig. Blanc, e condotto con più alti intendimenti di scienza e con più delicato senso del bello, a ciò gioverebbe ma debbono a ciò provvedere principalmente col vivo loro insegnamento i maestri, e a tale esercizio di paragoni fecondi venirsi educando. Apparrebbe di qui come Dante, il quale nelle opinioni politiche non si può dire che non abbia mai variato, nelle essenziali dottrine sia sempre costante a se stesso; come

nella ricchezza del dire osservi la proprietà de' vocaboli ; come sappia essere originale nell'atto del fedelmente riverire l'autorità de' maggiori, anzi sia davvero originale per questo; come l' erudizione non gli sia materia ammon tata che soffochi il fuoco della fantasia, ma sottoposta in maniera che lo ecciti e lo alimenti. Della ispirazione par che abbiano un falso concetto i più de' verseggianti moderni; che si fingono nemica a lei la scienza, così come la meditazione e la lima; intendono volare nel vuoto, e reggersi sempre sulle ale, sdegnando l'uso dei piedi, come se qualcosa di simile non fornisse la natura agli stessi volanti. Così certi pittori e scultori si tengono genii tanto più vergini quanto più sono ignoranti; certe anime tenere tanto più amabili quanto più passionatamente delirano; certi politicanti tanto più benemeriti della libertà quanto più vendicano a sè e ad altri licenza di rompersi il collo e le gambe. L'esempio di Dante, insegnandoci a non dividere l'arte dalla scienza, c'insegna pure a non fare dello stile poetico e del prosastico due linguaggi differenti, anzi lingue tanto diverse che la poesia di certuni a chi pure intende la prosa italiana par come latino. Raffrontando il Convivio al Poema, rincontransi in questo locuzioni che a non pochi poetanti parrebbero umili troppo, e non poche degnissime della poesia nella semplice prosa.

Dirò quel che ha offerto occasione al tenue lavoro di cui do saggio, e con che intendimento potrebbesi leggerlo, e come coglierne qualche frutto. Spogliando il Convivio per l'Accademia della Crusca, ho notati alcuni raffronti tra quel libro e il Poema: ma, perchè sminuzzare ciascun passo secondo l'ordine dell'alfabeto, non fornirebbe soggetto a lettura e a studio continuato, io qui, sotto una delle parole che cadono nel passo citato, vengo raccogliendo in nota que' raffronti che concernono altre locuzioni del passo medesimo; raffronti che accennano anco alle idee;

e sopra i quali può non solamente il maestro volgere l'attenzione de' giovani, ma può lo studioso meditare da sè. Nel Convivio alcuni passi veggonsi felicemente corretti dagli editori milanesi, dal Pederzini, dal prof. Witte, e dal Fraticelli; altri chieggono d'essere sanati con collazione d'altri codici o degli scrittori da Dante citati; altri schiarisconsi punteggiando altrimenti. L'ortografia molto importa all'estetica, nonchè alla grammatica; come e al senso e al sentimento delle cose che diconsi e scrivonsi importa l'accento. Gli studiosi, ponendo mente alle idee molte che possono essere da un vocabolo significate, e agli svariati congegni che un vocabolo con altri comporta, e alla finezza dell'idea e alle pieghe del sentimento che possono essere da que' congegni delineate o adombrate, riconosceranno quanto sia preziosa ricchezza insieme e forte peso l'eredità della lingua; e, considerando come in quella varietà maravigliosa pur domini, più mirabile ancora, un'arcana unità, s'avvedranno come sia opera di scienza insieme e di virtù il ministero della parola ne' modi debiti esercitato.

Che

Latino Quid, Che cosa. Dante, Inf. 3. Ben puoi saper omai, che 'l suo dir suona. Convivio 191. (Ediz. Fraticelli). Lo loco nel quale dico, esso ragionare si è la mente ma, per dire che sia la mente, non si prende di ciò più intendimento che prima. E però è da vedere che questa mente propriamente significa (1). — - Inf. 7. Questa fortuna di che tu

(1) Per dire, nel senso che il Petrarca Canz. Non credo che giammai dal pigro sonno Levi la testa, per chiamar ch'uom faccia, e del Par. 32. Non muove occhio per cantare osanna. Prendere intendimento, Cogliere il senso. Purg. 28. Il dolce suono Veniva

mi tocche Che è, che i ben' del mondo ha sì tra branche. Conv. 193. a mezzo: Onde si puote omai vedere che è mente.

