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una migliorata divisione nella versificazione tanto da levarne le annormità che troppo spesso vi s'incontrano: 2. un trasponimento quà e colà di parole ne' versi, nell'intento di far loro racquistare o la voluta misura o l'ordinaria spontaneità: 3.° finalmente una sostituzione di voci poco difformi a talune che pur vi si incontrano registrate, e ciò per rendere piana la lettera e conseguente il concetto. Leviamone qualche saggio per confortare d'alcuna prova la mia opinione, che sottopongo interamente al prevalente di lei giudizio.

Il nostro Messer Francesco, prendendo dall'Onestade gli ordini per la composizione del suo lavoro, si fa dire da lei:

Nè parlerai rimato,

Acciocchè non ti parta
Per forza della rima
Dal proprio intendimento.
Ma ben porrai tal fiata,
Per dare alcun diletto
A chi ti leggerà,

Di belle gobolette seminare,
Ed anco poi di belle Novellette
Indurrai ad esemplo.

E parlerai sol nel Volgar Toscano,
E porrai mescidare

Alcun Volgare consonante in esso
Di que' Paesi dove hai più usato,
Pigliando i belli, e i non belli lasciando.
E questo del Volgar noi ti diciamo
Per piacere alla Donna che t'indusse,

La quale è degna di onore e di grazia.

Sù tutto ciò molte cose sarebbono a dirsi intorno alla lingua, ed all' influenza che ebbero le donne nel far

porre per iscrittura il volgare (1). Ma lasciando queste materie ad altra occasione, restringiamoci al fatto nostro della versificazione Barberiniana.

Due erano dunque le principali maniere di poesia ritmica, la rimata e verseggiata regolarmente, e la verseggiata con rime o consonanze affatto irregolari. Quest'ultima si componeva di versi di varia misura e di impari numero di sillabe, mescendo così all' endecassillabo il settenario e rade volte il quinario. Ne usciva una maniera di Selva, o si voglia dire una perpetua Stanza di Canzone, che sciolta da ogni obbligo di conformità con istanze successive, proseguiva a libito del verseggiatore. Questa non ricevendo il canto, non poteva essere melica o lirica, ma era, per così esprimermi, una Prosa numerosa, la quale rialzava bensì coi numeri la prosaica umiltà, ma colla sue larghe licenze permetteva insieme al poeta di svolgere il

(1) Se il latino era la lingua della Chiesa, delle scuole e del passato, il volgare, o per dir meglio i volgari, erano la lingua dei Comuni, del Parlagio e dell' avvenire. Le libertà conquistate da essi Comuni francavano ogni cosa loro, e dopo la Pace di Costanza anche i linguaggi popolari ardirono fra noi di passare nelle scritture; e come le Sabine diedero nobiltà all'ibridismo dell'asilo Romuleo, cosí le nostre donne nobilitarono gl' idiomi neolatini prima dispetti, lasciandoli chiamare i linguaggi delle Madri, e per ciò stesso quelli dell' Amore. Roma ecclesiastica nella propria immutabilità era riuscita a lapidificare il latino scritto, Roma politica nella susseguita sua prostrazione viveva solo nei propri effetti, ed uno principale tra questi si riscontrava nei Romanzi parlati. Ma questi romanzi, appunto perchè mobili e corrotti, vivevano, mentre il Latino, appunto perchè stabile ed impietrito, era morto. Ora tra la vita e la morte la guerra non poteva esser lunga, ed i romanzi vinsero il Latino, ed i linguaggi materni prevalsero sui paterni colla baldanza della giovinezza e col prestigio che seco adducono le novità ardite e, secondo i tempi, spregiudicate. Questo è quello che fa dire a Messer Francesco che esso ha da scrivere in volgare per piacere alla Donna sua, tuttocchè nella medesima egli simboleggi la Sapienza.

