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terzetti. A questa conclusione non manca la conferma degli antichi trattatisti. Francesco da Barberino e il Da Tempo non dicono che la prima parte del Sonetto si divide in due parti o in due quadernari, come diremmo noi moderni, ma dicono espressamente che si divide in quattro parti, ossia in quattro coppie (1).

Ma non si conosce perfettamente la primitiva struttura del Sonetto se non quando si sappia anche quale fosse la primitiva disposizione delle rime. Per non esser costretti a ripeterci in parte più avanti, stimiamo opportuno di istituire nel capo seguente questa indagine, bastandoci qui di riferirne o meglio di anticiparne il risultato. E il risultato è che dei due ordini di rime che hanno i primi otto versi fino dal secolo XIII, ciò sono A BABABAB e ABBA ABBA, il primo è senza alcun dubbio il più antico, e dei due schemi per così dire fondamentali dei terzetti, ciò sono CD CD CD e CDECDE, il primo medesimamente è secondo ogni verosimiglianza anteriore all'altro. Gli è vero ad ogni modo che anche il secondo fu usato assai presto. La primitiva disposizione delle rime nel Sonetto fu dunque questa

ABABABABCDCDCD

E rappresentando la varia durata delle pause mediante i segni d'interpunzione, e propriamente colla virgola, col punto e virgola, coi due punti, col punto fermo pause sempre maggiori, lo schema primitivo del Sonetto risulterà così determinato

AB, AB; AB, AB. CDC: DCD

(1) Francesco da Barberino, op. cit. pag. 96, dopo aver indicate le differenze fra le tre varie specie di sonetti di cui egli fa menzione, soggiunge: omnes IIJor pedum ut (sic) et ij mutarum. Il Da Tempo accenna alla suddivisione della prima parte in quattro parti non dove parla del Sonetto semplice, ma dove discorre della forma del Sonetto doppio. Qui leggiamo (pag. 83): Et sicut etiam prima pars simplicium subdividitur in quatuor partes, sic et duplicium, scilicet in quatuor copulas.

II

Ora possiamo provarci a rispondere alla dimanda che ci siamo fatta in principio: quale è la genesi di cotesta forma? Secondo un'opinione professata anche dai migliori prima che comparisse il lavoro del Welti (1), e che sembra esso non sia riuscito a sradicare del tutto, il Sonetto non sarebbe che una stanza di Canzone aulica adoperata come componimento a sé, e più precisamente sarebbe una delle forme, la più bella forma, che poté assumere la stanza composta di due piedi e due volte. Ma posa nel vero cotesta opinione? No di certo. Essa poteva parer verosimile prima che s'indagasse la primitiva struttura del Sonetto, non più dopo cotesta indagine. Tenendo conto infatti soltanto delle ragioni ritmiche ed esteriori, se il Sonetto non fosse che una stanza di Canzone della forma ora detta, i primi otto versi apparirebbero divisi fin dal primo principio in due parti uguali ossia in due piedi, e questa divisione non mancherebbe d'essere indicata dai codici (2) e dai trattatisti e dalla disposizione stessa delle rime, che sarebbe stata subito quella propria della poesia artistica, cioè ABBAABBA, la quale rende sensibile nel miglior modo che si possa la divisione in due unità ritmiche. Invece, per quanto indietro vedemmo, siamo certi che gli antichi consideravano i primi otto versi come divisi non in due, ma in quattro parti, e che la primitiva disposizione delle rime fu quella che ben si accorda con questa partizione, cioè A B A B A B A B. Si aggiunga che se nel Sonetto dovessimo veramente vedere una stanza di Canzone, la seconda parte sarebbe stata anche in origine difficilmente su due sole rime alternantisi come. nella prima parte. La poesia artistica ama una maggior varietà.

() Vedi l'appendice I in fine di questo studio.

(2) Nei codici più antichi sono nettamente distinti i membri dei quali si compongono le stanze delle canzoni. Il secondo piede p. es. comincia con lettera majuscola, la quale in qualche codice è anche colorata (p. es. nel Laur. red. IX. 63).

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Resta dunque esclusa nel modo più assoluto la derivazione sopra accennata.

Dimostrata l'impossibilità di cotesta ipotesi, ci si ripresenta subito coll'aspetto della verità la spiegazione che sarà certo balenata anche alla mente del lettore non appena egli sia giunto a conoscere la struttura originaria, e specialmente la primitiva disposizione delle rime del Sonetto. Ma anche cotesta spiegazione, a cui intendo accennare, non è ben chiara e soddisfacente che per la prima parte. La prima parte del Sonetto, quando esso si consideri nella più antica forma che si possa determinare, corrisponde in tutto e per tutto, e per il numero dei versi e per le pause del senso e per la disposizione delle rime, a quella strofa della poesia popolare che col nome di 'ottava sicula' o 'strambotto' è comunemente nota.

Anche negli ultimi sei versi le rime sono disposte come nello Strambotto, e ci sentiremmo quindi senz'altro tentati di affermare che il Sonetto risulta dall'unione di uno strambotto di otto versi con uno strambotto di sei, ma una grave difficoltà ci impedisce di affrettarci a tale conclusione. Si osserva subito che gli ultimi sei versi sono divisi in due terzetti e non in tre coppie, come dovrebbe essere se formassero veramente uno strambotto. Ecco dunque che mentre per un istante potevamo crederci prossimi a toccare la meta un forte ostacolo ci obbliga a fermarci a mezza strada.