Il di che, il mezzo, id de quo; la qual forma dichiara l'origine di Onde in senso di per. Dant. Conv. 200 e 201. Tornando adunque al proposito, dico che nostro intelletto, per difetto della virtù della quale trae quello ch' el vede (che è virtù organica, cioè la fantasia), non puote a certe cose salire; però che la fantasia nol puote aiutare, e che non ha lo di che; siccome sono le sustanze partite da materia; delle quali (se alcuna considerazione di quelle avere potemo) intendere non le potemo, nè comprendere perfettamente (1). — All'articolo il può notarsi che la lingua concede poterlo premettere a' verbi e a' nomi, ad avverbi e a particelle: come qui appunto il di che.

Quanto che, per Quanto e dicevasi per Quantunque: Convivio 208-209. Ora per due modi si prende dagli Astrologi: l'uno è, che del dì e della notte fanno ventiquattr' ore, cioè dodici si del dì, e dodici della notte, quanto che 'l dì sia grande o piccolo. E queste ore si fanno picciole e grandi nel dì e nella notte, secondo che 'l di cresce e scema (alcuni codici menoma). E queste ore usa la Chiesa, quando dice Prima, Terza, Sesta, e Nona; e chiamansi così ore temporali (2).

a me co' suoi intendimenti.

Prendere ha qui senso affine a Torre.

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Pro

Inf. 8. Appena il potea l'occhio torre. Però è da vedere, anco nel verso, Par. 2. Questo non è però è da vedere Dell'altro. priamente, nel senso e grammaticale e filosofico.

El,

(1) Tornare, figurato, Par. 7. Ritorno dichiarare in alcun loco. Nostro, l'umano. Par. 1. Appressando sè al suo desire, Nostro intelletto si profonda tanto, Che retro la memoria non può ire. Inf. 27. Con tullo ch'el fosse di rame, Pure el pareva dal dolor traflllo. Boccaccio: El mi pare. - Partito, da materia Purg. 18. Ogni forma sustanzial che setta È da materia. Considerazione, pensiero fatto considerando, idea considerando acquistata. Comprendere, più

d' intendere.

(2) Prendere, Intendere. Par. 11. Francesco e Povertà per questi amanti Prendi oramai nel mio parlar diffuso.

Ched, Inf. 31. Ched ella incontro penda. Conv. 110. Manifesto è ched ella è la cagione stata dell' amore ch' io porto ad esso.

Cherico

(Per il Glossario. Nel § 3 del Manuzzi), anche Il Laico educato agli studii, come solevano essere gli uomini di Chiesa. Conv. 305. fine: Non è da lasciare, tuttochè il testo si taccia, che messere lo Imperatore in questa parte non errò pur nelle parti della difinizione, ma eziandio nel modo di difinire (avvegnachè, secondo la fama che di lui grida, egli fosse loico e cherico grande) (1).

Chetare

Conv. 177. a mezzo (La scienza divina) chiama perfetta, perchè perfettamente ne fa il Vero vedere, nel quale si cheta l'anima nostra. Par. 28. Come la lor veduta si profonda Nel vero in che si queta ogni intelletto. E 4. Giammai non si sazia Nostro intelletto se il Ver non lo illustra Di fuor dal qual nessun vero si spazia. Posasi in esso.

Chi

Conv. 201 principio: Dimostrasi (l'anima) negli occhi tanto manifesta, che conoscer si può la sua presente passione, chi bene la mira (2). Quest'uso del chi fa l'inciso

Tacere, fi

Gridare,

(1) Lasciare, col Non e senza, tralasciare parlando o scrivendo. Testo, libro autorevole, in genere; quasi personificato. gurato, d'autore e di libro. Inf. 25. Taccia Lucano omai. quasi figurato. Par. 5. Se mala cupidigia altro vi grida. Loico, Inf. Grande, in senso di lode o di biasimo, intensivo della qualità di cui si ragiona. Inf. 15. E letterali grandi e di gran fama.

27.

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(2) Manifesto, Dimostrasi manifesto, aggettivo accordato con un nome; ma intendesi come avverbio, Manifestamente. Passione,

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