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FOLCACCHIERO DE' FOLCACCHIERI.

Nato circa il 1150.

CANZONE.

Il più antico monumento di vera poesia italiana scritto nel 1177.

Tutto lo mondo vive sanza guerra,
Ed eo pace non posso aver neiente.
O Deo, come faraggio?

O Deo, come sostenemi la terra!
E' par ch' eo viva in noja della gente:
Ogn' uomo m' è selvaggio:

Non paiono li fiori

Per me com' già soleano,
E gli augei per amori
Dolci versi faceano

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agli albori..

E quand' eo veggio li altri Cavalieri
Arme portare e d' amore parlando,
Ed eo tutto mi doglio.

Sollazzo m' è tornato in pensieri:
La gente mi riguardano, parlando
S'eo son quel ch' esser soglio.
Non so ciò ch' io mi sia,

Nè so perchè m' avvene

Forte la vita mia:

Tornato m' è lo bene in dolori.
Ben credo ch' eo finisca, e n' ho 'ncomenza,
E lo meo male non poria contare,

Nè le pene ch' io sento.

Li drappi di vestir non mi s' agenza,
Nè bono non mi sa 2 lo manicare,

Così vivo in tormento:

Non so onde fuggire,

Nè a cui m' accomandare.
Convenemi soffrire

Tutte le pene amare

in dolzori.

1

1 aggrada, mi piace. ANTOLOGIA.

2 non ha per me buon sapore.

1

Eo credo bene che l' Amore sia;
Altro Deo non m' ha già a giudicare
Così crudelemente.

Chè l'Amore è di tale signoria
Che le due parti e (a?) se vuole tirare,
El torlo è della gente.

Ed io per ben servire
S' io ragion ritrovassi,
Non doveria fallire

A lui così ch' i' amassi

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per cori. 1
Dolce Madonna, poich' eo mi morraggio,

Non troverai chi s' abbia in te servire
Tutta sua volontate:

Chè unque non volli, nè vo', nè vorraggio
Se non di tutto a fare a piacere

Alla vostra amistate.

Mercè di me vi prenda,

Che non mi sfidi 2 amando:

Vostra grazia discenda,

Però ch' eo ardo e incendo di fori.

SAN FRANCESCO D' ASSISI.

1182-1226.

CANTICO DEL SOLE.

Altissimo omnipotente, bon Signore!

Tue son le laude, la gloria, lo honore et ogni benedictione,
A te solo se confiano,

Et nullo homo è degno di nominarte.

Laudato sia Dio mio Signore con tutte le tue creature,

Specialmente messer lo frate sole

Il quale giorna et illumina nui per lui,

Et ello è bello et radiante con grande splendore,

De te Signore porta significatione.

Laudato sia mio Signore per suor luna e per le stelle,
Il quale in cielo le hai formate chiare e belle.

Laudato sia mio Signore per frate vento,

Et per l'aire et nuvolo

Et sereno et ogni tempo,

Per le quale dai a tutte creature sustentamento.

1 per core, di cuore. 2 mi disfidi, mi disperi.

12.

Laudato sia mio Signore per suor aqua,

La quale è molto utile et humile et preciosa et casta.
Laudato sia mio Signore per frate fuocho,

Per lo quale tu allumini la nocte,

Et ello è bello e iocundo e robustissimo et forte.

Laudato sia mio Signore per nostra madre terra,
La quale no sostenta et gouerna,

Et produce diversi frutti

Et coloriti fiori et herba.

Laudato sia mio Signore per quelli che perdonano,
Per lo tuo amore, e sostengano infirmitate et tribulatione.
Beati quelli che sostegnarano in pace,

Che da te Altissimo seranno incoronati.

Laudato sia mio Signore per suor nostra morte corporale, De la quale nullo homo vivente può scampare.

Guai a quello che more in peccato mortale!

Beati quelli che se trouano nele tue sanctissime voluntade,
Che la morte secunda no li pora far male.

