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« Dolorosa morte faccio » ed « aggio colpa nulla » son frasi da lasciare a Guittone d'Arezzo e agli altri che si tennero lontani dal dolce stile nuovo che a Dante fu insegnato e dettato da Amore.

St. 4. « Canzone, Voi potete ire per tutto il mondo, poichè io ho parlato in tre lingue, affinchè la gravosa mia spina Si saccia per lo mondo, ogni uomo il senta: Forse pietà m'avrà chi mi tormenta. » Veramente una Canzone cui si dà tale un commiato ad assicurarsi di poter andare per tutto il mondo, acciocchè la spina tormentatrice del poeta si sappia per tutto il mondo, è indegna degli amori di Dante, indegna dell'arte sua, del suo stile, della sua mente, del suo cuore. Povero Dante! (sento anch'io qui di dover esclamare col generoso Cesare Balbo) tanti secoli dopo morto, ti tocca la medesima sorte che in vita: niuno tanto ti nuoce, come i tuoi mal veggenti amici.

E questo m' è d'uopo ripetere al pensiero che siensi potuti attribuire a Dante i Sette Salmi Penitenziali e il Credo e l'Ave Maria e il Paternoster, trasportati alla volgar poesia, avvisandosi di cosi meglio esaltarne la fama. Io mi recai a coscienza di studiare ogni apice di cosiffatti componimenti, e oso di affermare che Dante non ci entra per nulla, per nulla affatto. Il suo Paternostro, il suo Credo, i suoi Canti a Maria, il suo saggio d'interpretazione degli Scrittori dello Spirito Santo, stanno legati con indissolubili rime nel Poema sacro. D'onde solo ci vien somministrato buon modo a giudicar d'un Poeta, il quale, senza dar segno che siaglisi rallentata la vigoria poetica, cominciò nella sua giovinezza con i Sonetti e le Canzoni della Vita Nuova per compiere, insieme col divino Lavoro, il suo corso mortale, sciogliendo alla Vergine Madre un Inno degno di perpetuarsi nella gloria de' cieli.

DEL PROPRIO STILE DELLE RIME DI DANTE

DISCORSO.

1. I grandi Ingegni, specialmente se grandi Artisti, disegnano a se stessi la via che poi devono trascorrere, imprimendovi le orme per le quali vogliono essere ricercati e seguiti. E chiunque si volge altrove o si diparte anche per poco dal tracciato cammino, erra di facile, e tra giri e rigiri non sa indi a che termine s'indirizzi o riesca. Ciò ben si osserva in quelli che si fecero a interpretare la mente di Dante, studiarne le arcane dottrine e rintracciarne i segreti dell'arte che gli valse a compiere tanto maravigliosi ed esemplari lavori. Ond'è che le opinioni, le congetture, i fallaci supposti si moltiplicarono senza fine anco nelle cose più chiare e determinate, e da non potersi contraddire, se già gli ostinati sofismi non prevalgano al consiglio dell' autorevole ragione ed all'amore del vero. Pur tuttavia questa Critica che ci richiama a dover intendere un Autore al modo che vuol essere inteso, traendolo cioè a spiegare se stesso, dacchè parve sempre la più sicura, conviene che non sia trasandata nell'opera, ben affidandoci che non tornerà invano. D'altra parte siccome il nostro Poeta ci diede largamente a conoscere la sua scienza e le norme prescritte al suo ingegno, sarebbe più che errore il voler ricor

rere a scarsi e incerti rivoli, quando n'è dischiusa la ricca sorgente. Non parlo io qui nè delle allegorie o delle recondite storie e sentenze d' ogni fatta che s'incontrano negli scritti di Dante, ma si mi contengo alla forma di che si avvivarono i suoi pensieri e s'impressero nella parola. Per fermo, che una forma del pensare e parlare proprio di una mente così straordinaria, sarebbe, non che difficile, temerario assunto l'investigarla, se l'ingegno che la produsse, non ce l'avesse definita con precisa maniera. Dante neppure in questo mancò a se medesimo e a noi; tantochè dopo aver composto le sue Canzoni, ci somministrò buon modo ad apprenderne il proprio stile e a giudicare, anche da questo solamente, quali siano o no meritevoli d' essergli appropriate. Il perchè stimo mio debito di conchiudere questo libro, discorrendo alquanto di cosiffatto stile, giusta quello che se ne ragiona nel trattato di Volgare Eloquenza. La mia sollecitudine sarà tutta nel raccogliere e ritrarre con fedeltà i pensieri di Dante e di conformarmi sinanco all'ordine dottrinale, cui egli s'è assoggettato nel trattare di una materia assai grave e disputata ancor oggidi, dopo tanti secoli di agitazioni politiche e letterarie. Il nostro pensiero si rallegra nel conversare coll'Autore nel quale si raccolse lo spirito e la virtù della Nazione, si che par sopravvivere e signoreggiare ora che la risorta Nazione ha ripigliato la coscienza di se stessa.

2. Una singolare predilezione parve che Dante palesasse ognora per le sue Canzoni, come quelle cui avea forse dato maggior cura e donde si vedeva già salito in onore. Più volte, di fatto, si piacque egli di citarle quasi per autorità omai approvata, sicchè nel Convito, propo

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