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VI

(pag. 77)

La Canzone di messer Cino da Pistoia a Dante per la morte di Beatrice.

Fu offerta, come ricordo centenario nella primavera del 1890, dalle gentildonne fiorentine alla Maestà della Regina, in un Albo composto di sette pergamene miniate, squisito lavoro di N. Leoni. Un'ottava pergamena, fregiata tutt' intorno degli stemmi e dei nomi di quelle gentili, recava le seguenti parole di omaggio a Sua Maestà:

« La Maestà della Regina d'Italia accolga con << benigno sorriso l'omaggio che Le viene dalle rive <«< dell'Arno: un ricordo, sei volte centenario, della <«< Donna nella quale si affisò la più alta fantasia << d'Italiano Poeta. Cino e Dante, meditanti affet<< tuosamente sulla tomba di Beatrice, son figural << dell' ingegno che all' amore e al dolore chiede «< ispirazione e virtù: e da quella tomba si solleva, « svestendo l'umano, la visione che Dante farà di«vina. Questo documento di gentilezza, questo

<«< alle Donne italiane titolo di nobiltà, noi, concit<< tadine di Beatrice, rinnoviamo, sotto gli auspicii « della Prima Gentildonna d'Italia, superbe che dai <«< nomi nostri, come è dalla nostra devozione di « suddite, sia circondato quello augusto della gra<«<ziosa Sovrana, nella quale ogni amabile idealità «< di vita nazionale è fatta visibilmente persona.

<«< Firenze, nella primavera del MDCCCXC. » L'intero Albo fu riprodotto con questo titolo: Canzone di messer Cino da Pistoia a Dante per la morte di Beatrice. Riproduzione fototipica in cc esemplari del dono offerto a S. M. la Regina d'Italia dalle gentildonne fiorentine nella primavera del MDCCCXC sesto centenario. Testo riveduto sui manoscritti da I. DEL LUNGO. Illustrazioni e fregi in miniatura di N. LEONI. (Firenze, fototipia Ciardelli).

E opportuna appendice al presente libretto mi sembra quel testo; ma quale son venuto modificandolo, per nuove cure che ci ha spese attorno, a mia istanza, il giovine e valente cultore di studi danteschi dottor Michele Barbi. Ad altro luogo è riserbata la pubblicazione dell'apparato critico di che il Barbi ha accompagnato il suo lavoro; ottimo augurio alla edizione che, sotto gli auspicii della Società Dantesca Italiana, egli prepara della Vita Nuova e delle Rime di Dante. Qui io mi limito a confortare con qualche postilla il riassunto inter

pretativo (vedi pag. 78-80) della Canzone; e a qualche indicazione comparativa (vedi pag. 80-81) fra essa e alcuni luoghi dei Canzonieri di Dante e di Cino.

La falsa attribuzione al Guinicelli fu causata da ció: che nel codice Barberiniano, dal quale fu primo a pubblicarla nel secolo XVII l'Allacci, il nome di Cino era stato quasi del tutto tagliato nella raffilatura delle pagine, cosicchè anche quella poesia fu attribuita al Guinicelli, a cui appartenevano le precedenti.

Avegna ch'io non aggia più per tempo
Per voi richesto Pietate e Amore
Per confortar la vostra grave vita,
Non è ancor sì trapassato il tempo,

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Che 'l mio sermon non trovi il vostro core
Piangendo star con l'anima smarrita,

Fra sè dicendo: «Già serai 'n ciel gita,
Beata gioia, com' chiamava il nome! »
Lasso! quando e come

Il rav

v. 8. chiamava: diceva, denotava, annunziava. vicinamento, che già da altri è stato fatto, di questo verso di Cino al noto, e tanto controverso, passo della Vita Nuova (§ I), « .... la gloriosa donna de la mia mente, la qual fu da << molti chiamata Beatrice, li quali non sapeano che si chia<< mare »>, conferma la spiegazione << non sapevano che cosa (nominandola Beatrice) si dicevano, che cosa venivano (con ciò) a significare »; ossia, nominandola Beatrice, non sapevano di dire, di significare, ciò ch'ella era non pur di nome ma di fatto.

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Veder vi potrò io visibilmente?
Sì ch' ancora a presente

Vi posso fare di conforto aita.

Donque m'odite, poi ch' io parlo a posta
D'Amor, a li sospir ponendo sosta.
15 Noi provamo che 'n questo cieco mondo
Ciascun si vive in angosciosa noia,
Chè in onne avversità ventura 'l tira.
Beata l'alma che lassa tal pondo,
E va nel ciel ov'è compiuta gioia,
Gioioso 'l cor for di corrotto e d'ira!
Or donque di che 'l vostro cor sospira,
Che rallegrar si de' del suo migliore?
Chè Dio, nostro signore,

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25

Volse di lei, com' avea l'angel detto,
Fare il cielo perfetto.

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In due

V. II. a presente: al presente, presentemente, ora. luoghi della Vita Nuova (§ xxv, « A cotal cosa dichiarare, se« condo che è buono a presente, prima è da intendere ec. »; § XXIX, « E avvegnachè forse piacerebbe a presente trattare al<quanto de la sua partita da noi, ec. »), a (non al, come porta la volgata delle edizioni) presente, leggono autorevoli manoscritti.

v. 23-25. Qui è evidente l'allusione ai versi (15-21) della Canzone dantesca Donne ch'avete intelletto d'amore:

Angelo clama in divino intelletto,

E dice: «< Sire, nel mondo si vede
Maraviglia nell'atto che procede

D' un' anima che infin quassù risplende. »
Lo cielo, che non have altro difetto

Per nova cosa onne Santo la mira,
Ed ella sta davanti a la Salute

E in vèr lei parla onne Vertute.

Di che vi stringe 'l cor pianto ed angoscia, 30. Che dovresti d'amor sopragioire,

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Ch'avete in ciel la mente e l'intelletto?
Li vostri spirti trapassar da poscia
Per sua virtù nel ciel; tal' è 'l disire
Ch'Amor lassù li pinge per diletto.
O omo saggio, perchè sì distretto
Vi tien così l'affannoso pensiero?
Per suo onor vi chiero

Ch'a l'egra mente prendate conforto,
Nè aggiate più cor morto;

Nè figura di morte in vostro aspetto:
Perchè Dio l'aggia locata fra i soi,
Ella tuttora dimora con voi.
Conforto, già, conforto l'Amor chiama,
E Pietà priega per Dio fate resto.

Che d'aver lei, al suo signor la chiede,
E ciascun Santo ne grida mercede.
Sola Pietà nostra parte difende, ec.

V. 27. la Salute: Dio. Così in Dante (Parad. XXXIII, 27): più alto verso l' ultima Salute ».

v. 28. onne Vertute. « Virtudi sono chiamati quegli spiriti, per li quali si fanno le virtù dei miracoli ». CAVALCA, Frutti di lingua, XVI. E teologicamente, fanno serie con gli Angeli, Arcangeli, Troni, Dominazioni, ec.

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V. 44. fate resto: desistiate, cessiate. In antichi rimatori: A San Giovanni.... Ten va' immantinente, e non far resto >> (Chiaro Davanzati); « Verso del tempio andò senza far resto » (Passione di G. C.).

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