Seco sorride , e sol di te sospira ; E sua fama, che spira In molte parti ancor per la tua lingua , Prega , che non estingua ; Anzi la voce al suo nome rischiari;
Se gli occhi suoi ti fur dolci, nè cari. Fuggi 'l sereno e'l verde ;
Non t'appressar, ove sia riso, o canto, Canzon mia , no , ma pianto: Non fa per te di star
te di star fra gente allegra, Vedova sconsolata in vesta negra.
Compiange se stesso per la doppia perdita e del suo Colonna , e della sua Laura .
è l'alta Colonna , e 'l verde Lauro, Che facean ombra al mio stanco pensero : Perdut'ho quel, che ritrovar non spero Dal Borea all'Austro, o dal mar Indo al Mauro.
Tolto m’hai, Morte , il mio doppio tesauro
Che mi fea viver lieto, e gire altero; • E ristorar nol può terra , nè impero,
Ne gemma oriental, nè forza d'auro.
Ma se consentimento è di destino;
Che poss'io più, se no aver l'alma trista, Umidi gli occhi sempre , e 'l viso chiuso?
O nostra vita , ch'è sì bella in vista,
Com' perde agevolmente in un mattino Quel, che ’n molt'anni a gran pena s'acquista!
s
Se Amore non sa, nè può ridonarle la vita ,
ei non teme più di cader ne'lacci di lui.
Amor, se vuo' ch'i' torni al giogo antico,
' ,
che tu mostri; un'altra prova Maravigliosa e nova, Per domar me, convienti vincer pria : Il mio amato tesoro in terra trova, Che m'è nascosto, ond' io son sì mendico; E’l cor saggio pudico Ove suol albergar la vita mia: E s'egli è ver, che tua potenza sia Nel ciel sì grande, come si ragiona, E nell'abisso; ( perchè qui fra noi Quel, che tu vali e puoi, Credo , che 'l senta ogni gentil persona ) Ritogli a Morte quel , ch'ella n'ha tolto;
E ripon le tue insegne nel bel volto. Riponi entro 'l bel viso il vivo lume,
Ch'era mia scorta; e la soave fiamma,
Ch’ancor, lasso, m'infiamma Essendo spenta : or che fea dunque ardendo? E’non si vide mai cervo, nè damma Con tal desio cercar fonte , nè fiume, Qual io il dolce costume, Ond’ho già molto amaro, e più n'attendo, Se ben me stesso, e mia vaghezza intendo: Che mi fa vaneggiar sol del pensero , E gir in parte, ove la strada manca; E con la mente stanca Cosa seguir, che mai giugner non spero. Or al tuo richiamar venir non degno;
Che signoria non hai fuor del tuo regno. Fammi sentir di quell’aura gentile
Di fuor , siccome dentro ancor si sente ; La qual' era possente Cantando, d’acquetar gli sdegni e l'ire; Di serenar la tempestosa mente; E sgombrar d'ogni nebbia oscura e vile ; Ed alzava 'l mio stile Sovra di se, dov'or non poria gire. Agguaglia la speranza col desire; E poi che l'alma è in sua ragion più forte, Rendi agli occhi, agli orecchi il proprio obbietto; Senza 'l qual, imperfetto È lor oprar, e 'l mio viver è morte. Indarno or sopra me tua forza adopre ;
Mentre'l mio primo amor terra ricopre. Fa, ch'io riveggia il bel guardo, ch'un Sole
Fu sopra 'l ghiaccio, ond' io solea gir carco. Fa , ch'io ti trovi al varco, Onde senza tornar passò 'l mio core. Prendi i dorati strali, e prendi l'arco; E facciamisi udir, siccome sole, Col suon delle parole , Nelle quali io 'mparai , che cosa è Amore. Movi la lingua, ov'erano a tutt'ore Disposti gli ami, ov'io fui preso; e l'esca , Ch'i' bramo sempre ; e i tuoi lacci nascondi Fra i capei crespi e biondi: Che'l mio voler altrove non s'invesc, Spargi con le tue man le chiome al vento :
Ivi mi lega ; e puomi far conterto. Dal laccio d'or non fia mai chi ni scioglia ,
Negletto ad arte, e ’nnanellat, ed irto; Nè dell'ardente spirto Della sua vista dolcement acerba, La qual di e notte, più lauro, o mirto, Tenea in me verde l'amrosa voglia , Quando si veste , e spozlia Di fronde il bosco, e ela campagna
d'erba. Ma poi che Morte è stata sì superba , Che spezzò ’l nodo , ond' io temea scampare; Nè trovar poi, quantunque gira il mondo,
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