parola non è ignota al da Barberino, il quale a facc. 275, in discorso della Fornara scrive: Non farai patto di baratteria Colle fancelle e colle fanti altrui. Che se poco sotto il medesimo segue dicendo: E non lasciar accordar le fanciulle Colà pure è da supporsi che si debba leggere fancelle. Ed a questo luogo mi sia permesso l'aggiungere, quasi in fuor d'opera, che dove in seguito il ch. Manzi, toccando della treccola, stampa: Non comperar pan remolo, nè vino, Dalle serventi che furtate l' hanno, jo non vedrei in remolo un aggiuntivo di pane, ma bensi un sostantivo equivalente a semola, e per conseguenza interporrei una virgola tra le due voci. Vedrei insomma in remolo il lombardo nostro rémel, uscito dall' antico verbo francese remer, contrazione del lat. remanere, e che per conseguenza, sotto altra forma, riesce ai toscani rimasuglio o rimasugliolo, ossia all' avanzaticcio della stacciatura. Sia colà una donzella molto bella Di sottile intendimento e ben parlante, E sa si fare, e sì ben rimirare Guardando l'un che l'altro non sen corga, A questo luogo il secondo verso si conduce subito ai numeri voluti con un semplice trasponimento: Sottil d' intendimento e ben parlante. Il non sen corga del settimo forse è non s'incorga. La voce malatie dell'ottavo è senza dubbio da mutarsi in malitie, e da leggersi malizie, dandoci il verso regolare: E cert' altre malizie usando a modo. Il Ch' ella del nono è da scrivere Che ella o Ched ella, e finalmente in esso verso intenditore sta per amante alla provenzalesca. S'io non credea a tutte le promesse, Che voi Madonna Speranza, davate, Che avanti ch' io questo don ricevesse Per tante beffe menata m' avete. Per rendere più vivo e più diretto il dialogo tra la Speranza e la Donzella frustrata molte volte nella propria fiducia di trovar marito, stimerei che, dopo aver sostituito credeva a credea, il terzo verso potesse leggersi : Non ne dovete portar meraviglia. CORT. Io Cortesia conobbi la tua voce Vien dentro amor soave cheto, e piano; Questa Donna dimora in una sala, Il nostro Franceesco è giunto al palazzo ove abita signorilmente la Donna sua, ha battuto alla porta, ma la guardiana Cautela s'è rifiutata d'intrometterlo. Esso ha allora invocato Cortesia, ed ecco questa, sempre eguale a sé stessa, e perciò pronta a secondare i suoi voti. Si mutino dunque le inopportune parole vien dentro amor, nelle opportunissime vien dietro a me, e si scriva: Vien dietro a me, soave, cheto e piano. Parea ch'io fossi in ovra ed in fazione Su per tapeti in un gran padiglione. Questa è la seconda quartina di un Sonetto che Francesco recita alla sua Donna, nel quale, riferendo una propria visione, la mostra una puntuale previsioue di quanto ora accadevagli. Infatti se egli, in pena d'essersi traforato dentro al palazzo suddetto senza anteriore licenza, vi era stato da Piacere e da Dolcezza legato con un velo, e tratto innanzi a Madonna per riceverne il meritato castigo; egli stesso pochi giorni innanzi avea sognato d' essere stato in realtà e in apparenza trasmutato in un Pappagallo, il quale legato similmente con una benda, veniva poi tratto innanzi nna Donna su pei tapeti d' un gran padiglione ad una stretta benda. Ancor che la voce benda non fosse già stata usata in rima superiormente, escludendo così la possibilità di riprodurvisi, la sola sentenza, trovandola inconcludente, rifiuterebbe di ammettervela, e per ottenere pieno il ri scontro tra il fatto e la visione, vorrebbe che anche il pappagallo fosse tratto al castigo, leggendo perciò ad una strett' amenda, od ammenda, invece delle parole come sopra eccezionate. Ove però a lei, ch. S. Commendatore, paresse diversamente varrà almeno la mia noterella a provocare una migliore sostituzione. Cantan gli augelli in gabbia e per li tetti, Il Poeta ésaggera la magnificenza di regie nozze accumulandovi tutte le possibili grandigie. Io mi contenterò di dire in due parole che quel mostruoso serpenti, va mutato in sergenti. Ella è colei ch' à compagno il figliuolo Per quanto qui sia designata la Verginità, pur nullameno è della dignità delle divine Persone l'avér lei a compagna non a principale. Propongo dunque: Ella è colei ch' accompagnò il figliuolo. Per ridurre poi a misura il terzo verso bisognerà leggere, o sie' a maniera di tronco, o spartitamente si è. S'el fosse tempo d'arme, allora è vero E co' Baron della guerra pensare: Ma tu sa' ben che noi siamo in gran pace. La Reina, indirizzandosi alla cortesia del Re, lo ha prima invitato ad andare a stare co' suoi Baroni, e lasciar dormire le donne alla lor maniera. Ora il Re, rispondendole, dice come ciò si convenga in tempo di guerra, non di pace. È dunque manifesto che all' erroneo ricordare va sostituito il conveniente iscordare. Dicon le Donne d'intorno: Madonna, Buona è la guerra che in pace si trova. Se riesce spontanea la sostituzione di siete a siate, è altresi indicato come bisognoso di rammendo il si trova ; giacché ove la guerra si trovi in pace, non è già buona guerra, ma non è guerra. Dietro tale considerazione sarei d'avviso che il verso si leggesse invece così: Buona è la guerra che in pace si torna, cioè, che si volge presto alla pace. -Al dire di questa donna s'accosta una riposta, che fece la contessa d' Erdia con Messer Ugolino Mi vado iudovinando che in questa Contessa d' Erdia si celi la celebre Contessa di Dia, di Dio, o di Digno, di cui il n. a. parla a facce 204. I Codici ci offrono di questa illustre Dama ed amorosa Poetessa Occitanica il seguente cenno biografico. La Comtessa de Dia si fo moiller d'En Guillem de Peitieus, bella dompna e bona: |