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Di donne io vidi una gentile schiera.

V. 5. Dagli occhi suoi gittava una lumiera (una luce), La qual pareva un spirito infiammato. Dante altrove accennando a Beatrice, ne rammenta: Degli occhi suoi, Come ch'ella gli muova, Escono spirti d'amore infiammati: V. N., XIX.

8. Guardando, vidi un Angiol figurato. La mia donna (scrive l'Allighieri) m'apparve in prima come un'Angiola giovanissima: V. N., II.

9. A chi era degno poi dava salute Con gli occhi suoi quella benigna e piana (umile ne' suoi atti). Madonna.... quando trova alcun che degno sia Di veder lei, quei prova sua virtute; Chè gli addivien ciò che gli dà salute, E si l'umilia, che ogni offesa oblia: V. N., xix.

12. Esta soprana, costei che di bellezza e virtů sopravanza, vince tutte l'altre donne: Purg., xxx1, 54.

14. Dunque beata chi l'è prossimana! (chi le sta presso). Ond'è beato chi prima (in prima) la vide: V. N., XXI. Questi riscontri, cosi precisi ed evidenti, non lasciano punto a dubitare dell' autenticità del sonetto, mentre pur ne chiariscono la sua verace bellezza.

SONETTO III.

Pag. 172.

Rossati. b.06.

Onde venite voi cosi pensose?

V. 1. Pensose, come quelle che portavano la sembianza umile e, tenendo gli occhi bassi, mostravano dolore. Anche a questo solo cominciamento, si può scorgere che il sonetto dovette essere rivolto a quelle donne, che furono a visitare la Beatrice il giorno che le morì il padre: V. N., xxii.

6. Nè (siate sdegnose) di ristare alquanto in questa via. « Piacciavi di restar qui meco alquanto. » V. N., xxII. 8. Si m'ha in tutto Amor da me scacciato. Non da sè,

ma da me scacciato, credo che si debba leggere, perchè gli è Amore, il quale, non che abbandonarlo, avea tratto Dante quasi a finire (in fine di vita), uccidendone parte degli spiriti e parte cacciandone di fuora: V. N., xiv. Così l'anima gli rimaneva come cacciata fuori di esto mondo: Canz. E'm'incresce di me si duramente.

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V. 1. O dolci rime, che parlando andate.

La terza Canzone che è commentata nel Convito, comincia: Le dolci rime d'Amor ch'io solía Cercar ne'miei pensieri. Ed egli, il gentile Poeta, si piacque d'essere stimato come il singolar maestro del dolce stile nuovo adoperato in ragionare d'amore: Purg., xxiv, 57. La più parte delle rime di Dante sono poi ornate delle lodi di Beatrice (V. N., xix), dacchè egli assai per tempo s'era proposto di prendere per materia del suo parlare sempre mai quello che fosse loda di quella gentilissima donna: ivi, xxIII. La quale venne in tanta grazia, che non solamente era onorata e laudata essa, ma per lei erano onorate e laudate molte altre donne, giacchè le faceva andar seco vestite Di gentilezza, d'amoré e di fede: ivi, XXXII.

14. Ov'è il disio degli occhi miei? Alla sua Beatrice rivolgevasi ognora il passionato Allighieri, come al segno di maggior disio: Par., III, 26.

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Io sono stato con amore insieme.

Riguardo a questo sonetto, testè ripubblicato dal benemerito Fraticelli (Canzoniere di Dante Allighieri. Firenze, G. Barbèra editore, 1861, p. 142), credo opportuno di qui riportare quant' io ne scrissi ne' miei commenti all' Epistola di Dante a Cangrande della Scala (Metodo di commentare la

Commedia di Dante Allighieri ecc. Firenze, Felice Le Monnier, 1861, p. 89).

Cecco d'Ascoli nella sua Acerba (lib. III, c. 1. Della virtù d'Amore) dopo aver chiarito, fra le molte cose, come amore è passion di gentil core........ e non si diparte altro che per morte, soggiugne: Ma Dante, riscrivendo a messer Cino, Amor non vide in questa pura forma, Che tosto avria cambiato suo latino. « Io sono stato con amore insieme: » Qui pose Dante che nuovi speroni Sentir può il fianco con la nuova speme. Contra tal dicto dico quel ch' io sento, ecc.

Il sonetto or accennato, fatto rintracciare dal previdente e valoroso Marco Ponta ne' codici di Firenze, fu ritrovato per cura del bibliografo di Dante Colomb de Batines (cod. Magliab. 143, class: vII), e quindi prodotto per le stampe e commentato da Enrico Bindi, dottissimo e perspicace intelletto. E quivi non solamente si fa una piena risposta a quel sonetto ste di Cino « Dante, quando per caso s'abbandona » ma e vi si 167 scorge trattata l'istessa quistione che nell' Epistola scritta

in proposito da Dante al suo amico pistoiese. Ond' è, che l'un componimento giova di conferma e schiarimento all' altro. E questo sia suggel che ogni uomo sganni.