Laudate et benedicte mio Signore et regratiate,
Et servite a lui con grande humilitade!

PIER DELLE VIGNE.

Segretario e ministro di Federigo II. † 1249.
STANZE.

Amore in cui i' vivo ed ho fidanza,
Di voi, bella, m' ha dato guiderdone:
Guardomi infin che venga la speranza,
Pure aspettando buon tempo e stagione;
Com' uom ch'è in mare, ed ha speme di gire,
Quando vede lo tempo ed ello spanna
E giammai la speranza non lo 'nganna:
Così farà, Madonna, il mio venire.

Oh potess' io venire a vo' amorosa,
Come 'I ladrone ascoso, e non paresse!
Ben mi terria in gioia avventurosa,
Se amor tanto di bene mi facesse.
I' ben parlante, donna, con voi fora,
E direi come v' amai dolcemente
Più che Piramo Tisbe, e lungamente
I'v' amèraggio, in sin ch' i' vivo ancora.

1 scioglier le vele per mettersi a navigare.

Vostro amore mi tiene in tal disire
E donami speranza e sì gran gioi',
Che non curo, sia doglia, o sia martire,
Membrando l' ora, ch' io vegno da voi.
Che s' io troppo dimoro, aulente 1 cera,
Sarà ch' io pera, e voi mi perderete.
Adunque, bella, se ben mi volete,
Guardate ch' io non mora in vostra spera.
In vostra spera vivo, Donna mia,
E lo mio core adesso voi rimando;
Già l'ora tarda mi pare che sia:
E fino amore al vostro cor dimando.
I' guardo tempo che mi sia piacente,
E spando le mie vele in ver voi, rosa,
E prendo porto là, u' si riposa
Lo mio core allo vostro insignamente.

Mia canzonetta, porta i tui compianti
A quella che in balia ha lo mio core:
Tu le mie pene contale davanti,

E dille, com' io moro per su' amore.
E mandami per suo messaggio a dire,
Com' io conforti l' amor che le porto.
E s' io ver lei feci alcuno torto,
Donimi penitenza al suo volere.

FEDERIGO II IMPERATORE, RE DI SICILIA.

1194-1250.

CANZONE.

Poichè ti piace, Amore,
Ch' eo deggia trovare 2
Farò onne mia possanza
Ch' eo vegna a compimento.
Dato aggio lo meo core
In voi, Madonna, amare,
E tutta mia speranza
In vostro piacimento.
E non mi partiraggio
Da voi, Donna valente,

Ch' eo v' amo dolcemente:

E piace a voi ch' io aggia intendimento.

Valimento mi date, donna fina,

Che lo mio core adesso a voi s'inchina.

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S'io inchino, ragion aggio,
Di sì amoroso bene,
Chè spero, e vo sperando
Che ancora deggio avere
Allegro meo coraggio
E tutta la mia spene.
Fui dato in voi amando,
Ed in vostro volere.
E vejo li sembianti
Di voi chiarita spera,

Che aspetto gioia intera.

Ed ho fidanza che lo meo servere

Aggia a piacere a voi, che siete fiore Sor l'altre Donne, e avete più valore. Valor sor l' altre avete,

E tutta canoscenza:
Null' uomo non poria
Vostro pregio contare,
Di tanto bella siete!
Secondo mia credenza
Non è Donna che sia
Alta, sì bella, e`pare:
Nè ch' aggia insegnamento
Di voi, Donna sovrana.
La vostra cera umana

Mi dà conforto, e facemi allegrare:
Allegrare mi posso, donna mia:
Più conto mi ne tegno tuttavia.

ENZO, RE DI SARDEGNA.

1225-1272.

CANZONE.

Amor mi fa sovente

Lo meo core pensare.
Dammi pene e sospiri,
E son forte temente
Per lungo addimorare
Ciò che poria avveniri.
Non ch' aggia dubitanza
Che la dolce speranza

In ver di me fallanza ne facesse;

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