E sarà vana la speranza di proceder oltre? Fuor di metafora, dovremo accontentarci di dire che il Sonetto altro non sia che uno strambotto a cui furono aggiunti due terzetti? La nostra mente non può appagarsi di rimanere così alla superficie delle cose. Si vorrebbe arrivare ad intendere come mai poté avvenire che si combinassero insieme queste strofe eterogenee, strambotto e terzetti, a formare un nuovo componimento.

Pensiamo dunque a sciogliere l'enimma. Poiché la difficoltà si raccoglie nei terzetti, è naturale che fermiamo la nostra attenzione sulla speciale disposizione delle rime che questi ebbero in origine. Che essa sia accidentale, che è

quanto dire che il Sonetto sia una creazione individuale, è un' opinione, la quale si manifesta di per sé inverosimile, ma volendo ammetterla per un istante, accadrebbe di osservare che se l'idea prima di chi compose il primo sonetto fosse stata veramente di aggiungere a uno strambotto due terzetti, secondo ogni probabilità egli li avrebbe fatti di tre rime, tanto è vero che non appena il Sonetto comparve si credette opportuno di introdurre in essi una terza rima, cioè di farli rimare anche secondo lo schema CD E. CDE. Se invece i terzetti in origine sono rimati secondo lo schema CDC. DCD, ciò vuol dire che così è perché così doveva necessariamente essere. Ma la disposizione di rime ora detta non è ingenita e necessaria che nello Strambotto. Siamo dunque ricondotti al pensiero già sopra accennato che anche negli ultimi sei versi si celi, per così dire, uno strambotto; ma d'altra parte resta sempre vero che questi sei versi così divisi come sono in due terzetti non formano uno strambotto. Come uscire della difficoltà? In nessun altro modo che conciliando fra di loro i due fatti. Dovremo dunque ammettere che lo strambotto di sei versi aggiungendosi o meglio saldandosi allo strambotto di otto abbia mutato, se così è lecito dire, la propria natura, conservando degli originari e primitivi caratteri ritmici soltanto la disposizione delle rime.

Ormai non resta da rispondere che alla dimanda: perché lo strambotto di sei versi si sarà diviso in due terzetti? Pensandoci sopra un poco la spiegazione si ritrova, e tale, mi sembra, da non dar luogo a verun dubbio. Soltanto mediante questa divisione veniva a stabilirsi la giusta proporzione e la simmetria fra le parti del componimento, e la nuova forma metrica acquistava unità organica. Come la prima parte del Sonetto, lo strambotto di otto versi, si divide per le pause nel senso in due parti uguali, in due tetrastici (1), così per analogia la seconda parte si divise in

(1) NIGRA, La poesia popol. ital. pag. 16: L'ottava siciliana è in sostanza un doppio tetrastico a rime alterne. Ed infatti dopo i quattro primi versi v'è pausa, ed i due tetrastici dell'ottava si possono facilmente separare. E il PITRÈ, Canti popol, sicil. Prefazione I, pag. 30: chi canta, giungendo al quarto verso, si riposa, perché considera come regolarmente divisa la Canzona in due parti uguali.

Possiamo dunque

Il Sonetto risulta

due parti uguali, in due terzetti (1). riassumere tutto il nostro discorso così: dalla fusione (non dalla semplice unione) di uno strambotto di otto versi con uno strambotto di sei, e la fusione si ottenne mediante la divisione dell' esastico finale in due terzetti.

Con che non si vuol già dire che il Sonetto sia il risultato di una serie di tentativi fatti col deliberato proposito di trovare una nuova maniera di componimento, che sia in altre parole una produzione meccanica. No. Esso non è e non può essere che un prodotto spontaneo delle facoltà musicali del popolo italiano.

III

Il Sonetto fin dall' origine assomiglia moltissimo nella forma esterna alla stanza di Canzone composta di due piedi e due volte. Si può dire anzi che da essa diversifichi soltanto per la speciale disposizione delle rime, e perché la pausa fra tetrastico e tetrastico nella prima sua parte è ordinariamente un po' più debole di quello che non soglia. essere tra piede e piede della stanza. In seguito anche queste differenze sparirono.

Il Sonetto dunque, sebbene abbia il suo fondamento immediato nella ritmica popolare, è un componimento di forma complessa e perfettamente artistica. Perciò fu subito usato dai nostri antichi rimatori in generale così aborrenti dalla semplicità popolare. Nessuna meraviglia se nelle loro mani esso perdette presto la naturale freschezza e divenne anche artificiosissimo. Ma d'altra parte sarebbe molto strano che non avesse conservato, almeno per qualche tempo, altri segni dell'origine popolare oltre quelli che arrivammo a scoprire esaminandone la primitiva configurazione ritmica.

(1) Non metto fuori oggi per la prima volta questa spiegazione. La comunicai quattro anni or sono al Welti, che la accolse col mio nome nel suo libro (p. 42).

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