V. 1. Io sono stato con Amore insieme dalla mia nona circolazione del sole, dal mio nono anno in poi. « Io vidi Beatrice quasi alla fine del mio nono anno.... D'allora innanzi Amore signoreggiò l'anima mia, la quale fu si tosto a lui disposata: » V. N., II. Ho creduto poi che non disconvenisse di allogare questo sonetto fra le Rime spettanti alla Vita Nuova, perchè vie meglio rafferma la prima origine dell' amore di Dante per la sua Beatrice.

3. Chi con la ragione o la virtù crede di scacciar Amore, s'adopera indarno, come fa colui che nel minacciare del temporale, suona le campane, mal avvisandosi che ciò possa scemar i contrasti de' vapori (la burrasca) in quella regione dove tuona, colà dove si fanno i tuoni: Par., Xxxi, 53.

7. Però nel cerchio della sua palestra (cioè a dire, nel campo d'Amore) Libero arbitrio giammai non fu franco, sicuro di non essere sopraffatto e vinto. Parve al Batines di

dover leggere balestra in luogo di palestra, ch' io ritraggo dallo stesso codice Magliabechiano, e ripongo nel testo con piena fidanza di accostarmi al vero.

13. E qual che sia 'l piacer (la piacente bellezza) ch'ora n'addestra (ne governa), è forza di seguitarlo, se l'amore che in prima signoreggiava, è cessato. L'una passione discaccia l'altra, e così l'uomo d'una in altra può trasmutarsi. Di che ben si vede, che questo sonetto è per appunto la Poesia, cui Dante accenna nella sua Epistola a Cino da Pistoia: Ecce sermo calliopeus.... quo more poetico signatur intentum amorem hujus posse torpescere atque denique interire, nec non quod corruptio unius generatio est alterius in anima reformati: § II.

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In abito di saggia messaggera.

L'Allighieri stava da parecchi giorni infermo, quando gli giunse un pensiero ch'era della donna sua, e n'ebbe grave timore di doverla perdere. Allora fu che ei dettò la Canzone: Donna pietosa e di novella etade. Nè mal si avviserebbe chi tenesse che, assorto in questo medesimo pensiero onde gli si faceva vedere leggiero il durare della vita (V. N., xxIII), abbia scritto la presente Ballata. La quale non è poi a dubitarsi che nell' una guisa o nell' altra non gli si debba appropriare. Vi è di fatti una cotal freschezza d'immagini, tanta leggiadria di modi, si passionati e gentili a un tempo, che a diritto potrebbe innestarsi fra le poesie della Vita Nuova.

2. Senza gir tardando, senza dimora: Inf., XXII, 78. Novella mia, non far tardanza: Canz. Morte, poich' io non trovo a cui mi doglia.

4. E digli (dille) quanto mia vita è leggiera. Nella Canz. Donna pietosa e di novella etade, l'Allighieri ritorna sul concetto già espresso in prosa: Mentre io pensava la mia frale vita, E vedea 'l suo durar com' è leggiero.

7. Solean portar corona di desiri: si questi desiderii

erano ardenti, ch'intorno agli occhi facean come un cerchio di fiamma. Già de'suoi occhi il Poeta ne avea detto: E fatti son, che paion due desiri Di lagrimare e di mostrar dolore. E spesse volte piangon si, che amore Gli cerchia di corona di martiri: V. N., XL. Il Fraticelli ben si consigliò, ponendo in riscontro quest'ultima frase con l'altra « ghirlanda di martiri. »

8. Ora, perchè i miei occhi non posson vedere la vostra angelica figura, temo che non abbiate ad esser presto sopraggiunta dalla morte, e però gli occhi dal molto piangere han fatto ghirlanda di martiri. Ciò fu un dire precisamente, che per lo lungo continuare del pianto, dintorno agli occhi gli si fece un colore purpureo, quale apparir suole per alcuno martire che altri riceva: V. N., XL.

12. Si che quasi morto Mi troverai, se non rechi conforto Da lei. « Ogni mio spirto comincia a fuggire, Se da voi, donne, non son confortato: » Sonetto: Onde venite voi cosi pensose. Da tutte queste note, che Dante ne somministra, possiam argomentare sicuramente, ch' ei solo è il maestro di cosi dolci e leggiadre rime.

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Io mi son pargoletta bella e nuova.

Della sua ammirabile Beatrice scrive l'Allighieri, che per esempio di lei beltà si prova: V. N., xx. Ciò che m'incontra nella mente muore, Quando vengo a veder voi, bella gioia: ivi, xv. Quel ch'ella par quando un poco sorride, Non si può dicer, nè tenere a mente, Si è nuovo miracolo gentile: ivi, XXII.

V. 2. E son venuta per mostrarmi a vui Delle bellezze e loco d'onde io fui. Questa lezione, che è la volgata, mi parve doversi correggere giusta il codice Vaticano 2321. Quell' Angioletta di fatti era venuta dal cielo a miracol mostrare colle sue bellezze nuove al mondo.

4. Io fui del cielo, e tornerovvi ancora, giacchè il cielo

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