Posso degli occhi miei novella dire, La quale è tal, che piace sì al core, Che di dolcezza ne sospira Amore. Questo novo piacer, che 'l mio cor sente, Fu tratto sol d' una donna veduta, La quale è sì gentile ed avvenente, E tanto adorna, che 'l cor la saluta. Non è la sua beltate conosciuta Da gente vile; che lo suo colore Chiama intelletto di troppo valore. Io veggio che negli occhi suoi risplende Una virtù d' Amor tanto gentile, Che ogni dolce piacer vi si comprende: E muove allora un' anima sottile, Rispetto della quale ogni altra è vile: E non si può di lei giudicar fore Altro, che dir: quest' è nuovo splendore. Va', Ballatetta, e la mia donna trova; E tanto le dimanda di mercede, Che gli occhi di pietà verso te mova Per quel, che 'n lei ha tutta la sua fede: E, s'ella questa grazia ti concede, Manda una voce d' allegrezza fore, Che mostri quello, che t' ha fatto onore.
Io non pensava che lo cor giammai Avesse di sospir tormento tanto, Che dall' anima mia nascesse pianto, Mostrando per lo viso gli occhi morte. Non sentii pace, nè riposo alquanto, Posciach' Amore e madonna trovai; Lo qual mi disse: Tu non camperai. Chè troppo è lo valor di costei forte. La mia virtù si partì sconsolata, Poichè lasciò lo core
Alla battaglia, ove madonna è stata, La qual dagli occhi suoi venne a ferire In tal guisa, ch' Amore
Ruppe tutti i miei spiriti a fuggire.
Di questa donna non si può contare, Che di tante bellezze adorna viene, Che mente di quaggiù non la sostiene, Sicchè la veggia lo intelletto nostro. Tanto è gentil, che quando penso bene, L' anima sento per lo cor tremare, Siccome quella che non può durare Davante al gran dolor, che a lei dimostro. Per gli occhi fiere la sua claritate; Sicchè qual uom mi vede
Dice: Non guardi tu questa pietate, Che posta è in vece di persona morta, Per dimandar mercede?
E non se n'è madonna ancora accorta. Quando mi vien pensier, ch' io voglia dire A gentil core della sua virtute,
Io trovo me di sì poca salute,
Ch' io non ardisco di star nel pensiero: Chè Amor alle bellezze sue vedute Mi sbigottisce sì, che sofferire
Non puote 'l cor, sentendola venire; Che sospirando dice: Io ti dispero: Perocch' io trassi del suo dolce riso Una saetta acuta,
Ch' ha passato il tuo core e 'l mio diviso. Amor, tu sai allora, ch' io ti dissi, Poichè l' avei veduta,
Per forza convenia che tu morissi. Canzon, tu sai che dei labbri d' Amore Io t' assembrai quando madonna vidi: Però ti piaccia che di te mi fidi;
E vadi in guisa a lei, ch' ella t'ascolti. E prego umilemente, a lei tu guidi Gli spiriti fuggiti del mio core, Che per soverchio dello suo valore Eran destrutti, se non fosser volti; E vanno soli senza compagnia Per via troppo aspra e dura. Però gli mena per fidata via, Poi le di', quando le sarai presente: Questi sono in figura
D'un che si muore sbigottitamente.
Poiche tornato fui, A Christo feci guerra: Tosto armato mi fui, Cavalcai en sua terra: Scontrando mi con lui, Tostamente i' afferra', Mi vendicai di lui; In foco amor mi mise.
Poiche fui vendicato, Si feci con lui pace: Perche prima era stato L'amor molto verace: Di Christo innamorato Hor son fatto capace: Sempre l' ho 'n cor portato: In foco amor mi mise.
In foco amor mi mise: In foco amor mi mise.
Dolce amor di povertade Quanto ti deggiamo amare!
Povertade poverella Umiltade è tua sorella, Ben ti basta una scudella Et al bere e al mangiare. Povertade questo vole Pan e acqua e erbe sole, Se le viene alcun de fore, Si vi aggiunge un po di sale. Povertade va sicura, Che non ha nulla rancura. De' ladron non ha paura, Che la possino rubbare. Povertà batte alla porta, E non ha sacco nè borsa; Nulla cosa seco porta, Se non quanto ha mangiare. Povertade non ha letto, Non ha casa c' ha oggia tetto1; Non mantile ha pur nè desco, Siede in terra a manducare.
Povertade muore in pace, Nullo testamento face; Nè parenti nè cognate Non si senton litigare.
Povertade, amor giocondo, Che disprezza tutto il mondo; Nullo amico le va 'ntorno. Per aver ereditate. Povertade, poverina, Ma del cielo cittadina, Nulla cosa, che è terrena Tu non puoi disiderare. Povertade, che va trista, Che disidera richezza Sempre mai ne vive afflitta, Non si può mai consolare. Povertà fai l'huom perfetto, Vivi sempre con diletto: Tutto quel ti fai sogetto Che ti piace disprezzare. Povertade non guadagna; D'ogni tempo è tanta larga, Nulla cosa non sparagna Per la sera o pe 'l dimane. Povertade va leggera; Vive alegra e non altera Et per tutto forastera; Nulla cosa vuol portare.
Forse per: c' haggia tetto; aggia per abbia.
Povertà, che non è falza Fa beri (?) sempre per usanza, E nel cielo aspetta stanza Che 'I dè aver pe' redetare. Povertà, gran monarchia, Tutto'l mondo hai 'n tua balia; Quant' hai alta signoria D'ogni cosa, ch' hai sprezzato! Povertà, alto sapere; Disprezzando possedere; Quanto auvilia1 il suo volere, Tanto sale in libertade. Al ver' povero professo L'alto regno vien promesso; Questo dice Christo istesso, Che già mai non può fallare. Povertà, alta perfettione Tanto cresce tua ragione, Ch' ai già in possessione Somma vita eternale.
Sempre allegra e abondosa, Chi può dir sia indegna cosa Amar sempre povertade? Povertade chi ben t' ama, Com' più t'assaggia più n' affama, Che tu se' quella fontana, Che già mai non può scemare. Povertade va gridando, A gran voce predicando; Le richezze mette in bando, Che si deggiano lassare. Disprezzando le richezze E gli onori e l'alterezze, Dice: ove son le richezze Di color, che son passati? Povertade, chi la vuole Lassa il mondo e le sue fole; Et si dentro come fore Se medesmo ha da sprezzare.
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