proprio soggetto senza incontrarsi nell' obbligo di gittare il pensiero entro uno stampo ricorrente e prestabilito. Come ho mostrato altrove, molte Lettere di Fra Guittone, che il Bottari diede fuori a modo di prosa, appartengono invece a questa maniera di poesia, e ridotte in versi, rendono più scusabile l'artifiziata collocazione delle voci che vi si incontra, e che le hanno rese scopo ai sarcasmi del Monti e della sua scola. Ora il ch. Manzi che trovava altresi il poema del Barberino scritto a maniera di prosa, nello staccarne la perpetuità per far riuscire la versificazione, non ricordò sempre le avvertenze da noi premesse, ed interpose, con apparenza di versi, dei complessi di parole immeritevoli di questo nome. Chè, se egli ci avesse posto più attenta considerazione, avrebbe anche veduto che, stante la mala condizione in che trovavasi il suo ms., gli era talvolta mestieri di scompagnarsene, e che per ciò era invitato, dove ad aggiungere qualche lettera, dove invece a sottrarne, obbedendo così all' impero della misura ritmica, che sarà stata certo osservata dall' Autor suo. Rechiamone qualche esempio facendo seguire alla lezione dell' editore romano quella proposta da me, e scrivendo la prima in carattere tondo, ed in corsivo la seconda.

Introduzione

Novellamente, Francesco, parlai
Coll' Onestade;

Ed a preghiera di molte altre donne
Mi lamentai con lei, e dissi:

Ch'eran molti, ch' avean scritti libri
Costumi ornati d'uom, ma non di donna.
Sicch' io pregava lei,

Che per amor di se,

E per amor di questa sua compagnia

Ch' à nome Cortesia;

Ed anco per vestir l'altre donne con meco
Di quello onesto manto ch' ella hae con seco,
E ch'ella porge a quelle che voglion camminare
Per la via de' costumi, degnasse di parlare
Con questa donna che si appella Industria;
E seco insieme trovassono uno modo,
Che l'altra Donna ch' à nome Eloquenza
Parlasse alquanto di questa materia.

Novellamente, Francesco, parlai
Coll' Onestade,

Ed, a preghiera di molte altre donne,
Mi lamentai con lei, e sì le dissi:

Ch' erano molti ch' avean scritto 'n libri
Costumi ornati d' uom, ma non di donna ;

Sicch' io pregava lei,

Che, per amor di sè,

E per amor di quella sua compagna

Ch' ha nome Cortesia,

Ed anco per vestire

L'altre Donne con meco

Di quell' onesto manto ch'ella hae seco,

E ch' ella porge a quelle

Che voglion camminare
Per la via de' costumi,

Degnasse di parlare

Con quella Donna che s'appella Industria,

E seco insiem trovassono uno modo

Che l'altra Donna, ecc.

Parte I.

La settima dispone,
Como si dee portare

S'ella si rimarita,

E como se a migliore,

E como se a peggiore

E men possente,

E como s'ella ancora ne va al terzo.

E como poi ch'ella è stata vedeoata,
E ripreso ha marito,

Sta alcun tempo in casa

Anzi che vada a lui,

E come riprender marito si loda o biasma.

La settima dispone

Como si dee portare
S'ella si rimarita,
E como se a migliore,

E como se a peggiore e men possente,
E como s'ella ancora ne va al terzo,
E como (poi che é stata vedoata /
Se ripreso ha marito,

Stia alcun tempo in casa

Anzi che se ne vada a lui, e como

Riprendere marito ha loda o biasmo.

Nella Part V. fra mezzo ai versi troviamo il seguente tratto di prosa;

• La terza, cioè Girompa, era in sè buona di guardarsi molto: ma dilettava di tener con seco giovani cameriere. E quando veniano a corte i Cavalieri, o dilettavan o scherzavan con quelle, dava lor lato e non le correggea. Poi una sua fanciulla ch'ebbe nome Flacher, quando fue in età, lasciava troppo ben baciare e lusingare, e sofferia che lor doni ricevesse. Sicchè per sè si guardava di tutto, per tutte le altre la magion sua era quasi comune a chi volesse andarvi. Amanes suo marito era in prigione in terra di Chatay. Essendo uno di la donna in sua magione con la figliuola e sue damigelle, e con ben venti Cavalieri ed

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